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La squadra di calcio

 Oltre al lavoro i dipendenti del Consorzio non avevano nessun’altra forma di aggregazione se non le solite e noiosissime cene, così, conoscendo anche molti ragazzi che lavoravano in periferia, cominciò a farsi largo nel mio cervello, l’idea di fare un qualcosa che interessasse molti, e che cosa se non il calcio?
All’epoca c’era un bel torneo Aziendale organizzato dall’ENAL, ente ormai scomparso. Ad esso partecipavano le maggiori aziende della  provincia di Treviso. Correva l’anno 1978 e si parlava molto di calcio dato che i mondiali, che si giocavano  in Argentina erano alle porte.  La mia idea piacque subito. C’erano ragazzi ancora in attività agonistica ed altri che avevano appena smesso. Mi cercai un collaboratore che trovai nella persona del centralinista: il “vecchio” Rioda (Dario). Soggetto strano, sempre in cerca di donne che non trovava mai, amante dei porno, al  momento, però completamento al digiuno in fatto di football. Si era tanto immedesimato nella parte che nella tuta gli facemmo mettere la scritta “coach”.  Partecipai della cosa sia il Direttore, sia il Presidente per avere l’approvazione e soprattutto una sponsorizzazione, necessaria per l’acquisto degli indumenti di gioco e cose annesse. Mentre non dubitavo affatto del Presidente, persona gioviale, sempre pronto a raccontare barzellette in un italiano balbettante, restai sorpreso dalla decisione del Capo il quale mi sganciò subito la cifra necessaria per l’iscrizione al torneo e per l’acquisto delle maglie.
Effettuammo qualche partita amichevole e quindi iniziammo la grande avventura.  Non riuscimmo ad entrare nella fase finale a quattro solo per differenza reti. Comunque l’esperienza fu positiva. Il Rioda era molto efficiente. Oltre che convocare con assidue telefonate gli atleti cominciava anche a capirne di calcio. Il capitano era il buon Tega, ex giocatore di serie C con il Treviso. Un po’ appesantito dagli anni ma sempre una garanzia al centro della difesa. 
Ormai eravamo partiti. I soldi c’erano ed agli inizi di ogni primavera cominciavamo a giocare con squadre di altre aziende o di bar. I successi cominciarono ad arrivare. Si unirono altri ragazzi. In porta eravamo ben coperti con Bettiol, Dotto detto Cicca perché fumava sempre, e Trevisan. Cicca aveva dei buoni trascorsi ma era anche dedito a Bacco e la leggenda narra che alle volte vedesse due palloni, e non sempre andava su quello giusto. Poi arrivò anche un ragazzo da Belluno, Dal Monego, un vero gatto tra i pali ma, non ci vedeva bene di notte quindi perdemmo una partita decisiva. Il Dario lo sapeva ma non ebbe coraggio di dirmelo. Mi informò a fine partita. La difesa era tosta. I terzini erano rocciosi anche se uno, Schiavon, non aveva mai giocato veramente a calcio. Era un ottimo tennista. Ma in campo dava tutto. I centrali erano il Tega e Poldo. Le loro stazze valevano per quattro in barriera. In mezzo al campo avevamo un vero talento, Mauro, che non si capisce perché non abbia avuto molta fortuna con il calcio,  con Fisichetto e Zaletto. Inoltre c’era il grande Gianni che a suo tempo, secondo lui, aveva fatto un provino con l’Inter. La sua specialità era di togliere  le ragnatele ai pali tanta era la sua precisione di tiro.
Il gruppo ormai era fatto. Molti ci cercavano per fare delle partite. Ma il nostro scopo era di vincere la Coppa Città di Treviso. L’ultima partita dovevamo giocarla contro le officine Zorzi che avevano due punti in più di noi. Essendo avanti con la stagione si decise che, in caso di nostra vittoria ,si sarebbero svolti i tempi supplementari ed eventualmente i calci di rigore. Andammo subito in vantaggio e lo difendemmo con i denti. I calci di rigore furono emozionanti. Quello decisivo fu realizzato dal Poldo. Si scatenò una grande festa in campo che era quello di Monigo.  Molti colleghi erano venuti a sostenerci e il Direttore volle festeggiare con una grande cena che si svolse da Celeste il sabato dopo.
Si cominciarono a giocare partite anche contro altri Consorzi. In particolare Ferrara, Udine  e Venezia. Sia in casa che fuori. Quando si andava in trasferta era una cosa meravigliosa. Un bel pullman comodo e confortevole, colleghi e Presidente al seguito. Eravamo un gruppo in continua mutazione, poiché c’era un gran avvicendamento tra il personale e altri, passando il tempo, non avevano più l’età per giocare. Comunque lo zoccolo duro era sempre quello: io, Dario,
Tega, Cicca, Mauro, Fisichetto, Renzo … 
La squadra più difficile da battere era quella di Ferrara. Anzi in casa e fuori solitamente erano sonore sconfitte. Allora, dato che un tecnico della Bull era stato anche arbitro lo ingaggiai  e lo istruì bene. In caso di difficoltà doveva darci una “mano”. La partita era tiratissima. In tribuna erano presenti anche i due Direttori. L’arbitro ci era decisamente favorevole. A pochi minuti dalla fine sul 2-2 scattò “la trappola” convenuta. Chiamai Mauro verso la panchina e gli dissi di cercare un contatto , anche veniale, in area. Il “fallo” ci fu e arrivò immediatamente il fischio del direttore di gara che sanzionò il penalty. Trasformato dopo innumerevoli e “giuste” proteste degli avversari. Anche il Direttore di Ferrara non la prese bene. Comunque finalmente vincemmo e tutto si stemperò in un mega pranzo in un locale del Montello.
Lentamente la nostra stella cominciò a declinare. Vincemmo un’altra Coppa Città di Treviso, ma cominciavano a scarseggiare i giocatori. Alle volte dovevamo attingere “fuori”. Furono organizzati tornei fra Consorzi Agrari del Veneto. La nostra bestia nera si dimostrò Venezia. Aveva formato una bella squadra molto diversa da quando la incontrammo per la prima volta. In quel incontro giocai anch’io una ventina di minuti ma i 38 anni si facevano sentire.
Dopo una decina d’anni tutto finì. Ma furono anni bellissimi. Gite memorabili, grandi riunioni conviviali, medaglie e premi vari. In pullman succedeva di tutto;  in special modo teneva banco il Presidente con le sue battute, con le sue barzellette. Il Dario ,una volta, si ricordò di aver un passato come chitarrista e cantante ed intonò una canzone dei Beatles. Era più stonato di una campana ma che importava. Eravamo un gruppo solido ed unito a cui si aggregavano alcune ragazze sia del CAP  sia si altre Aziende
Di tutto questo, oltre alle foto ed ai ritagli di giornale, ho un Dvd con le nostre imprese. Ogni tanto lo guardo. Eravamo giovani e … belli
 

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