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Un salto nel passato

Il canto XXXII di Catullo, dedicato a Saffo, una fanciulla di Lesbo, è stato un assalto alla letteratura di tutti i tempi, uno dei più ignominiosi oltraggi all'onesta figura di Publio Vitellio Cato, affettivamente Catullo, per quanti lo amavano.
Riporto il testo ufficiale, cui segue la mia libera traduzione fedele al sentimento dell'autore:
 
Amabo mea, dulcis Ipsithilla,
meae delciae, mei lepores,
iube ad  te veniam merdiatum
Quod si iusseris,illud adiuvato,
ne quis liminis obseret tabellam,
neu tibi lubeat foras abire:
sed, domi  maneas paresque  nobis
novem continuas futiones.
Verum , si quid ages, statim iubeto,
nam pranseus iaceo, et satur supinus,
pertundo tunicamque, palliumque.
 
Traduzione
 
Ti amo,
dolce Calendula,
preziosa come il nome del delicato fiore. (verso sottratto)
Ti giuro che verrò al tramontar del sole...
se  Ti  è stato ingiunto di non volermi,
verrò ugualmente; c'è una strada segreta...
Riposa; nessuno si permetta di oltraggiare
il tuo nome, né la tua casa.
Nessuno potrà mettermi nella lista degli indagati.
Col favore dei Mani, ci uniremo
e la nostra unione sarà per sempre.
Se è vero che ogni dunque, viene al fine,
Noi ci ameremo, anche contro il tempo.
Sono supino e felice, anche se avvolto nella mia tunica.
 
Riporto la versione infamante ed oltraggiosa. Vedi pagina 37 di un libro non colpevole: “Grandi Classici Greci Latini Catullo Canti” Edizioni Rusconi Libri. La rivelazione mi è stata fatta dai nostri “morti”. Giovanni Pascoli Esimio Professore di Lettere Latine, insieme ad altri Insigni, mi ha detto: “Guarda il testo originale attentamente.”
 
Ti prego mia dolcissima Ipsitlilla,
mia delizia, mia gioia di invitarmi,
a venire da te,
nel pomeriggio.
Ma se mi dici “vieni”, per favore,
non sia la porticina già sprangata,
e non ti prenda voglia d'andar fuori,
ma resta in casa a prepararmi, subito,
nove scopate, una dopo l'altra..
Ma, se ti va, decidi presto. Sazio del pranzo, sto
disteso, pancia all'aria,
già traforo tunica e mantello.
 

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