Cuore

Assumo un atteggiamento scettico nell’ascoltare racconti di eventi l’origine dell’accadimento dei quali è per il narratore non riconducibile all’umana natura. Tuttavia, un episodio, le cui conseguenze ho impresse sul corpo, ha imposto un brusco e repentino mutamento al mio suddetto atteggiamento. Sentite. Sono ospite di un amico che risiede in un piccolo comune della Romagna-Toscana, all’interno di un palazzo seicentesco. Precisamente in un appartamento ricavato dagli ambienti un tempo adibiti a cucine. A testimonianza, in una nicchia, a sinistra della porta d’ingresso, è presente il pozzo, un tempo utilizzato per l’approvvigionamento dell’acqua potabile. Il mio amico, pur non servendosene, lo ha mantenuto ponendovi sopra una lastra di spesso cristallo. Durante la cena, il mio ospite, mi racconta che lì, in quello scavo verticale, oltre due secoli or sono, si gettò Galatea, eterea figlia del responsabile delle cucine. La giovane era intenta alla preparazione di una pietanza per il suo amore, che le aveva donato, come pegno del proprio sentimento, un ciondolo a forma di cuore, ricavato da una vecchia ed inservibile marmitta, quando le sue vesti, a causa di un tizzone ardente, s’incendiarono. La poveretta, per non perire arsa, morì annegata. Al fine di evitare che la putrefazione delle sue carni contaminasse l’acqua del pozzo, si cercò di recuperare il corpo, tuttavia ogni ricerca fu vana. Da allora, c’è chi ha incontrato lo spirito di Galatea piangente in cerca del suo amore perduto; le vesti fradice e un ciondolo incandescente al collo. Dopo la narrazione di questo triste e breve aneddoto, la notte trascorre avvolta in una coltre di sonno profondo. Al mattino, durante la rasatura, noto che nella parte anteriore del collo, proprio sulla sporgenza formata dalla laringe, è apparsa una macchia a forma di cuore, piccolo segno indelebile di una lieve bruciatura..