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Il "pokerino"

Eravamo verso la fine degli anni cinquanta. Le lunghe giornate invernali le trascorrevo fra la scuola, l’usuale partita di calcio ai giardinetti, e  … i compiti  per casa.
La televisione era da poco arrivata anche in casa nostra con gran sforzo economico da parte di  nostro padre: una 17” pollici, ovviamente in bianco e nero e con un solo canale. Ma allietava abbastanza le serate di famiglia e di qualche vicino. Era “piazzata” in salotto ove funzionava una grande stufa in terracotta che veniva alimentata da vinaccioli. Un certo calore lo faceva.
Però ai primi tepori primaverili si cominciava ad uscire qualche sera alla settimana. Non certo per andare in P.za dei Signori o lungo il Calmaggiore dove praticamente non si vedeva anima viva. I pochi che lasciavano la casa si rintanavano nei bar, cosa di cui Treviso non ha mai fatto difetto.
Io con Beppi, il secondo dei tre fratelli, e con alcuni amici si andava al cinema, popolare in preferenza tipo Risorgimento o Altinia, oppure nella grande casa di Franco e Paolo Polisseni sita nella centralissima Piazza San Vito.  La loro madre, la Signora Renata ci accoglieva sempre bene felice di avere i figli per casa invece che in giro per la città.
L’appartamento situato nel palazzo di famiglia era molto grande e, soprattutto dotato di tutti i migliori confort: impianto di riscaldamento con termosifoni, ascensore, elettrodomestici, stereo.. Un  posto veramente confortevole.
L’appuntamento, di solito, era per una innocente partita a poker. Oltre a noi due giocavano anche alcuni amici comuni: il Red, suo fratello Franco, Gianni e a rotazione diversi altri ragazzi.
Francamente dei due Polisseni giocava solo Paolo. Infatti Franco non era interessato al gioco e si metteva nella sua stanza ad ascoltare musica jazz e suonare la batteria. Strumento di cui divenne nel tempo un abile “esecutore” tantoché incise alcuni dischi con il gruppo che fondò: Gruppo Marca Jazz se ben ricordo, dischi che all’epoca non ebbero tanto successo, ma che alcuni anni fa, con mia grande meraviglia, ho trovato, spulciando internet, che erano stati rivalutati ed avevano un certo mercato.
Tornando al poker si giocava ovviamente con quote minime. Il “chip” era di dieci lire. Per fare un esempio con dieci lire si poteva comperare una fetta di castagnaccio da “Cherubino” o un gelato dal carrettino di “Ico”.
Era soprattutto un’occasione di incontro oltre che di gioco vero e proprio. Era appena iniziata la rivoluzione del rock and roll e si comperavano i 45 giri da Fusco a 690 lire la copia. Paolo era informatissimo sull’argomento. Al contrario di Franco che amava il Jazz noi eravamo tutti presi dalla nuova musica che arriva dagli U.S.A.: Presley, Little Richard, Buddy Holly, Paul Anka e molti altri. E mentre le carte giravano, girava anche lo stereo che inondava la stanza di questa musica. Ogni tanto si discuteva anche di calcio e le voci tendevano ad alzarsi. Allora la Signora Renata facevo capolino nella stanza e con un sorriso, che spiccava dalla sua dolce faccia ci invitava a stare tranquilli.
Mentre Franco continuava a suonare la batteria,tra un rullio dei piatti ed un colpo alla grancassa, ci parlava continuamente di una biondina di cui si era infatuato e che poi sposò. Una ragazza simile alla Sandie di Grease di non lontana memoria, Paolo, Beppi e Gianni cominciavano a metter le basi per fare un complesso rock, complesso che nacque, alcuni anni dopo, con il nome di “Steamrollers” ed ebbe un discreto successo nel “festival” locali e nei bar iesolani.
Quindi tra un giro di carte, un forza Inter o Juve o Milan, un r’n’r di Elvis o Buddy, tra sigarette fumate di nascosto, racconti di pseudo avventure amorose  ed un pezzo di pizza che qualcuno andava a pigliare dalla “Fausta” la serata passava in allegria. Poi una camminata veloce di una decina di minuti da Piazza San Vito a Viale Frà Giocondo dove noi abitavamo. E subito a letto. Mamma ci aspettava con il solito cipiglio severo. Il giorno dopo ci attendeva la scuola
 

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