Scritto da © Ezio Falcomer - Gio, 15/12/2011 - 12:22
Le liane dilagano ruvide
su lavica selce,
evadono avide,
litanianti a un cielo allibito.
Pallide destreggiano
in alto, torturando le nuvole.
È semplice e orribile
il muoversi di serpe,
come di radici amare,
delle liane venefiche.
Si conficcano nelle viscere dei santi,
negli intestini di Dio.
È lento il tormento livido
all’apice squallido del niente.
Liane,
collane che liete ustionano
di rancido sussurro infinito
la torrida gelida
mente.
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