Carrozza 3, posto 56, seconda classe | Prosa e racconti | Marco Puma | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Carrozza 3, posto 56, seconda classe

Carrozza 3, posto 56, seconda classe. Il treno è il mio mezzo di trasporto preferito, precisamente la seconda classe. Il treno è il modo migliore per viaggiare, è l'unico mezzo di trasporto che ti permette di ancora di assaporare il panorama dal finestrino, stando comodamente seduto in un posto abbastanza largo da allungare le gambe e poggiare la giacca nel sedile di fianco, il panorama ti passa sul finestrino come le immagini della tua vita quando stai per morire in un incidente d'auto. Ma quello che più mi piace del treno sono le persone, il treno è il posto migliore per conoscere e incontrare persone nuove, persone strane, persone che non hai mai visto prima, le mie preferite, senza lo sforzo di presentarsi o fare qualcosa per attirare le loro attenzione o per piacergli. Puoi guardarli, puoi spiarli, puoi entrare nel campo visivo del loro sguardo senza abbassare gli occhi e senza che possano far nulla per impedirtelo, puoi leggere le loro riviste, puoi ascoltare la loro musica, che ascoltano troppo alta nelle loro cuffie, puoi ascoltare le puttanate che raccontano a casa, alla moglie, ai figli, alle madri, e puoi fantasticare su quello che potrebbero essere nelle loro vite, basandosi sui loro vestiti, i loro bagagli, i libri che leggono, i cellulari, i portatili, i notebook, i palmari, che non perdono occasione di sfoggiare con sorrisini fintamente nascosti. Quello scomparto era pieno di persone che non avevo mai visto, le mie preferite, e ce n'erano per tutti i gusti. E non c'era bisogno nemmeno di fantasticare più di tanto. C'era la ragazza  universitaria, bionda, che studiava una materia incomprensibile, in dispense fotocopiate sottolineate con evidenziatori di tutti colori dell'arcobaleno. C'era il pendolare. C'era la coppia over 40 che giocava ancora a fare i fidanzatini in vacanza scambiandosi effusioni entusiasti della vacanzina al caldo che si stavano romanticamente concedendo prima di tornare a casa e ricominciare a far finta di amarsi. C'era lal coppia sposata da 400 anni, lui ancora premuroso e innamorato come il primo giorno, che le leggeva le notizie sul giornale, raccontandogliele come se fossero favole della buona notte, non prima di selezionarle con lo sguardo per essere sicuro di leggerle solo quelle che davvero le sarebbero potute interessare, quando invece a lei non le importava niente di niente di quello che le leggeva, da almeno 395 anni, e provava solo vergogna per quel suo goffo, grasso, orrendamente vestito, cavalier servente che doveva sfoggiare alla folla, emettendo solo qualche mugugno di assenso e pena, a caso, per farlo contento, per farlo sentire ancora apprezzato, mentre nascondeva il suo volto dentro la borsa marrone, da signora anziana, che ha ormai smesso di sentirsi attraente e di voler essere attraente per qualcuno, dove fa finta di cercare qualcosa chissà di quale vitale importanza e utilità per cercare così avidamente dentro la carrozza di un treno. Poi c'era la ragazzina ritardata, la mia prefeita, l'unica a cui mi affezionai veramente, che continuava a cercare di comunicare alla madre la sua noia, la sua mancanza di pazienza, la sua non voglia di andare dove stava andando, o semplicemente la sua voglia di attenzione, con quella sua voce stridula e così modificata dal suo disturbo mentale con cui pronunciava, a scadenze così regolari da far pensare a una registrazione, tutte quelle odiose domande da bambini annoiati; e lei, la madre, che non riusciva più ad ascoltare nessuna delle lettere di nessuna di quelle domande pronunciate da quella insistente e fastidiosa voce, alzando il tono di voce, implorandola di stare zitta, o semplicemente implorando alla folla di non considerarla un mostro se non riusciva più a sopportare quella figlia, quella nalattia, quella sua condizione di donna sola che aveva sulle spalle questo terribile peso. E poi c'eri tu, che viaggiavi per tutta la tua nazione per andare a vedere solo per mezz'ora la donna della tua vita, o quella che speravi sarebbe diventa la donna della tua vita, ma che non eri nemmeno sicuro che ti avrebbe aspettato alla stazione, anzi eri quasi sicuro che avresti dovuto prendere un taxi per raggiungerla, informarti su dov'era, informarla che eri li, informarla che stavi per raggiungerla ovunque essa fosse, informandola che stavi per piombarle di nuovo, all'improvviso, nella vita per rovinargliela e rovinartela, di nuovo.
M.P. 

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