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Il silenzio

C'era quella domanda che continuava a ronzarmi in testa. L'aveva fatta, ad una presentazione dell'ultimo suo libro, un autore. Diceva pressapoco così: “Come può lo scrittore rappresentare sulla pagina il silenzio?”

Riflettevo su questa cosa. La scrittura non è come una partitura musicale, dove l'assenza dei suoni degli strumenti enfatizzano il silenzio.

Sì, ci sono i puntini, l'interpunzione… ma è una pausa breve, uno stacco.

Ma un silenzio più prolungato la scrittura riesce ad esprimerlo? E se sì, come?

Forse in un copione teatrale, dove si po' anche stabilirne anche la durata, ma in un racconto?

Sì può soltanto descrivere il silenzio con le parole.

 

                                                                                                       ***

 

Chiusi in quella camera, tra la coppia scese un profondo silenzio.

Si insinuò tra di loro come un rampicante, un parassita. Si percepiva la sua presenza, quella di un ospite non gradito. Una pesante cappa di silenzio gravava su di loro. Aveva irrigidito le loro labbra e avvolto l'intera stanza. Ogni rumore era scomparso, un'assenza determinata dai loro gesti, dalle loro ultime parole, pronunciate con rabbia, prima di rinchiudersi in un mutismo atroce, determinato. Anche gli sguardi cessavano di espressività. Erano fissi, privi di rabbia o senso di sfida. Erano così: distanti, inespressivi, terribilmente silenziosi.

C'era un silenzio urlato tra i due, un silenzio che sapeva di fiele, che fagocitava tutto. Aveva il potere di fermare l'istante, di stordire con la sua forza.

Sommergeva quel luogo. Gravava con il peso di mille parole, un vocabolario dell'assenza, volumi e volumi di parole non dette.

 

Ma il silenzio ha colore ?

Ha sapore il silenzio?

 

Loro non lo sapevano, continuavano a essere immersi in quell'assenza, in quel suono negato. Anche il tempo, nello scandire degli attimi, aveva perso di consistenza, sembrava osservare paziente l'evolversi di una storia che stava per finire.

Poi l'uomo si alzò e con il suo gesto ruppe il silenzio. Lei girò il viso leggermente di fianco, in modo impercettibile, a guardare la luce del pomeriggio tra lo scorcio della tenda e la finestra chiusa. Lui frugò nella tasca della giacca. E nella penombra della camera risuonò lo scatto di un accendino. L'uomo accese la sigaretta mentre il silenzio, rotto dal rumore, si sgretolava, frammentandosi tra le volute di fumo. Poi l'uomo uscì dalla stanza chiudendo piano la porta alle sue spalle, quasi avesse paura di romperla.

Un'esile traccia di fumo dissolse la sua presenza, scomparendo sul soffitto.

Poi più nulla.

Ora in quella camera era rimasta la donna a guardare il tempo.

E il silenzio, come vapore, ritornava a saturare lo spazio. Saliva dal pavimento, si insinuava lungo le pareti.

La donna accese una sigaretta.

Guardava il fumo salire tra le sue dita e il rosso delle unghie, perdendosi lento verso il soffitto. Osservava quella striscia azzurrognola che ondeggiava sottile.

La penombra aveva invaso completamente la camera, si vedeva il profilo di quel volto femminile che si stagliava contro il chiarore della finestra.

Il suo viso, il fumo e... il silenzio.

 

 

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