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Chi Siete?

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Le storie sono ovunque.
Basta saperle cercare.
Cercale bene, apri la mente.
Perché sono solo nascoste,
in mezzo alla gente.
 
“Le ripeto, a me non può e non deve interessare il motivo per il quale lei non ha visto il rosso, e non mi venga a dire che è colpa del semaforo perché il giallo è durato troppo poco, ormai è una storia già sentita sulla quale già troppo si è discusso…”
 
“Esattamente, esattamente quello che volevo dire, invece. Mi sembra tutto troppo premeditato, troppe sincronicità: lei qui casualmente appostato e mi consenta, direi quasi nascosto…, ed un semaforo che non ti da neanche il tempo di...”
 
 “Documenti intanto per favore, e sposti l’auto, che intralcia il normale deflusso di chi il semaforo, invece, lo sta rispettando.”
 
Ecco, fu in quel preciso istante che lui si accorse di avere anche l’assicurazione scaduta.
Scaduta da 15 minuti.
Aveva una cazzo di assicurazione che scadeva a mezzogiorno di 15 giorni prima di quel cazzo di giorno, un giorno in cui lui non aveva avuto il tempo di respirare, di gestire i suoi impegni, rimandare le sue riunioni, ma solo il tempo di recuperare e prelevare il suo gioiello biondo dall’asilo. Il suo gioiello biondo quel giorno non stava bene.
Quel giorno, a dirla tutta, cominciava a non stare bene neanche lui, e quel vigile troppo vigile, nella sua candida divisa, ne era certamente la principale causa. Il tutto lo stava turbando in modo pericolosamente incontenibile.
 
“Bene, e ora che faccio?” pensò in quella frazione di tempo.  
 
“Senta, mi scusi, vada per il semaforo, ok. Ora io ho un problema più grave ora con lei, si chiama  assicurazione. Credo… uhm... si insomma, che possiamo sorvolare e trattarla come una formalità che vado a chiudere entro massimo mezz’ora, considerando che abito a poco più di dieci minuti da casa, e in breve tempo…”
 
“Mi sta chiedendo di fare un qualcosa, che io deontologicamente non posso neanche lontanamente ipotizzare di pensare di fare…”. Era rigido, aveva una piccola piega sulle labbra, sembrava fremesse, sembrava in preda ad un orgasmo che difficilmente riusciva a celare e contenere. Lui, con il suo misero tagliando scaduto, era una preda senza gambe per correre. L’autorità, era il suo cacciatore, e la bava cominciava a colare.
 
“Non ci fare queste cose al mio papà, signore vigile. Che poi lui ci manda i pensieri cattivi a te, quelli brutti.”
Il vigile se lo era trovato improvvisamente dietro,  e gli stava battendo con la mano sulla coscia, ebbe un sobbalzo (si si diamine, si spaventò, altro che sobbalzo..) e… “Che dici bimbetto?”
“Lascia in pace mio papà, che lui se no dopo ci manda a te le cose brutte. Sono i pensieri brutti capisci?”
 
Rassegnato, e chino sul sedile per recuperare tutti i documenti richiesti, non si accorse del figlioletto che parlava con il Vigile.
Non si accorse del ghigno sparito dalla faccia color cuoio del vigile.
Non si accorse del suo piccolo capolavoro biondo, che cominciava a tremare.
Si accorse, solamente, che ora si stava sentendo magicamente più sereno, e meglio bendisposto a collaborare, qualunque cifra avrebbe dovuto pagare.
 
Il vigile, per conto suo,  si sentiva ora stanco e squasi svuotato, il suo lavoro di squalo era quasi terminato, e non vedeva l’ora di levarsi la crosta di dosso e mettersi a letto (la divisa… non la crosta, perchè aveva pensato al termine crosta?).
“Questo è il verbale, serve la sua firma qui. Se vuole esercitarsi nelle procedure di ricorso al giudice di pace, faccia pure.” “Ah, dimenticavo” disse salendo nell’auto con ancora il lampeggiante acceso, “impari meglio l’italiano al suo bambino, che mi sembra abbi bisogno di lezioni”.
 
E via. Andò via, in uno scenario fatto di stop rossi accesi e di sui lampi biancoblù.
 
“Io, devo INSEGNARE, a mio figlio l’italiano? Io? Mah..”
Montò in macchina anche lui, legò il figlio al seggiolino e si diresse all’agenzia assicuratrice. Rabbia, amarezza, tristezza e tensione stavano fluendo via come i chilometri che stava percorrendo, ripercorreva mentalmente i fatti appena accaduti e si vedeva sorridersi sullo specchietto retrovisore, chiedendosi il perchè di quel lieve sorriso, non chiedendosi se il vigile fosse ancora capace di sorridere.
 
Il vigile si mise a letto, senza parlare e senza rivolgere neanche uno sguardo a moglie, figli, cane e ne tantomeno alla suocera, ormai a suo completo carico economico da un numero di anni che non si contavano più. Si mise a letto, agitato (impaurito) con impresse le parole (gli occhi) di quel bambino, dicendosi che erano tutte cazzate, bugie di bambini, fantasie di mocciosi, occhi gialli riflessi nello specchio dell’armadio…
“Porca Troia!” C’erano un paio di occhi giallo pus riflessi sullo specchio di fronte a lui. C’erano i suoi peli di tutto il corpo che erano ritti come piccoli soldatini sull’attenti. C’era la consapevolezza che qualcosa di non gradito stava realmente arrivando. Magari è una specie di influenza allucinogena, pensò.
 
Magari è una specie di influenza allucinogena, sperò…
 
La sua personale sindrome influenzale, prese forma giorno per giorno, con gli occhi nello specchio che nel frattempo erano diventati quattro; immobili, gelidi, gialli, occhi umanamente inumani, vivi e sempre intenti a osservarlo e… e come quasi a cibarsi del male che lo stava investendo giorno per giorno. “Chi siete?”
“CHI SIETE?” gli chiedeva urlando, nei suoi pensieri, confusi, di sogni di altri. Viveva gli incubi dei sogni di altri?
I pensieri brutti, le cose brutte erano arrivate. Nella mente e nel suo corpo, sul suo corpo.     
Quindici giorni. La famiglia del vigilie era stata forzatamente mandata in vacanza due giorni dopo la sua ultima multa strappata dal blocchetto. Ora era solo, erano passati quindici giorni. Fece ricorso alle poche forze rimaste, cercò di coprirsi il corpo quanto più possibile, si tolse le croste purulente più in vista, si riempì di profumo per non spaventare la gente, e si avviò a cercare di chiudere la faccenda, in un modo o nell’altro, sapendo benissimo che non conosceva minimamente il primo modo, ma immaginava e subodorava l’altro.
 
Intanto aveva l’indirizzo, e sapeva dove andare.       
 
Aprì "lui".
 
Dietro "lui" comparve il piccolo gioiello biondo.
 
“Si?, Desidera?”
 
“Chi Siete?” “CHI CAZZO SIETE VOI” “CHE MI AVETE FATTO?”
 
“Ah, ora ricordo. Dio mio che odore!”
 
“Che mi avete fatto?” Ora non urlava, ora assomigliava più ad una richiesta di aiuto.
 
“Non parli al plurale, il mio gioiello biondo, non c’entra nulla. Lei è stato sfortunato, tutto qui. Sfortunato perchè selezionato. Ma nella sua sfortuna, lei non sa quanta gente ora dorme sonni più tranquilli, e quante paure e orrori si sono lasciati alle spalle. Ora sono tutti suoi. E’ un flusso, capisce? Lei e’ stato veicolo e catalizzatore.
Non lo so, non me lo chieda, io non so come funziona, io, purtroppo per lei, ho solo la capacità di innescare questo flusso. IO, ora, non lo posso fermare”. 
Continuò ad incalzare.
"Sono gli Abitatori, lo sa? Sempre loro. Lei è cibo. Non ha mai letto racconti che trattano di questi argomenti? E' tutto vero sa? Lei è una specie di flusso alimentare. 
Non parlava, si ammutoliva intimamente in funzione di quanto capiva. Riuscì solo a dire:
 
“E’… un flusso?”
 
Lui gli sorrise, serenamente distaccato. “Si, un flusso. Ma a guardarla bene, comunque, credo che abbia ancora poco da assorbire e rifornire. Lei è in scadenza, signor vigile, e la sua involontaria opera di volontariato, sta per finire.”
 
Gli chiuse la porta in faccia, ma con gentilezza. Prese il bambino, gli odorò la chioma dorata, come faceva sempre quando aveva bisogno di ricaricarsi “Andiamo amore mio, andiamo a mangiare”
 
Fine.

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