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La penisola che non c'è

ROMA, 15 Luglio 2XXX
 

Fumo, odore di chiuso, odore di soldi, potere e degenerazione.

-Allora, che fai?-

La gocciolina di sudore non andava ne su ne giù, anche lei in attesa di decisione, poi...
-Allora ti vedo. Vengo a vedere. Se vinci, e’ tua-
 
Un lieve tremore del baffo geometricamente curato al dettaglio, e un’idea di sorriso cominciarono a distendere il cipiglio ed addolcirgli il volto. La gocciolina cadde, come goccia morta cade.

In quegli anni regnava la più totale instabilità di tipo politico, sociale, economico, e come vedremo in seguito, anche geografica. Il potere economico e politico, era da anni ormai totalmente nelle mani di potenti uomini d’affari, che di politica ne sapevano poco, il tema sociale non sapevano cosa fosse, ma di economia ne sapevano invece quanto bastava per fare scordare ai restanti sudditi cosa fosse socialmente la politica. Di fatto, c’erano soldi e lavoro per tutti, e leggi che aiutavano distendevano e non infastidivano.
 
Quello che il popolo di sudditi lavoratori e produttori di benessere non sapeva, era la logistica con la quale avvenivano le grandi decisioni, le manovre economiche, le grosse transizioni.  

Erano in quattro a quel tavolo, gli altri due gestori avevano lasciato già ai primi rilanci, anche se uno dei due lo aveva fatto molto a malincuore. Aveva una scaletta media si, terribilmente dozzinale, ma al momento dell’abbandono sul piatto c’erano Pirelli, Autostrada dei Parchi ed altre piccole società di notevole interesse.
Il gestore dai baffetti curati, capelli lisciati e profumo raffinatissimo, calò con fare tronfio il suo colore di cuori.
In trionfo era anche il suo cuore, con i suoi cent’ottanta battiti al minuto sapientemente celati dalla sua postura gelidamente distaccata, monoespressiva,  strappata ad un museo delle cere.
L’altro gestore, ancora prima di calare il suo punto, cominciò a chiedersi in che modo avrebbe potuto portarsi a casa la sua vincita.
In che termini.
In che tempi.
Con che costi.
 
Anche lui preda di sudore nascosto, battiti impazziti, professionalmente mostrò la sua personalissima collezione di sette. Erano talmente tanti, che sembravano cinque o sei, ma a contare bene, erano solamente quattro. Quanto bastava.
 
A contar bene, ora, il gestore fortunato, Dott. Avvocato Massimiliano Romano Navona (Romano di nome di fatto e di mestiere..) aveva in cassa il Gruppo Pirelli, la già citata e sempre amata Autostrada dei Parchi, e, ciliegina sulla torta, La Penisola.
Napoli e napoletani se ne avrebbero avuto a male? No.
Napoli, Napoletani e caotici contorni, avevano altro a cui pensare di questi tempi, con il Vesuvio che lanciava preoccupanti allarmi, come colui che colto da fulminante colite spastica, bussa come un forsennato alla porta del bagno, ma occupato.  Ecco, i napoletani dovevano ora preoccuparsi di liberare il bagno, e di lasciare che l’irrequieto Vesuvio, liberasse in pace la sua scarica diarroica di roccia fusa.
Era quindi ora di salvare il salvabile, e la penisola Sorrentina, di li a poco, sarebbe diventata “La penisola che non c’è”.

Quelli che seguirono furono tempi difficili, per il Dott. Massimiliano Romano Navona. Le tempistiche erano a dir poco serratissime, le problematiche logistiche si innescavano giornalmente, e tenere a bada l’umore dei campani, alla fine, era la cosa più semplice.
L’enorme brufolo millenario, sbuffava che era un piacere e scandiva i ritmi per l’asportazione fisica dell’intera penisola, che, grazie all’avanzata tecnologia cinese, cominciava sempre di più a sentire i richiami delle coste laziali. Furono utilizzate gigantesche piattaforme, poste a cavallo della penisola, una lato Amalfi ed una lato Castellammare di Stabia, e poi furono mesi e mesi di cavi di acciaio tempestati di diamanti, gestiti e movimentati dalle due piattaforme, che segavano con precisione millimetrica la penisola, come una deliziosa fetta di torta.
 
La differenza, e’ che una fetta di torta non viene tagliata anche nella parte sottostante, e non galleggia.
Quello che la tecnologia del momento permetteva di fare invece, era esattamente questo. Tagliata la porzione di penisola, e scollegatala fisicamente dall’ amputata costa Campana, la penisola galleggiava. Le vennero pompati, sotto le naturali cavità geologiche, quantità inimmaginabili di aria, fanghi bentonitici miscelati ad una particolare schiuma sigillante (della cui mescola, per evidenti problematiche ambientali, nessuno aveva mai specificato bene la composizione), e con pazienza estrema e l’aiuto di correnti (evidentemente anche il mare era di parte, erano correnti Laziali), la penisola sorrentina galleggiò, e lenta ed elegante navigò sino alle porte di Fiumicino.

Risparmio i dettagli sull’ancoraggio e l’inserimento della stessa nel contesto laziale, ma a ben guardare, ci stava che era una meraviglia. Roma aveva finalmente una sua penisola, e la penisola aveva sempre i suoi vulcani a poca distanza, con i quali potere amoreggiare.
Erano i vulcani dei castelli romani. Vulcani, serenamente spenti, e attuali sedi di laghi incantati.

Massimiliano Romano Navona, si sentiva un uomo soddisfatto, tutti parlavano di lui, nel bene e nel male.
Lui il bene se lo godeva, e del male, se ne fotteva.
Era ancorato sul suo yacht ultimo grido (vinto per ironia della sorte, con un colore di cuori..), ed osservava la nuova linea costiera Laziale, lui era il padre unico di quella deliziosa discontinuità della costa, una costa la cui imbarazzante linearità precedente, da sempre aveva reso banale e poco attraente il suo litorale.
 
Godeva e fumava, ma aveva quel nodo alla gola, quel senso di incompiuta soddisfazione che non gli dava pace. Si era portato via la penisola ad Amalfi a Castellammare, tutta in blocco, ma per pochi metri e molti soldi, la splendida Ravello purtroppo, aveva dovuto lasciarla agli immeritevoli Campani.
 
 penisola
 
Fine.

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