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44- Quella vite di cui sono l’acino

Dissi di mia madre
dei suoi bassi stivali di gomma
così bassi che le zolle
facevano soglia alle rotule.
 
Non dissi abbastanza per esserne un tralcio.
 
Ma sapessi la misura degli occhi
nelle somme di dio che tirava:
che donna l’assente
sollevata da terra
a farmi da pergola.
 
Io questo posso dirti
di mia madre: un cambio di scarpe
per la festa dei santi medici
quella chiara pelle nel sempiterno lutto
nasceva dalle scarpe a pezzi.
Una nobiltà di passi interni alle punte
che i fossi ridevano nei salti
e la polvere s’ingentiliva
tornata alla terra.
 
Posso dirti di mia madre:
una parte di me la conobbe
quando nacque preparata da raspo;
il suo vino rinfranca la vena.

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