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Questa mia casa, pensava...

[img_assist|nid=9291|title=|desc=|link=popup|align=left|width=200|height=112]Questa mia casa, pensava. Questa casa come uno scatolone riempito d’inutilità. Silente.
Zeppa d’oggetti. Porcellane. Tutto così effimero, eppure secoli. Antichità. Conservazione. Parvenza d’immortalità. Ricerca di un continuum tra passato e futuro. E avere. Possedere. Alte vite, altre mani che hanno toccato, sollevato, spolverato. Protetto. Salvato dalla dissoluzione. Fino a qui. Senza salvarsi.
 
Ti ci vorrebbe, come si chiama? Versailles. Ecco. Diceva al marito. Ne avresti di spazio da riempire.
Non si può comprare tutto. Non puoi volere tutto quello che ti piace. Non puoi volerti appropriare di tutto. Tutta la Bellezza. Rassegnati. Diceva al marito.
La morte arriva lo stesso.
 
Casa contenitore. Casa espositore. E nessuno che veda. Vedo io, diceva il marito. Vedo io. Io.
Lei la odiava, la casa.
Scomoda. Bella e scomoda. Piccola, bella e scomoda. Finta. Invivibile. L’avrebbe voluta spoglia. Essenziale. Con dello spazio per accogliere. Per ospitare. Spazi vuoti per metterci dei letti in più. La sorella. La madre. Il padre. Vecchi e soli.
Anche il divano antico aveva voluto il marito. L’unico divano che entrava nella casa e antico.
Aveva sviluppato, lui, un debole per tutto quello che superava i cento anni. Come una specie di proclama contro il moderno. Il recente. Il reale. La vita.
 
E raccoglieva. Cercava. Contrattava. Comprava. Riempiva. Ancora.
 
Lei soffocava. E pensava ai suoi vecchi. Vecchi, vecchi. E il male che si stava portando via la madre. Se la stava mangiando. Rosicchiando. Digerendo.
Il male. La morte. Soli, vecchi, lontani e lei che non aveva posto per tenerli lì e non poteva stare con loro.
Circondata da tutti quegli oggetti che le mangiavano lo spazio, la possibilità d’offrirsi. D’aiutare.
Doveva lasciarli in pasto a estranei, i suoi vecchi. Che avrebbero manipolato, girato e rigirato, umiliato quel povero corpo di quasi morta chissà come. Lei che non si era mai fatta vedere neanche dalle figlie, nuda. Lei riservata. Lei vergognosa. Chissà con che spirito, loro, pagati. Mercenari di aiuto.
 
La notte scendeva sulla parete di seta azzurra della sua camera da letto e lei cercava di non guardare tutto quel mondo effimero, vuoto, che le giaceva davanti, silente. Tutti quei quadri e le mensole e gli angeli e le porcellane del ‘700 e al diavolo!
Avrebbe spaccato tutto. Svuotato tutto.
Per fare posto alla pietà.
Ma non poteva.
(by poetella)
 
 
 
 

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