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Anime sfregiate

Se tutto fosse andato come doveva, a quest'ora sarei in Costa Azzurra, con una valigia piena di soldoni, a godermi sole, mare e affascinanti ereditieri.Lo scenario, invece, è un po' diverso: dopo qualche mese di carcere mi hanno messo a fare lavori socialmente utili in una casafamiglia: si tratta di un fabbricato fuori città che ospita i poveracci che Don Paolo chiama i meno fortunati.

Avevo altre prospettive che non affettare patate per lo spezzatino o lavare il dormitorio di questi straccioni.La domenica è il giorno che detesto di più, arrivano decine di persone a portare viveri e vestiti, stanno con noi tutto il giorno, sono snervatamente premurosi e non smettono di fare grandi sorrisi. Bella forza! A fine giornata tornano nelle loro case, con le loro famiglie, a fare zapping col telecomando, alle loro vite rassicuranti e per un settimana se la scordano tutta questa miseria.Io no! Io rimango qui con Don Paolo; un ragazzo serbo (pieno di gratitudine verso quel prete che l'ha portato via dalla suo paese in guerra); e Valeria, una casalinga simpatica e chiassosa che passa a trovarci e a darci una mano a tempo perso. Tutt'intorno ci sono loro: Fulco il pazzo, Irma la pittrice incompresa, Carlo l'ubriacone, Serafino il barbone poeta.

Da qualche giorno si è aggiunta una famiglia tunisina, e Fatima , la colf di una riccona che non le passa l'alloggio.Decisamente non è la Costa Azzurra!

- Guarda che bella camicia rossa, mi chiedo perché se ne sono disfatti, è perfetta per te!Dai mettila, dà un tocco di colore e poi a te che sei mora il rosso sta benissimo – mi dice Valeria con il suo solito sorriso strabordante di rossetto.E chi ci ha più pensato ad abbellirsi qua dentro? Mi basta fare una doccia e avere un cambio pulito; da mesi non mi guardo allo specchio, cosa che un tempo facevo abitualmente e con un certo compiacimento.- Valeria mi spieghi cosa me ne faccio di una camicia rossa per pulire i cessi e mescolare pentoloni di minestrone?- Carla, che tu lo voglia o no, devi rimanere qui ancora sei mesi e non è con questo spirito che puoi affrontare tutto questo, quindi, ragazza, fai un bel sorriso, vai avanti e porta qualche nuova idea.Cosa dovrebbe farmi sorridere? Il fatto che devo imboccare un vecchio che non si regge in piedi; e ascoltare i racconti visionari di una pazza; o l'idea che mio padre è tornato negli Stati Uniti con una che potrebbe essere sua figlia e mia madre gioca a fare la donna di classe ma è piena di debiti fino al collo e si dà alla bottiglia?Per quali di queste cose dovrei andare avanti e portare qualche nuova idea?Io non so fare niente, a scuola non ci andavo quasi mai, passavo le giornate a cazzeggiare in centro o andavo in palestra e tutti i fine settimana non mi perdevo una festa dai fratelli Marra.- Non è vero che non sai fare niente – mi dice Ivan, il piccolo serbo – sai fare uno spezzatino buonissimo e sei brava a inventarti le favole.Gli scompiglio i capelli e mi accendo un'altra sigaretta.- Non dovresti fumare - mi dice Don Paolo guardandomi con i suoi occhi miti e un po' sporgenti.- Fumavo ben altro Don Paolo e a volte non mi limitavo a fumare.Dico queste parole guardandolo fisso negli occhi, senza più paure, quasi fosse una sfida, un bisogno incontrollabile di vomitare tutto quello che sono. Provo quasi gusto ad andare a rovistare tra i ricordi accartocciati dentro di me; tiro fuori le frasi non dette, le lacrime soffocate, i rimpianti sfilacciati, muovo i fili del mio caos interno.- Mi fa piacere che parli al passato, ora prendi chiodi e martello che ci sono dei lavori da fare nel refettorio.Forse il prete non si rende conto che non è così facile gettarsi il passato alle spalle soprattutto quando il passato non è ancora passato, quando è ancora così invadente e si appiccica addosso al presente.

L'odore di Serafino, il barbone poeta, è insopportabile, il suo cane puzza di meno; Fulco il pazzo, invece, parla una lingua che non si capisce e mostra denti marci da fare schifo.Li osservo tutti mentre si trascinano verso un altro giorno con le loro scarpe logore e non riesco a immaginarmeli diversi, con delle famiglie, un lavoro, come non avessero mai avuto il viso dei vent'anni. Eppure è proprio il loro passato che li ha portati qui.Da quando sono in questa topaia cerco di non pensare, mi sforzo di non sfiorare le emozioni, evito con cura di aprire le porte della memoria. Preferisco concentrarmi sui piccoli gesti, come adesso, per esempio, che sono intenta a tinteggiate una parete e non mi do fretta.Don Paolo mi fa un discorso interminabile che io non ascolto e Valeria gioca con i bambini della piccola comunità tunisina ma ho tolto l'audio.- Posso avere un daiquiri ? – chiedo quando finalmente scendo dalla scala con la fronte perlata di sudore.- Qui da bere c'è solo acqua, il vino è contato e lo spumante è per le grandi occasioni - mi risponde Don Paolo con un tono di voce infastidito, senza neppure guardarmi.Anche questa mattina devo assistere alla messa delle sette, un'ulteriore punizione alla punizione. Le prime file della cappella sono occupate da questi disperati inginocchiati a pregare con gli occhi chiusi e le mani giunte strette strette. Parlano fitto con il loro Dio in un dialogo in cui nessuno può interferire, recitano frasi a voce alta, alcuni bisbigliano, altri piangono, altri ancora continuano a baciare i piedi della statua della Vergine all'entrata della chiesa. Porgono le loro compassionevoli vite a qualcuno che dall'alto ne è il custode e accettano con fede e speranza i mutamenti dell'esistenza.Alla fine del rito ecclesiastico, rimettono in tasca le preghiere, tornano a parlare tra di loro, caricano i fagotti sulle fragili schiene da uccellini e tornano sulla strada.Vorrei anche io avere un rapporto così stretto con Dio e invece non riesco a pregare, devo scendere sotto molti strati di me prima di smuovere la mia parte spirituale.Quanti vuoti ancora mi echeggiano dentro, negli angoli dove si sono rintanate paure e vecchi traumi; quanto ignoto da portare a galla; quante emozioni a cui non so dare un nome perchè non le conosco.Io non ho la fede e la speranza, ho l'accettazione di chi si è persa e non trova l'uscita perché nessuno le ha detto dov'è.E allora mi chiedo chi è più miserabile, loro o io?Ho fatto un patto con Carlo l'ubriacone: lui mi procura le sigarette e io gli do ogni giorno del vino da mettere nella sua borraccia. Ha uno sguardo imperscrutabile, a tratti è completamente vuoto e assente, fissa le cose senza cura, a tratti è lucido e vivo, poi, di colpo, scende tra i ricordi e si riempie di emozioni.- E' così da quando gli è morto il figlio. La moglie si è risposata e lui è precipitato tra la pazzìa e l'alcol – mi spiega Valeria accarezzandolo con lo sguardo.- Mio Dio - sussurro. Mi aggrappo anche io a quella parola, la cerco dentro di me, tra tutto quel buio e quel freddo, ma forse sono riuscita ad afferrarla.Irma, la pittrice incompresa, mi ha fatto un ritratto. Mi vede in un acquario moderno e colorato, con tanti altri pesci con la testa umana e gli occhi tristi che guardano fuori, come a volere uscire da quel mondo di plastica.- Irma sei geniale! – le dico ammirando i suoi disegni e la donna di tutta risposta mi abbraccia forte e salta per la gioia e si mette a ballare e grida per la felicità. Tutto questo per semplice complimento, per un sorriso e una carezza appena accennati.

     In questi mesi sono successe tante cose, alcune terribili, altre bellissime, ho imparato a riconoscere ed accettare la marea della vita, e i forti sussulti che crea quando svuota e quando riempie le esistenze; ho scoperto che so piangere, so pregare, so ridere a crepapelle, so sognare.Dopo avere espletato la mia pena, qualche mese dopo l'abbandono della casa famiglia sono tornata a vivere con mia madre che non vedevo da qualche anno.Stiamo in un piccolo appartamento alla periferia di Firenze, un'abitazione che mamma si può ancora permettere rinunciando a qualche lifting e a qualche crociera caraibica. La sua battaglia con l'alcol non è finita e neppure le mie tentazioni verso la vita facile si sono totalmente assopite, ma è un inizio. Da qualche parte devo cominciare! Spesso siamo più fragili delle anime di Don Paolo ma andiamo avanti. Cerchiamo di essere migliori da quando ci siamo ritrovate, abbiamo bisogno di sentirci parte di una famiglia, di non stare sole.Questo mese sono stata licenziata da un parrucchiere e un bar. La motivazione è che non rispettavo gli orari, mi spazientivo con i clienti e una volta mi hanno trovata a rubare qualche soldo dalla cassa.Ora lavoro come segretaria in uno studio dentistico e mi conviene accettare la cosa se non voglio finire con mia madre sulla strada.Non ho il ragazzo, come invece hanno quasi tutte le mie amiche, ho paura dei legami, non voglio dipendere da nessuno, e non voglio che nessuno dipenda da me. Sono incapace di amare, di prendermi cura di qualcuno. Le mie storie hanno sempre avuto durata breve, quando mi accorgo che il cuore diventa troppo ingombrante e la mente inafferrabile, allora scappo.Avevo un'amica alla quale ero molto unita, siamo cresciute insieme, stesse scuole, stesse compagnie, stessi interessi, quando stavo con lei mi sentivo al sicuro, solo a lei permettevo di entrare e camminarmi dentro. Purtroppo per me, Barbara ha una famiglia regolare, si sono trasferiti tutti insieme in Sicilia appena il padre ha vinto un concorso di insegnante. Ogni tanto ci sentiamo per telefono ma la mia vita adesso è così lontana e diversa dalla sua da non riuscire più a trovare quel lembo che ci univa.

     Finalmente anche questa settimana è finita, i giorni ingarbugliati e nodosi di qualche mese fa si srotolano alla vita. A dire la verità agisco senza troppo riflettere, affronto tutto quello che mi si presenta davanti, come un bambino che cresce, ma con meno entusiasmo.Oggi è domenica, dopo qualche lavoro di casa, dovuto e fatto con malavoglia, preparo la colazione per me e mia madre. Apro le finestre e mi sembra che questa periferia sia meno squallida di sempre, mi giunge la musica dalla radio della vicina, l'odore di arrosto dal piano di sotto e se mi affaccio al balcone in fondo in fondo si vedono il duomo e la torre.Suonano ripetutamente alla porta, vado ad aprire in accappatoio, nella testa ho ancora una canzoncina sentita poco fa alla radio.- Chi è ?- Sono l'avvocato Basile, ho bisogno di parlarle.La voce è profonda ma priva di sfumature. E adesso cosa cazzo vogliono da me? Adesso che tutto comincia a prendere una forma. Perché devono venire a calpestare e buttare all'aria quello che con fatica ho risistemato, gli angoli che ho occupato?

Chi osa ?- Si accomodi, ho appena fatto il caffè - dico col tono di chi invece lo vorrebbe cacciare.- Si, lo so - mi affretto a dire notando che l'uomo guarda l'orologio - è quasi ora di pranzo ma la domenica ci alziamo tardissimo.L'avvocato fa la conoscenza di mia madre che, in salotto, sta guardando un film in bianco e nero e sfoggia una vestaglia in raso perfetta per l'occasione.- Signorina Roversi, sono qui per chiederle di testimoniare la sua esperienza nella casa famiglia di Don Paolo.Forse la situazione è meno tragica di quello che mi era parso e, a guardarlo meglio, anche l'avvocato è meno ... avvocato di pochi istanti prima.- Perché ?- dico buttando giù una pasta.- Perché vogliono farlo chiudere e il Comune non fa niente per impedirlo.- Chi vuole farlo chiudere?- Gente per cui è scomodo e quindi i "protettori" delle prostitute o dei ragazzini che ha tolto dalla strada e persino gli stessi abitanti del quartiere che preferirebbero avere accanto delle villette a schiera.Il parroco ha ricevuto parecchie minacce e, come se non bastasse, le tasse e i costi di gestione per mantenere la sua comunità sono duplicate.- Farò quello che posso - questa volta il sorriso è sincero e senza accorgermene mi sistemo i capelli.- Allora la aspetto domani nel mio ufficio, questo è l'indirizzo .- Verrò senz'altro dopo il lavoro. Sicuro di non volere mangiare con noi? Abbiamo...una focaccia non proprio di giornata, della pasta da scaldare e dei pasticcini di ieri. A pensarci bene forse è meglio di no.Basile mi sorride e il suo è un sorriso dolcissimo e inaspettato.- Già...un'altra volta, ma magari cucino io - e mi butta addosso due occhi verdi luminosi.

     Io e Francesco Basile ci siamo visti spesso per preparare la mia deposizione e riuscire a coinvolgere alcuni dei senza tetto a testimoniare la loro esperienza con Don Paolo che li ha aiutati ad avere un'altra possibilità di vita o per lo meno a sopportare meglio quella attuale.L'altro punto per cui Francesco ha intenzione di battersi è chiedere una collaborazione più stretta con le associazioni di volontariato, ma soprattutto sensibilizzare i media.La difesa è pronta, inattaccabile direi.Non so se possiamo vederci così spesso, essendo io una testimone della sua causa, ma Francesco sembra non preoccuparsene. Mi fa stare bene e anche i suoi amici. La sua casa è un piccolo nido e ho accettato con gioia l'invito a cena questa sera.Le voci chiassose intorno al tavolo; i piatti che si svuotano e si riempiono; i brindisi ripetuti; le discussioni coinvolgenti; la musica jazz di sottofondo; le foto di viaggi alle pareti; le mani appoggiate sulla mia spalla, tutto contribuisce a farmi uscire dalla mia tana e tentare i primi passi verso sentimenti ed emozioni sconosciute.Quando tutti se ne sono andati esco definitivamente dalla tana. Il rhum e la musica jazz mi rilassano e mi cullano su piacevoli onde calde di serenità.Mi siedo sul divano con Francesco e con grande naturalezza gli racconto pezzi del mio passato che si staccano da dentro e nel cadere mi fanno male. Gli parlo della morte di mia sorella, dell'assenza di mio padre, dei problemi di mia madre e delle compagnie balorde che ho frequentato. Quando parlo lui non smette mai di fissarmi, è totalmente coinvolto dal mio passato. Questo mi commuove: penso che sono pochissime le persone capaci di condividere con qualcuno che si conosce appena il peso di un passato.Il suo sguardo è limpido, intenso e quando il mio racconto si riempie troppo di ombre e indomabili malinconie, lui mi stringe la mano e lo stesso faccio io, ma quando mi accorgo del gesto, mi ritiro e mi irrigidisco. Sta nascendo qualcosa tra noi, non so cosa, mi fa paura perché è una sensazione che non conosco e mi scombussola dentro.Non riesco a capire cosa rende Francesco così attraente ai miei occhi, forse quel misto di rigore e leggerezza, la sua scanzonata eleganza. Non è bellissimo, ha il naso un po' lungo e la bocca sottile; non si cura molto di sé, ha disordinati capelli castani sulla faccia con qualche bagliore biondo; quando non è al lavoro adora andare in giro con pantaloni un po' larghi dalle mille tasche e magliette di cotone.Dopo l'ultimo brindisi con il rhum ci addormentiamo abbracciati sul divano, sto imparando a conoscere il suo odore, le sue mani che non stanno mai ferme e il tono della sua voce. Adoro quando mi guarda mentre io fingo di non saperlo e quando mi prende in giro per i miei difetti; so quando dice una bugia, quando cerca di trattenere l'ira o il nervosismo, quando finge indifferenza e si consuma di curiosità. Francesco ormai è entrato nella mia vita, ha aperto le mie finestre, ha fatto entrare aria fresca, ha risistemato le mie stanze.Ora però mi sto accorgendo che non mi basta solo averlo accanto per sentirmi più sicura o meno sola, ho bisogno di toccarlo, di assorbirlo. Eppure non riesco a sciogliere completamente i miei sentimenti e lasciarli correre verso Francesco, essi si agitano impazziti ma non trovano la forza necessaria e il coraggio di lasciarsi vivere.Per qualche giorno evito di vedere Francesco, ho bisogno che le mie onde si calmino e trovino il giusto ritmo, ho bisogno di abituarmi piano piano a questa luce così forte e invadente.Mi aiuta il rapporto con mia madre, un legame che curo ogni giorno e difendo da ogni intemperie.Non è facile gestire l'incompiuto, le situazioni sospese devastano proprio perché non sono mai state risolte. Io e mia madre stiamo facendo uno sforzo disumano per riassettare la nostra vita, insieme modelliamo questa nuova energia che ci unisce dalla mia nascita, mescolata al sangue e all'anima.Mi commuove vedere la forza e il coraggio di quello scricciolo di donna; vederla ridere ancora; vederla annaspare tra passioni sconosciute, ancora curiosa come una bambina; si, mi piace questa complicità tutta femminile che abbiamo.

      Questa notte sono tornata da lui, ho accettato l'amore.Ho deciso per il vestito preferito di Francesco: quello azzurro con le spalline. Mi guardo allo specchio e mi riconosco, lo stesso sguardo intenso di sempre e la stessa bocca smorfiosa.

Sciolgo i capelli neri e mi accorgo quanto sono cresciuti.

Oso persino le scarpe con tacco a spillo che non mettevo da tanto e uscendo mi chiudo la porta e il passato alle spalle.Non ho più voglia di barricarmi nei miei territori, di indietreggiare dentro me stessa.Il primo bacio mi coglie all'improvviso, poi ne seguono altri, e accetto che entri in me. Uniamo i respiri, ci assaggiamo, ci odoriamo. Le mani esplorano, cercano, possiedono, sento i palpiti, sento la sete di noi. Cado senza appiglio nel bagliore dei suoi occhi verdi, mi lascio cullare dai suoi sussurri. Francesco non smette di guardarmi, molti uomini nell'intimità chiudono gli occhi, lui invece continua a cercare la mia immagine, cerca un dialogo continuo tra i nostri corpi e l'anima.La passione filtra attraverso un crepa e poi spacca gli argini.Al mattino la luce dell'alba ci sorprende ancora svegli a guardarci negli occhi e io capisco che non c'è posto più sicuro che dentro di lui.

     Apprendo dal giornale che Don Paolo è stato assassinato. La pagina mi trema tra le mani, leggo inorridita l'articolo più volte, sono talmente smarrita da capire a stento la realtà.

Quando immagini e pensieri si combinano e si definiscono, scoppio in lacrime e lascio sgorgare a fiotti tutto il mio dentro, mi dispero, faccio smorfie, grido.Ma come, ho avuto la forza di tornare alla vita, mi sono imposta coraggio, ho guardato in faccia un passato pauroso e lentamente ho cominciato a ricostruire, ho scelto gli odori, i suoni, le voci, i volti, e adesso tutto si è di nuovo sgretolato e io non ho più la forza di rialzarmi?Infatti rimango a terra, come una bestiola ferita, senza nessuna intenzione di reagire a questi strattoni.In questo ultimo anno, però, il mio cuore ha ricominciato ad amare e si rifiuta di starsene immobile; l'anima ha ricevuto così tanta luce che è impossibile spegnerla .Mi mancano le forze, vorrei battermi insieme a Francesco ma non ci riesco, riesco a malapena a non esporre troppo mia madre a questi venti devastanti.I giorni successivi mi comporto come se niente fosse successo, cerco di pensare alla mia vita amputata, ma la mia coscienza mi impedisce una scelta così egoista. Non so cosa fare, così mi appoggio alla vita di Francesco e di mia madre, mi lascio guidare, ci affondo dentro, cieca di fiducia.Naturalmente l'opinione pubblica ha capito l'importanza dell'operato di Don Paolo solo dopo il suo assassinio.- Dovremmo approfittarne adesso per chiedere i finanziamenti, tra breve la notizia sarà dimenticata - dice Francesco mentre mi sistema i capelli dietro e orecchie.Mia madre, che nel frattempo ha riacquistato le forze e si è imposta con tutta se stessa di non farsi strappare via quello che era riuscita a ottenere, sta agendo per me.Francesco ci cammina accanto, un passo più indietro, discreto come sempre ma pronto a sorreggerci e a proteggerci.Qualcosa si muove,circola dentro e fuori di me, mi afferra e mi nutre lentamente di nuova speranza.

      A distanza di un anno la casa famiglia è ancora in piedi.Francesco ci ha aiutate ad ottenere i soldi che ci spettavano da mio padre in tanti anni. Grazie a tutto questo denaro, e ai finanziamenti di molte associazioni che operano nel sociale, siamo riusciti a continuare il percorso iniziato da Don Paolo e a salvare tutte quelle anime sfregiate.

 

Simona Bertocchi

www.simonabertocchi.it

 

racconto incluso nell'antologia "Un' estranea partecipazione" . Fermenti Editore

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