Scritto da © fintipa2 - Sab, 12/11/2011 - 14:08
Non ci appartiene il silenzio delle rondini
quando aprono le ali implumi
stanche del lungo randagio
nelle campagne sfiorate
dal ventre calvo.
Né risorge l’estate lungo il muro
dove s’abbatte il giglio
per l’ingombro di vecchiaia
a sotterrare il marcio del suo stelo:
chiama il bianco inutilmente sogna
il gioioso stare nel corteggio d’api
e quelle
ingorde vanno e vengono
sacre al buon dio, ferme al suo passato.
Lì dove termina lo stelo
appenderemmo il frutto di che fu vivo il Melo
se gli scandisse dentro una legge eterna:
-la memoria cancellata l’oltraggio guarito!
Ed il tenero dire babbo e mamma
sulle ginocchia per qualche via tornasse
a risuonare nelle pagine d’inverno.
Che il mio sorriso t’inondi e la mia giacca
si riempia di nuovo ardore.
Si questo è possibile
ma questo io lo chiamo amore.
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