Scritto da © Andrea Occhi - Mar, 28/02/2012 - 08:37
M'invade l’intenso desiderio di smarrire le mie abitudini quotidiane, di non imprimere aliti nello scorrere del tempo che, circolare come una Stryker, morde le ossa craniche sfiorando l’encefalo con i suoi denti di acuta fantasia. Viaggio oltre la pioggia che lattiginosa scivola sulle pareti del mio involucro di pensieri oggi decadenti, sorvolo liquami di odorosi rifiuti e scendo sulla tua superficie collinare, unta di vaccini biancori. Sotto di me, carponi, ti stringo, avvolgente come rude malgaro, e mungo la tua candida essenza volgare, curando che ogni tua stilla scivoli sulla mia lingua, accarezzando ogni papilla; erigi i miei infimi istinti allo splendore sacrale della tua belante bellezza. Tu, dea immor(t)ale, schiava di un banale abitatore della terra, prostrata alle pendici dell’Olimpo. Le mie irrefrenabili risa di piacere saranno tue per sempre.
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