Scritto da © Antonino R. Giuffrè - Sab, 13/09/2014 - 07:38
Erano il sogno e la notte imbevuti del sangue
nero della coturnice, quando decisi di lanciar
mi come nel vuoto dalla paura di vivere e
d’amare, incauto per abbracciare uno spettro
dall’angelico volto di donna che mi chiamava
sul balcone come da un remoto eden nella
penombra acerba e silenziosa, alla mezzaluna.
Così pareva poi che veramente lei mi baciasse
sulle labbra già terse di lacrime. Così pareva
poi che lei mi si fosse legata al cuore, anima
nell’anima, a dargli nuova e più bella vita.
Ma per poco la gioia mi fu amica. Il tempo
che la coturnice tornasse a intonare il suo
stridulo richiamo di morte ed io sul cuscino
bagnato a vergare dell’ennesimo sogno.
nero della coturnice, quando decisi di lanciar
mi come nel vuoto dalla paura di vivere e
d’amare, incauto per abbracciare uno spettro
dall’angelico volto di donna che mi chiamava
sul balcone come da un remoto eden nella
penombra acerba e silenziosa, alla mezzaluna.
Così pareva poi che veramente lei mi baciasse
sulle labbra già terse di lacrime. Così pareva
poi che lei mi si fosse legata al cuore, anima
nell’anima, a dargli nuova e più bella vita.
Ma per poco la gioia mi fu amica. Il tempo
che la coturnice tornasse a intonare il suo
stridulo richiamo di morte ed io sul cuscino
bagnato a vergare dell’ennesimo sogno.
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