Scritto da © maria teresa morry - Gio, 12/07/2012 - 19:22
Xè s-ciopà un caldo che ne copa.
Rivo ai Tre Ponti
e so già tuta bomba,
svoltà par fondamenta Minotto
gò la lengua fora
e a san Pantalon me core l’acqua
da i scaggi.
No posso farve na poesia romantica
co sta gran caldana.
Intanto che la vècia sìora
la se fa fresco
menando un gran ventaglio
a la finestrela del mezanìn,
penso a le dame del setesento
serade ne i busti duri
e in gran paruca
co' bocoli de bombazo
e cipria fina in volto.
Dove mai 'ndavele
co tante còtole
le povarasse?
Co’ drìo la serva col sesto
e in calcagneti?
Forse un gireto in gondola
sul far de la sera,
fasendose ninolàr sensa vògia,
bèvar limon co aqua
respirando l’ aria stagna
e imaginarse un moroso novo
pena rivà coi mercanti da Zara.
E' scoppiato un caldo che ci accoppa.
Arrivo ai Tre Ponti è sono fradicia,
girato per fondamenta Minotto
ho la lingua fuori
e a san Pantalòn
mi cola acqua
dalle ascelle.
Non posso farvi una poesia romantica
con questa gran calura.
Intanto la vecchia signora
si fa fresco agitando un gran ventaglio
alla finestrina del mezzanino.
Penso alle dame del settecento
costrette nei busti rigidi
in gran parrucca
con i boccoli di cotone
e cipria fina in viso.
Dove andavano
con tante gonne
le poverette?
Con appresso la cameriera
con il cesto
e gli zoccoletti?
Forse un piccolo giro in gondola
verso il tramonto,
facendosi cullare senza voglia,
bere acqua e limone,
respirando l'aria soffocante,
ed immaginarsi un nuovo innamorato,
appena giunto con i mercanti da Zara.
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