avrei voluto stretta al petto mio
fino a strapparmi il cuore
voltati e guardami
indosso sì,
i colori della luna e delle fonti
trascino aghi di pino e resina
mistura atta
a ricordarti che sei seme
delle pianure all'ombra
e dell'umano essere.
Orizzonti nuovi
nella mente
e ciglia come ali
a fronteggiare il sole,
mentre nel corpo antico
tutta la stanchezza degli ormeggi
di un navigare tra le voci di sirena
e non trovare baia.
Nel buio
luci di corallo le labbra mie
a scoprire perle dolci, i denti
e siero di cocco
a dar sapore alla notte.
Vieni,
sarò faro dei tuoi sogni.
All'improvviso la falce,
recise il volto tuo nella nebbia
con ghigno materno, forse...
Se avessi usato la sete
a sacrificio di farfalle e nuvole
oggi, la terra
non avrebbe braccia da allungare.
Niente a pretendere,
se non ancora pioggia
per poter bere.
(si leva un grido)
La voce tua, non bastò
a chieder l'aiuto giusto
se non ad esser deriso
ed oggi riconosciuto
solo in nome dell'accaduto.
Forse un gioco di memoria
o forse, tutto è perduto.
I giorni son diventati Santi,
qual'è dunque il tuo destino?
Dimenticarli tutti quanti...
e ti cancellai il nome.
Domandi a me, chi sono?
Volgo il capo al cielo
e gli occhi tuoi si fanno nebbia,
si fanno gelo
il silenzio è amaro,
sei veleno,
tu sei la morte
ed una volta io, ero la luna.
(A segno, la mano mia
sfiora la fronte,
e l'anima assolvo
al buio eterno).
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