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Il tricheco

Andreina era senza dubbio una bambina terribile e non si smentiva mai, neanche quel giorno che sulla spiaggia strappò dalle mani di un venditore ambulante una reticella con dentro le formine, per poi scappare via di corsa, gridando rivolta alla mamma:
«Compramele e poi torno!»
Signora Gina, troppo buona e soprattutto troppo grassa per poterla rincorrere, per l’ennesima volta gliela diede vinta.  Finita la corsa, Andreina si fermò sotto il primo ombrellone - non rispettava neanche gli spazi degli altri - e portò fuori le formine. Ce n’erano di tanti tipi: due stelle marine, tre pesciolini, due cavallucci marini e  “Che schifo!” – disse buttandolo via - un tricheco con due zanne lunghissime.  Assistette alla scena Pietro, un bambino la cui mamma era l’opposto di signora Gina: severa come un generale; pensate che lo costringeva a fare i compiti per le vacanze in spiaggia e mai e poi mai gli avrebbe comprato le formine, perché, secondo lei, per giocare, era sufficiente ciò che le onde depositavano sulla spiaggia: legnetti, ciottoli di vetro, conchiglie, palline di alghe e così via. Non è che avesse tutti i torti, però a Pietro quella formina insolita, che raccolse immediatamente, appena Andreina si allontanò,  gli fu di grande utilità e dirò perché. Il giorno dopo, in spiaggia passò un signore che con un megafono invitava i bambini a realizzare sculture con la sabbia. L’autore dell’opera più bella, scelta da una giuria di esperti, avrebbe vinto un viaggio a Parigi e precisamente a Disneyland. Tutti i bambini incominciarono a darsi da fare e tutti nello stesso modo; infatti, costruivano solo castelli, anche se certi bellissimi: con più mura di cinta, più torri, fossati e ponti. Ad Andreina, a dire il vero, le riuscì solo una torretta, dopo averne rovesciato maldestramente più di cento. Solo Pietro realizzò una scultura mai vista prima: un paesaggio polare con tanto di iceberg, di iglù e di trichechi ammucchiati su un lastrone.  Vinse naturalmente il viaggio a Disneyland e ci andò mettendo in valigia anche il tricheco, che gli aveva ispirato la scultura e ancora oggi suo inseparabile portafortuna.

 
 
 

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