Scritto da © Nievdinessuno - Ven, 08/04/2016 - 09:29
Sui sassi lucenti s’abbagliano creature,
muse d’un chiaro verde trafitto
tra le doglie di una luce
che s’infanga nel suono del mattino,
tra le piccole voci dei cardellini,
singhiozzano note, albeggiano
in un ricamo di cori argentei,
al di là dei rami si posano
come se sciassero tra i fianchi dei ruscelli
e poi la notte, abbeverati al riflesso
di una luna ancor più bianca dell’inverno, vibrano
su una catena di lucciole
custodi implumi
ai primi sintomi dell’alba sul dorso,
che tinge di rosso, piume
orfane di vecchie ali, teneri legami
di volatili ancor dormienti,
appena, finiremo il baratto
dei nostri cipressi con le calendule
fin ora nate su mondi contrari ai nomi degli astri.
Tra le nostre radici impure, un giorno libere impronte,
ci chiamerai di nome in nome, come primavera,
ne saremo i figli, custodi del ventre che ci accomuna alla Terra.
muse d’un chiaro verde trafitto
tra le doglie di una luce
che s’infanga nel suono del mattino,
tra le piccole voci dei cardellini,
singhiozzano note, albeggiano
in un ricamo di cori argentei,
al di là dei rami si posano
come se sciassero tra i fianchi dei ruscelli
e poi la notte, abbeverati al riflesso
di una luna ancor più bianca dell’inverno, vibrano
su una catena di lucciole
custodi implumi
ai primi sintomi dell’alba sul dorso,
che tinge di rosso, piume
orfane di vecchie ali, teneri legami
di volatili ancor dormienti,
appena, finiremo il baratto
dei nostri cipressi con le calendule
fin ora nate su mondi contrari ai nomi degli astri.
Tra le nostre radici impure, un giorno libere impronte,
ci chiamerai di nome in nome, come primavera,
ne saremo i figli, custodi del ventre che ci accomuna alla Terra.
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