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Sfuma nella notte il concerto per fagotto e archi. Un susseguirsi di note che prendono corpo e danzano su istanti che percuotono l'attimo. C'è un motivo lontano, cadenzato nel tempo che si fa presente. Rotolano via le note nel grande gioco delle emozioni.
Forse vorresti una Giga, o un Rondò, ma è il fagotto che imperterrito prosegue la sua cadenza, i suoi fiati sonori. E fuggono gli istanti, note trascritte nel pentagramma delle tue vene, simili a fugaci giorni nel registro della vita. Il fagotto sussurra parole che ti portano lontano dalle tue veglie, e il pensiero danza su quel ritmo che segna l'attimo, vero termometro delle tue emozioni. Un sussurro cadenzato che evapora lungo la linea del tempo, dell'istante, per rinnovarsi all'infinito.
Le note si sollevano dal pentagramma per la magia di quel musicista ricco di talento, di quel prete venexiano posseduto dalla furia della composizione che asseriva “ho l'onore di carteggiare con nove principi d'altezza”.
E la sua musica si espande, sale dentro come acqua alta. Suoni che abbracciano l'istante e si dissolvono nello spazio per poi riproporsi come infiniti riflessi.
C'è una gioiosa solitudine in quell'estensione di tre ottave e mezzo, uno spazio che scalpita negli attimi, che arriccia gli spartiti dei musici. E il cuore si associa al ritmo di quel fagotto immerso nella fioritura d'archi. E gli istanti, come essere umani, trattengono il respiro mentre la musica si espande e colora lo spazio.
Oh sì, la musica... grande essenza del tempo.
- Blog di Rinaldo Ambrosia
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