Scritto da © Hjeronimus - Lun, 11/10/2010 - 18:38
Sono tristi gli alberi, pensavo nel bosco. Chissà quanto, coi loro arti contorti che crepitano e si spezzano talora, sotto l’algore cattivo del vento, giunto da chissà dove a insinuarsi tra di loro come spie di un nemico accidentale. Sono tristi e soli, infilzati per sempre tra le stesse anguste zolle come tra sgherri muti e sordi, inchiodati, intrappolati nella terra coi tronchi rugosi e lacrimosi, su cui qua e là qualche tragico occhio si divarica come una ferita e mostra, dentro, la pupilla di legno, tale e quale cieca come fuori.
E la vita è volgare, col suo flusso sempre uguale solo di necessità e soddisfazione, di promesse ed esaudimenti, di desideri e desideri quietati ove l’uno rimanda all’altro… La vita sembra spregevole sotto le luci sempre uguali che illuminano panorami sempre uguali, in cui brancolare come fosse buio, in cui sarebbe meglio se fosse buio, perché avremmo almeno un’attenuante. La vita senza il valore, la vita che non conta, perché c’è soltanto la bellezza e non è mai raccolta.
Però, quando viene il loro tempo, e gli alberi si adornano di un inaudito rigoglio di verdi e di fiori e mostrano al cielo la loro frusciante criniera, e le spighe giovani s’inclinano gentilmente a un altro vento fatto di fiato amoroso, e i fiori mettono su ali e diventano farfalle, e sotto al bosco un’ombra delicata si distende come un velo di protezione alle creature, allora la bellezza riconquista il suo atavico predominio e si vede che è per lei che le cose esistono, anche se sono tristi, anche se duran poco, anche se debbono soccombere.
E’ la bellezza il mistero per cui valga la pena.
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