Scritto da © Francesco Paolo - Dom, 06/12/2009 - 23:20
Io non ho nulla di cui rimproverami né mai mi sognerei di averne alcuni nei tuoi confronti eccetto quel modo di straziarti che non posso, da essere umano prima e da uomo che ti ama dopo, accettare pur essendo nella condizione di non “vedente”. Il morso della fame per l’assenza mi tormenta, mi consegna all’ignoto e mi conduce spesso verso un cammino buio e senza ritorno. La mente mi abbandona, naviga nell’incomprensione o rifiuta il vero capire. Sono colpito da profonda e disperata solitudine, sono assente dal mondo e dalla vita. Ma sono parole, nei momenti brevi di riflessione quasi mi appare tutto chiaro, quasi capisco e rinnego le sensazioni dell’immediato per dar spazio a definite e nitide spiegazioni. Tu, nella sofferenza, hai genialità di condurmi, con il tuo modo di fare giustificato ed apparentemente folle, al mondo crudele ma reale, di aprirmi gli occhi, di separarmi dall’illusione e dalla fantasia di momenti comunque vissuti per rientrare in una realtà che non si può rifiutare: uno stato attuale inconfutabile. Al supplizio dovrei imporre la convinzione pacata del non ritorno al passato, del non pensare più ad esso, del non più come prima, del “non più nulla e motivo d’essere” e sentirmi a te legato. Ciò non toglie che desiderio è di condurti anche avessimo cent’anni, dove il sogno potrà divenire reale come già accaduto!
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