Wislawa Szymborska nata il 2 luglio del 1923 a Bnin, vicino a Poznan ha accompagnato con le sue opere tutta la travagliata storia del suo paese, la Polonia, creando una letteratura di qualità, anche oltre i confini nazionali. Riceve, nel 1996, il Premio Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: “per una poesia che, con ironica precisione, permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti di umana realtà”.
Frequentò il ginnasio dalle suore Orsoline e lavorò come impiegata alle ferrovie di Stato per evitare la deportazione. Iniziò a pubblicare le sue prime poesie nel 1945 sul quotidiano Dziennik Polski e in quell’anno si iscrisse a sociologia all’università Jagellonica, la più antica della Polonia. Abbandonò gli studi due anni dopo. Nel 1952 aderì all’ideologia comunista, entrò a far parte del Partito Operaio Unificato Polacco (PZPR) e pubblicò il suo primo volume di poesie “Per questo viviamo”. Nel 1954 pubblicò la raccolta “Domande poste a me stessa”. Di entrambi i libri l’autrice non autorizzò più la ristampa. La rottura con il partito comunista avvenne nel 1966, con la raccolta “Appello allo Yeti “ (1957)
La poetessa Szymborska dimostrò di essersi allontanata da quell’ideologia raccontando attraverso le sue opere:
La storia che non si affanna
alle trombe mi accompagna.
Gerico viene chiamata
la città da me abitata.
Mi frana di dosso pezzo
a pezzo la cinta muraria.
Sto in piedi tutta nuda
sotto la divisa d'aria.
suonate, trombe, e come si confà,
(“La storia che non si affanna”, in “Appello allo Yeti”, 1957)
Dalla fine degli anni 50 le sue poesie vennero tradotte in quasi tutte le lingue europee. La sua fama arrivò anche in Italia dove era stata sconosciuta e presente soltanto con “Gente sul Ponte”, una piccola raccolta pubblicata da Vanni Scheiwiller.
A distanza di dieci anni dal Nobel, Szymborska divenne un’autrice di culto anche nel nostro Paese, le sue poesie o citazioni dei suoi versi compaiono in riviste femminili di grande tiratura, nella pubblicistica, nei necrologi, nei discorsi di politici, in opere narrative (come Stanza 411 di Simona Vinci) o nelle canzoni di Jovanotti (Buon sangue: ‘si nasce senza esperienza, si muore senza assuefazione’
A differenza di molti poeti suoi connazionali, Wislawa Szymborska non conobbe l’esilio scegliendo di sopportare le difficoltà della vita e della creazione artistica nel socialismo reale (che in Polonia significava fare quotidianamente i conti con la censura). Fino al premio Nobel Szymborska si spostò dunque molto poco dal suo Paese, preferendo una vita ritirata e solitaria: «Di solito mi descrivono come una persona allegra (…) perché quando ho dei crolli, delle preoccupazioni, non frequento la gente per non mostrare un volto cupo. E sembra che abbia vissuto come una farfalla, come se la vita non avesse fatto altro che accarezzarmi sul capo»
“Dunque ci sei? Dritto dall’attimo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì?
Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta
come mi batte forte il tuo cuore.”
La Szymborska preferisce la sordina del poeta in silenzio, in attesa di se stesso, davanti a un foglio di carta non scritto e restare un personaggio schivo e riservato, che non ama rilasciare interviste o parlare della sua opera, ma piuttosto che tiene a sottolineare la preminenza del testo rispetto al suo autore, l’autonomia delle poesie rispetto al viso, alla storia e alle opinioni sulla letteratura e sulla società di colui che le scrive, non ama neppure le serate d’autore, anzi se ne fa beffe -
Toccante senza essere melensa, profonda e insieme ironica. Così aderente alla realtà – delle cose, dei sentimenti ma mai prosaica. Con un linguaggio solo apparentemente semplice, colloquiale, Szymborska affrontava grandi temi e piccole realtà quotidiane con ironia, anche nei momenti di grande dolore, come quello della scomparsa del suo compagno: a lui è dedicata una delle poesie più celebri, Il gatto in un appartamento vuoto, dove il dolore per l’assenza della persona amata è espressa attraverso lo sconcerto del gatto di casa.
Per una parte della critica letteraria Szynborska era una “miniaturista” che eccelleva nell’arte del paradosso, altri l’hanno definita “Mozart della poesia”. Il traduttore italiano Pietro Marchesani, curatore di alcune sue raccolte, ha spiegato che “l’incanto” è il suo vero segreto.
Di sé e dell’arte poetica lei stessa ha detto: “Per me la poesia nasce dal silenzio”.
Wislawa Szymborska, la grande poetessa polacca, muore il 1 febbraio del 2012 a 89 anni a Cracovia, la città dove è sempre vissuta, lasciando un grande vuoto nel cuore dei suoi molti e appassionati cultori.
ricerca a cura di Francesca Cuccia (raggiodiluna)