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Davanti a un dipindo di Jan Van Eyck

La vita dipinta
nella casa di Evian,
il the bollente,
la pipa che alza
un filo sino alla cima
della libreria.

Evian ha ciabatte
di carminio e di giallo,
scuote la testa
davanti sua moglie.

I coniugi Amolfini
si tengono per mano,
lei ha la pancia
come la donna di Evian.

Un bicchiere di porto
tra un tramonto nazista
alla finestra di vetro colorato
e un posacenere d’argento.

Evian non sa
o fa finta di non sapere
che è mio quel figlio
mentre con la sua
puzza d’avorio
accavalla le scheletriche gambe.

Il dipinto di Eyck
mi rende stucchevole,
il ricordo di quel tradimento
di rosso porpora
e menta sulla bocca
della moglie di Evian.

Lei sorride
con due denti storti
e una mano che tocca
il bracciolo della sua poltrona.

Il cappello
dell’uomo del quadro
mi distrae dalla voglia
d’andare via
da questa casa
che puzza di varecchina.

Oceania

Ho chiuso
la mappa dell'Oceania
e allontanandomi
ho accompagnato
un forte desiderio di spazio.
Se pensi
che abbiamo lavorato la creta
ieri montavamo
transistor ai congegni
oggi sui piani e le pieghe del pianeta
soltanto byte.
Si vedono segni
di ambizioni enciclopediche
con la curiosità che lentamente
leviga la lente.
Se penso che veniamo dal niente
eccomi sui rilievi dell'interno
dove riavvengono
le riesumazioni degli assassinati.

La città al di sotto dei pendii
si concentra nel golfo
la distanza distillata dai rumori
restandone attento in ascolto
è lenta,
lentamente percepisci
la grande sfericità del mondo.
Le rivolte segnano
la deriva dei continenti
e l'eco delle brutalità
van cercando
protezione dai tormenti,
i bambini
gridano nel bosco
passa il tempo
e provi attrazione
in presenza di un battito di ali
o di un respiro.

Vorrei trovarmi
ovunque si sorrida
ovunque
si trovino simpatie
e nascano
correnti di tepore tra due.
Vedo gente
di cui penso,
possibile che non abbiano idee
nei gesti che fanno
e che senza alcun compenso
compiono?
Anche
trasportandoci la catastrofe
l'apocalisse non guarirebbe
il passaggio
nemmeno di un attimo
del presente.
Saremmo comunque
stati sempre
e nel vuoto resteremo
presenza.

Per adesso
si dia credito alla voce
ancora

per domani.

el tempo ciapà vanti xe bon pei soti

Quando vegnerà beo
El ceo xe verserà,
me vesto de festa.
Doman, se se pol far, farò.
Doman xe vederà,
an cuo,come el tempo
so gnognoeo e me fermo
sora a bagoina a pensar:
"che el tempo ciapà vanti,
xe bon pei soti".
 
 
Il tempo che s’avvantaggia
è buono per gli zoppi
 
Quando verrà il bel tempo,
il cielo s’aprirà,
mi vestirò di festa.
Domani se si può fare, farò.
Domani si vedrà,oggi,come il tempo sono malinconico e mi fermo sopra un bastone da passeggio
a pensare: “CHE IL TEMPO CHE S’AVVANTAGGIA  è buono per gli zoppi.”

Per Giada

La tua mano a forma
di piccola stella
 verso la mia,
in cerca di calore.
Ho tante cose da raccontarti,
anche se vivo solo
da tredici primavere.
Apri gli occhi curiosi ed increduli
di tutti questi volti,
di tutti questi colori.
Sorridi, senza i dentini,
disarmata
ma troppo piccola per essere ferita.
Stringiti forte alla mia mano,
con questo contatto
ti voglio trasmettere
e regalare un po' del mio amore
per questa vita.
Sei il futuro, sei quello che verrà,
ma non un illusione.
Non hai amari ne gioiosi ricordi,
potrai costruire il tuo oggi
senza malinconia,
sognare il domani senza rimpianti.
Ora che ti ho presa in braccio
e ti sei addormentata,
respiro il tuo profumo,
m'immergo nell'infanzia che il tempo m'ha rubato,
ma senza solitudine. Non sono sola.
Pacata e serena, ti accomodo nella culla,
un'ultima occhiata ai tuoi occhi chiusi,
e socchiudo la porta che hai aperto nel cuore.
Fai sogni d'oro,
E ama, piccola dolce Giada, ama più che puoi.
 
Caterina Manfrini

A volte, spesso, sempre.

A volte ho cercato di recidere
quel filo sottile che separa la ragione dalla follia.
A volte racchiusi i pugni contro il petto
ho giocato a fare il matto.
A volte ci sono riuscito, c’è chi mi ha creduto.
A volte l’ho anche riconosciuto
nascosto nel cono d’ombra di una falce di luna.
A volte ho giocato con lui a rimpiattino
accasciandomi a terra piegato in due dalle risate.
Spesso mi sono riso addosso.
Sempre ho pagato l’istrione di turno.
 
 

versi per_versi

accodandosi in processione
le sofferenze intagliano
la maschera scura dolente
specchio di quella profonda
che s'asconde nei visceri
tanto più è ferita l'anima o il cuore.
allora il verso prende suono
di lamento fino alla moroloja
pietosa e anche liberatoria
accompagnando il pianto
timido intimo quanto dolce e
insicuro annaspa tra sogno e realtà
incerto se salvare o lasciare annegare
la speranza di un qualsiasi domani.
 
 

C.3.3. C.6.6.

Vide i visi di chi gli fece visita
in carcere, ma degli altri seppe solo
vaga traccia, lo sconforto del racconto
indiretto, se non addirittura un nulla di fatto.
Ad ogni buon conto, chi c'è c'è
e chi non c'è non c'è.
Similmente, uno dovrebbe davvero avere
un cuore di pietra per apprendere
del fatto della Nella senza piangere.
Ridere di sé, piangere per gli altri, questo
importa, ma io personalmente
sono un Principe Spruzzino:
imparto un'onda verso il prossimo
e poi me la riprendo in faccia,
tipo fiotto di seme o bere
un fluido (acqua diaccia
o latte) direttamente dalla bocca
di chi mi bacia. Sono un radar.
La fiducia insomma in me va
riposta usando un simbolo, metà
di un oggetto che combacia.
Il resto è irraggiungibile, persino
con un codice amico. Poi mi dico, un fatto
che colpisce o che annienta chi ama chi amiamo,
come lo comunichiamo?
 
[04042010]

Chiamata per il morto, poi risorto

Suona il campanello lo sconosciuto e arriva
nel mezzo della comitiva
di parenti in lutto ancora
storditi della disgrazia che ha distrutto
tutto. Li martella col metallo
sulla gomma infrangibile dello spirito
(che è tremendo nella sua incapacità
di stramazzare) il rimpianto

gioco di_versi ...

suggestioni dell'anima
eruttano tal getti di geyser
illuminano come giochi pirici
gioco di perle in fontane urbane
oppure occhi su slarghi virtuali di mondi
e cose aliene che spalancano
visioni di un altrove ideogramma
di possibile paradiso
lì appena tre pensieri lontano.
Corrono così emozioni
percezioni e sensazioni
che il piacere dei sensi
vuole dire comunicare
condividere e godere
aprendo la caccia al modo
nell'armamentario della vita
a spigolare parole rivestirle
di senso nuovo o diverso
architettarle nel canto
liberarle al vento.

Erano, questi, i miei giorni d'Africa

Erano, questi, i miei giorni d’Africa, la mia consolazione.
Con la vista andavo ai fiocchi di cotone in divenire nel turchese, sballottolati da un vento alto che non scendeva a terra se non per propagare fuochi enormi.
Sognavo poi le teste rasate dei miei fratelli di sangue riusciti a scampare, coloro che l’iniziazione aveva giunto in un vincolo più stretto ancora del parentale.
Ed infine vedevo la mia donna, raddrizzare il viso dall’orcio di creta dove continuava a sobbollire e raggrumare la manioca  come se le onde di quell’aria calda ascensionale fossero diventate insopportabili per lei e le impedissero di stare ancora ferma, lì in ginocchio.
I suoi occhi simili alla brace che covava nera e rossa tra i due sassi che la tenevano al riparo dal sollevarsi della sabbia in agguato pungevano la macchia gialla indicante, nel verde scuro delle foglie intoccate, il varco preferito dai cacciatori.
Dei miei figli, uno correva in tondo con altri tre, del più piccolo potevo a tratti vedere soltanto la curva del braccio, sorreggersi alla spalla e al collo della madre.
Ero stato sorpreso nel sonno, picchiato e incatenati a sangue i piedi sullo stesso giaciglio in cui dormivo accanto a loro, costretto, dopo la razzia, una volta legato con catene più lunghe ai polsi e alle caviglie dei miei compagni, a camminare giorni e notti attraverso la foresta, sui greti insidiosi, di fiumi che avrebbero potuto donarci una morte subitanea.
L’inizio di un lungo cammino senza difesa alcuna che ci avrebbe portati a vedere per la prima volta l’oceano, e la grande casa di legno che si muoveva..
A segnare il passo della lunga fila i cacciatori più potenti ed agili, a chiuderlo le vergini bambine.
I nostri carcerieri, più piccoli e sottili, con la pelle meno scura della nostra………….  

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