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Piacevole ma,

buffo quando la sabbia s'infila
tra le dita nude dei piedi
mentre ne godi infastidisce
e corri nell'acqua lì a fianco
che lecca la riva e si ritrae
come una lingua nella bocca
grande azzurra del mare
per disperderla liberartene
e subito torni ad insabbiarti i piedi.
che pare così la vita
provi e ti ritrai di continuo
godi e ti privi di quello o questo
per timore d'esser troppo avido
o che perseverare andare avanti
troppo e grande diventi il rischio
per quanto sai poter sopportare.

Del fascino del cuore, per tempeste.

 
 
Contai le gocce
tante
tutte quelle che si poteva senza dubbio alcuno
pettinare i vetri
certo di averle viste per quelle discese di rabbia
da subito ripide degli uragani - quando stanno sui tetti -
con le loro furiose spallate d’aria
a divellere tende tegole antenne
ma non toccano parafulmini
magri da stecco
però furbi
scugnizzi che scippano al cielo le saette
 
quelle che vanno dalle altezze impossibili agli occhi
precipitando alle radici fremiti di scoppio
nei loro sottili cuori di barbe
le oscure radici che ancora resistono
le pazze radici nei tuguri delle argille
dove almeno una congerie di limi si trattiene;
 
non l’acqua, benchè dovrebbe ragioni al seme.
 
Dicevamo dei timori restituiti agli argini
che esondasse dal greto un fragore liquido
irrefrenabile dal cuore
irrisorio per l’ascolto dei tuoni
strambo in quel sicuro mio padre per ciò anche a noi nuovo
di fascino.
 
Quantunque si potessero chiudere le imposte
preferimmo spaventarci alitando trasparenti
il dito a tracciare
le gocce scandite sui vetri, scivolando.
 
Ci confuse il turbine e smettemmo il coraggio a 80 la conta;
 
ma sarò più preciso a parlarne
quando potranno una ripresa
questi figli.

RICORDI

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Chi sei?

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Davvero pensi
che io non sappia chi tu sia
angelo vestito da diavolo
anima dalle tasche vuote
che tra fumo e nuvole erra.
 
Pesando il tempo
hai impacchettato il sole
e lo hai nascosto in fondo all’ultimo cassetto
sbattendo le porte alle tue spalle
hai scelto il buio.
 
Parlano i tuoi pensieri
inutili fazzoletti per l’immensità dei laghi
e me li ritrovo intorno
ogni volta che il dito tuo indugia
tra quei numeri che non riesci mai a toccare.
 
Hai indossato vesti scure
tessute col gelo della neve
e fili spessi di silenzi
negando il battito
l’hai soffocato di baldoria.
 
So bene chi sei
ti ho annusato col sentire
mentre in tondo giri a quel cassetto
e al sole torni
perché non puoi dimenticare.
 
A te
che pensi
che io non sappia chi tu sia.
 
tiziana mignosa
dicembre 2009
 

Anime perse

Ho indossato un vestito di mille colori
per ingannare il battito
gocciolante   dolore
Un’ infinita tenerezza
per quelle stille stanche d’attesa
sdrucite e cadenti da un petto affannato
donate da un'emozione
sorte da una nebbia ormai diradata  
che rivela un sogno
strappato dal vento
nel mare infinito
per sempre disperso
Ma l’eco dell’ onda
risponde al richiamo del cuore
e riporta impetuoso
il sapore del sale
di lacrime appese
a pensieri di vetro
di mani strappate
da corpi di seta
di pugni protesi
ad offendere il cielo
 
Ricolmo di rabbia
frano in ginocchio
col capo a sfidare
un grigio tramonto
che presto concede
il suo tempo alla notte
di inutili stelle
di fragili lune
di sogni passati
dai colori sbiaditi
che dettano al cuore
incomprese parole
 
Veronica e Maluan
 

Tutto passa

tre tozzi di pan secco
son rimasti nella madia
più dei denti per masticarli
ma c'è latte e miele per ammollire
che tanto il meglio poi dovrà venire.
 
 

L'ipocrisia per le mosche

A volte vorrei dipingere
con i colori di fiele
un quadro elettrostatico
di molte primavere.

Non so dipingere
nemmeno disegnare
però guardo la gente
ascolto, il loro dire.
E in silenzio vado
sulla collina degli sguardi
a vedere il mio confine.

Massacravano gli ebrei
nei campi di sterminio
ma la gente osannava Hitler
a Monaco o a Berlino.

Stalin uccideva i comunisti
ma la gente affilava il bavero
del suo cappotto
dicendo che era giusto.

Respingono in mare
i disperati
facendo finta di non sapere
quale sia la loro fine
salvo piangere domani.

Così parlo con le mosche
sedute sulla roccia bianca
e loro mi raccontano di Sabra
o dei massacri lontano dalle televisioni
e delle donne che non valgono nulla
lungo le file del deserto nero.

Il bene, il male
lo zucchero filato
e l’ipocrisia della gente
che darebbe l’anima a un criminale
per una vita di migliore condizione.

Le mosche raccontano
le mosche sanno
e a disturbar gli ipocriti
ora vanno.

È svenuto il poeta

 
È svenuto il poeta.
 
E nella pupilla sveglia
scintilla il duello,
il crollo,
il fallimento.
 
Se rinviene
            cacciatelo via!
Che risprofondi nel suo vortice!
 
È l’inferno e ritorno
fatto persona
tra voi gente perbene…
 
E gettate via i suoi libri da un dirupo
o da una rupe a strapiombo!
 
Fate che ridiventino bianchi!
Scialbi come nell’alba della sua nascita!
 
Fate che si cancellino!
E lui si allontani
Dentro una bara di vetro!
 
Squartato Orfeo dalle Menadi.
 
E non scrivete epigrafi glorificanti!
Né prosopopee per la sua resurrezione!
 
Che nessuno lo informi!
 
E la sua salma,
               intera o straziata,
infiori di api
e di tarme.
 
 
1-1-2010

Soffoco

Soffoco
non c’è aria qui dentro
non si respira
mi mozza il fiato questo fumo
e mi acceca il bagliore del fuoco
bruciano gli occhi
ancora velati dai tuoi addii.
Echi di voci lontane
fiocchi leggeri vengono giù
neve fuori sui rami e sul tetto
gelo nel cuore
non so frenare il mio affanno.
Baci carezze tienimi stretta ancora
finchè arde il camino
e poi lo so sparirai.
Pallida luna accarezza il suo viso

digli che l’amo

Linea retta

 
In una rettitudine spazia il mio sguardo
mentre s'inchina ai palpiti lievi
delle tue ciglia socchiuse
E rincorre le immagini che ti rendono uomo
Sublime amante, mio
 
 

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