blog di Franco Pucci

È arduo raccontar la quiete di questi miei anni
è arduo scovarne il tremolio, il tenero affanno
e seppure ora sia tempo di ormeggiare il legno

[e poi le nuvole ruzzolarono
lo scoppio atterrì le garzette
così livido m’apparve il cielo]
 
Sui vetri riflessi rosso sangue

Quale Dio? -nel nome di quale Dio-
s’è spenta la luce nella vostra anima?
 
Quale bestemmia è l’oro che premia

Stasera ti porto al mare
dai, véstiti d’autunno
che il mare d’inverno
beffa le ciglia, trascolora.
 
Una foglia di platano

Ma che ne sai tu che hai bruciato il tempo 
-mentre guidavi i tuoi anni a velocità folle-
pugni in tasca e orgoglio da qualche parte, 

[la tenevo tra le dita come una volta
mi sorprendo di saperlo fare ancora
un moto di tenerezza -l’ho guardata-
poi ho violato il bianco di quel foglio]

la ruvida astratta nostalgia 
di un tempo diverso
mai vissuto -mai respirato-

Scorre la laguna sui finestrini -come sempre-
i pensieri seguono traiettorie ormai consuete -ti penso-
Incido sul vetro la malinconia di questi versi

il poeta la cercò all’inizio dell’infinito
 
[ma l’inizio dell’infinito ha due porte
due campanelli due toppe da infilare

c’era una volta...
 
e un castello di carta stagnola
il poeta piegò con incerti gesti
-mani canute restie agli ordini-