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Poesia

Racconto

 
tutto, tutto avviene in lui. conchiuso.
non chiede, non parla. non sa.
lui, che quant'altri mai possiede il dono della parola.
e lei guarda. guarda i segni e li studia.
neri su bianchi che si rincorrono.
disegnano trame d'incomparabile bellezza.
e dietro dietro dietro o forse di lato o altrove
l'immaginazione corre e
s'arrovella e implode.
 
e su tutto la tensione del silenzio.
il non detto. il sottaciuto.
il punto messo per interrompere il flusso.
 
«sarò. sarai. non saremo. mai.»
ah! quanto più dolce il silenzio. la resa al sogno.
lei vive e muore ogni notte.
 
tutto è poco. tutto è niente. una volta è nessuna volta.
 
non si apre nessuna porta. non si spalanca nessun abisso.
si tace, si aspetta, si sta.
 
 
 

Ogni Uomo

 Ogni uomo, dovrebbe provare quello che provi in alcuni momenti.
 Ogni uomo, dovrebbe ricevere ciò che con naturalezza lei riesce a donare.
 
 Provarlo si, ma solo per una volta. Essere toccati e capire.
 Per poi tornare ad essere,  SOLO uomo.
 Forse migliore. Ma solo UOMO.
 E io, io osservo e cerco di capire.
 Chiavi, cuore, passioni, vibrazioni.
 Librarsi in volo, planare delicatamente,
 impennarsi, assaggiare l'ebbrezza dell'ossigeno rarefatto, e poi
 sprofondare nell'aria salmastra del mare.
 
 Queste sono le tue creste e questi sono i tuoi ventri.
 Servono ali, deliziosa creatura, ora servono ali e vento forte.
 Il tuo vento.
 
 Prego perchè tu possa continuare a soffiare sempre più forte.
 Per tenerti lontano dal sapore della strada,
 dalle polveri delle corse senza traguardo,
 dalle urla degli eccelsi e dal ronzare della gente comune.
 Ed il giorno dell'inevitabile bonaccia,
 spero tu abbia pensato ad ali abbastanza forti
 per poterti posare nuovamente dove tutto e' caos.
 Ma questa volta, senza schiantarti, senza fratture,
 ma soltanto morbidamente consapevole.
 Consapevole che ad ogni cresta
 corrisponderà sempre il suo ventre.
 Inevitabilmente, complementare.
 
L'INVILUPPO DEI MEDI
 

SCHEMA

I quadri di mio padre

Io non avevo altro
che i quadri di mio padre.
No, non ai muri: qui.
Stanno nella mente
appesi a verbi nudi
con il chiodo non:
non essere
non fare
non dire
e altri senza suono.
 
Ora, con uno schiocco
tipico di lacrime,
lui esce sempre da un perché
e me li mostra
come una discendenza di rami.

Mentre aspetto che ritorni

 
Confondo gli animi, tratteggio i pensieri.
Non dico. Non chiedo.
Ti credo, mi sembra. Ti aspetto lo stesso.
Ti cerco, ti voglio, si fa il fiato corto.
Poi arriva il tuo sguardo.
Mi brucia.
Mi abbraccia.
Mi riempie, mi sazia.
Consola e sconvolge.
Vorrei non finisse.
Ma arriva il momento. Riprendi il cammino.
Rivivo d’attesa. Il ritorno è vicino.

L’eterna battaglia tra Kronos e Kairos

Erano diciannove da oggi
sei crepuscoli fa.
Tutto si fermò un istante.
 
Kronos seguì il cammino
e io congedai quell’attimo
pensando d’istinto... al rispetto.
Quando m’alzai, lasciai la sua mano
e chiamai il dottore…
 
Poi un frastuono librò nell'aria
ed il vento del tempo scalciò per anni.
Kairos sempre rimase.
E quando voglio tornare,
lì sempre... lo trovo.

Mi manchi

 
In quella penombra che il tuo corpo
disegna e modella ora non ci sei.
 
Manchi alle mie mani che adesso
ti cercano ma rimangono vuote.
 
Alle mie labbra che di te assaporarono l'essenza
mi manca il tuo profumo e il tuo calore.
 
Non odo il tuo respiro ne i gemiti tuoi
senza te nulla placa la mia sete.
 
Niente soffoca quel desiderio mio
che solo con te e in te si estingue.
 
Atlantis

Vivo

Vivo quest'ansia di cercar pensieri
nella mensa del mio corpo
per povertà che non mi sfama
e cerco miserabile elemosinando
giusta misura per ogni storia.
Cerco amorfo
sul pendio delle mie parole
pur vane risposte
ma trovo dune
e valli morte.
Allora
vivo il tempo
a dipingere l'anima
in ogni parola mia
e la coltivo
la consegno e la diffondo.

Non dimenticarti mai di sorridermi

Il mare è liscio come un coltello
il drago marino emerge
la coda che alza onde e schiuma.
C’è chi l’ha col fratello
per lo stemma della scuola
che lui vuol portare giù
insieme a una vecchia Fender.

“Non dimenticarti mai di sorridere”.
Diceva scherzando.
“Perché io voglio sempre pensarti cosi”.
Era un volto che mi portava via.
Chissà dove, ma così lo ricordo
e lo perdo ogni istante di più.

Un hotel cinque stelle tra le nuvole
un incantesimo, un castello nella nebbia.
Ride lui, capelli lunghi legati dietro.
Occhi chiari e non sembra far male.
Non ho paura, anzi sorrido. Un angelo in cielo.

C’è la punta bianca di un monte laggiù
E poi qualcuno che mi parla accanto.
Eravamo seduti su poltrone in fila
Uno stretto corridoio alla mia destra:
“desidera signore?”
“Un caffè caldo grazie, vorrei svegliarmi sa?
Ma non riesco.... Non capisco più che succeda
la mia città da quassù... ma perché è un bosco?"
“E’ avvolta dalle piante ormai da tempo
come fa a ricordarsi? Sono passati cent’anni
signore e lei ne ha molti di meno, mi sembra”.
“Non capisco più nulla mi manca l’aria”.
“Signore, ma lei riesce a respirare?
Si sente male, signore?”

“Svegliati tesoro! Svegliati!! Svegliati ti prego...
è solo un sogno... amore mio”

La luce del mattino mi abbaglia gli occhi.
Sento le pareti della stanza stringermi le spalle.
Socchiudo gli occhi appena.
Sei qui? Sorrido appena.... e sottovoce:
“Grazie”.
“Di cosa, amore mio?”
“Di avermi riportato giù...”
“Non potevo fare altro che questo, non respiravi più.

E non potevo pensare di restar
...senza te.
 

Amore a pezzi

ci incrociammo in ascensore
gli sorrisi attraverso lo specchio
lei arrossendo di falso pudore
ammiccò strizzandomi l’occhio
 
non credevo a siffatta fortuna
e studiando la mossa pian piano
carezzavo tra le cosce la duna
poi scendemmo allo stesso piano
 
infilando la chiave nella toppa
l’invitai ad entrare nella casa
mi accorsi così che era zoppa
che metà della testa era rasa
 
affettando un sorriso demente
l’afferrai per stringerla un poco
nel baciarmi lei perse un dente
ma mostrò di stare al mio gioco
 
continuai alquanto sorpreso
scivolai con la mano sul seno
il mio corpo mancò contrappeso
e svitato lo ritrovai in mano
 
il mio viso sbalzato così in basso
inciampò nel suo ventre disfatto
dentro me pensai forse adesso
se io scendo mi diverto da matto
 
alla fine arrivai al traguardo
ma contando i pezzi d’intorno
non alzai neppure lo sguardo
e aspettai l’arrivo del giorno
 
dell’amplesso raccattando le ossa
quella notte passai lunghe ore
quell’amore mi diede la scossa
ma non presi mai più l’ascensore
 

Limerick (conventuale)

 
non sbaglio, con 'sta piova con 'sto vento
qui c'è un pazzo, che bussa al mio convento
su su fatelo entrare
lo voglio misurare
urla tronfio, crede essere un portento.

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