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Tra le foglie gialle del ginkgo biloba

Un pittore fiammingo scrisse: l’autunno è come un pittore.
E’ ottobre inoltrato e decido di fare una passeggiata nel bosco di pini e faggi al limitare del lago e mi sovviene questa citazione. In questo periodo, infatti  il bosco si tinge di mille colori come la una tavolozza del pittore. Le foglie dei faggi si tinteggiano passando dal verde
 vescica, al giallo cromo, fino al rosso e al bruno delle foglie secche. Bellissime Stupende incantevoli sono le foglie gialle a forma di ventaglio del ginkgo biloba. Per gli amanti della natura questo è il periodo più bello per fare delle lunghe passeggiate nei boschi del Trentino. Camminando lungo il sentiero mi soffermo a scattare qualche foto e a  fare qualche inquadratura particolare per i miei quadri.
Ad un tratto la mia attenzione è attirata da un oggetto appoggiato su un muretto di sassi sbrecciato e cadente. Da lontano non capisco di cosa si tratti, mi avvicino e scopro tra le foglie cadute caduche del ginko biloba un vecchio libro sgualcito e sporco, senza copertina. La prima pagina è bianca con delle macchie e delle impronte digitali, la seconda è pure bianca, ma con una dedica: “al caro amico Oscar ” -  Ludovica B. 19 settembre 1959.
Prendo a sfogliarlo con una certa curiosità, non riuscendo a capirecome fosse arrivato fin qui, lì dimenticato o abbandonato da qualche passante disattento. Incuriosito, soprattutto dalla dedica semplice che fa pensare a una bella amicizia, controllo se vi siano tutte le pagine: sono 404. Eh,sì! Ci sono tutte; la carta è ruvida di un bel colore  paglierino. Scorro l’opera, mi accorgo che Manca purtroppo  la pagina del titolo con autore e l’editore. E’ un libro anonimo ma desta in me una forte  interesse., Sono tentato di leggere l’ultima pagina per scoprire vedere il finale, ma resisto alla tentazione perché voglio gustarlo leggendololo e scoprire così di cosa parla.
Cerco di immaginare chi potrebbe averlo abbandonato su quel muretto, forse per la volontà di disfarsene, oppure per dimenticanza.  La cosa mi intriga moltissimo, cerco di figurarmi nella mente chi potrebbe averlo lasciato proprio lì, in un posto così poco frequentato dai gitanti.
Tra gli amanti dei libri, da tempo è in uso un simpatico gioco, ispirato da una trasmissione della radio Rai3 (Farhanait), lasciare un libro in un posto particolare, sulla panchina di un parco o in una stazione ferroviaria. Non mi era mai capitato, però, trovarlo nel bosco. Viste poi le condizioni in cui si trova il nostro oggetto è poco probabile che sia questo il  gioco ispiratore.
Le poche tracce già ci parlano del suo possessore: la dedica fatta con inchiostro blu di una penna stilografica antica.
 Le impronte rivelano grosse dita, quindi grandi mani di  una persona robusta. Il libro sgualcito suggerisce che il possessore sia una persona poco curata. Nella mia mente si forma un’immagine abbastanza definita del possessore, forse è una persona che rifiuta la modernità e conduce una esistenza di solitudine e di abbandono.
E’ ormai giunta l’ora del tramonto, mi incammino sul sentiero per uscire dal bosco, cercando di immaginare come possa essere veramente la persona che ha dimenticato quel libro. Nella mia mente prende sempre più forma  l’immagine del possessore del libro dimenticato su quel muretto di sassi.
Vorrei incontralo per restituirgli quel povero libro senza copertina, dimenticato su quel muro e ritrovato in un giorno caldo d’autunno. Da come è stato conservato fin qui credo che il proprietario lo custodisse da lungo tempo, sono curioso, potrebbe esserci una storia dietro, perché conservarlo così a lungo?  Chissà come mai il proprietario dopo lungo tempo lo ha perso o dimenticato! E’ stata una dimenticanza o ha voluto disfarsene per dimenticare il passato e i ricordi racchiusi in quel libro? Ad un tratto dalle pagine ingiallite esce un foglia gialla di ginkgo biloba che volteggiando cade sulla mia scarpa, forse mi vuol dire: guarda, sfoglia, osserva troverai …di chi sono, riportami… da lui.
 
Nella prefazione trovo il nome dell’autore e il titolo del romanzo: Candele gialle per Parigi di Bruce Marshall scritto nel 1948. Il titolo deriva dal colore della cera vergine di cui sono fatte le candele usate nei funerali e nelle messe funebri solenni nelle chiese cattoliche di Parigi.
 
Romano Osele
 

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