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Guerra e amori nelle Langhe


Romano Osele
  Un pungente odore di mosto pervade tutto il paese, di Sale nelle Langhe cuneesi, si ode uno stridulo scricchiolio di ruote sul selciato, trasportano colmi e traboccanti tini d’uva e allegri ragazzi e ragazze la pigiano mentre la portano alle cantine.
Dai boschi c’é un grande andirivieni di fattori, trasportano sulle spalle le lenzuola contenenti i ricci da battere per separarli dalle castagne i noti “maroni”. Fatto questo lavoro si affrettano a presentarsi sulla piazza antistante alla chiesa parrocchiale ove i contadini vendono le castagne ai commercianti che provengono dalla pianura. C’è un’aria di allegria per gli affari che si combinano con la vendita dei prodotti della terra, questo è il periodo più atteso dell’anno, nelle famiglie si percepiscono i frutti del lavoro di tutto un anno. Si fanno regali alle mogli e ai figli con il ricavato dei campi, poi si organizzano delle feste in paese c’è grande allegria per le strade.
Non tutti gli anni però, queste persone sono felici, perché a volte l’inclemenza del tempo compromette i raccolti, per le gelate primaverili o per la grandine dei forti temporali estivi, o per la siccità, il contadino è sempre esposto all’inclemenza del tempo, lasciandolo senza quel reddito necessario al sostentamento della famiglia.
I colori della natura sono come quelli descritti dai pittori fiamminghi, caldi, allegri, vanno dal giallo al viola passando per dei rossi accesi delle foglie delle viti e al marrone delle foglie dei castagni che ormai cadono facendo un tappeto sottostante. Al mattino le prime nebbie autunnali coprono le valli sottostanti e rende il paesaggio etereo.
In autunno le colline langanesi sono meta di turisti per acquistare le castagne e il vino di alta qualità, inoltre vanno  per gustare la cucina cuneese nelle molte trattorie sparse nelle campagne.
In mezzo a tutto questo fervore popolare, due giovani stanno vivendo una storia d’amore segnata da uno strano destino che lascerà un segno per sempre. E’ destinata a non durare molto per gli eventi bellici che si preparano.
  E’ l’autunno del 1943, Mario e Egle due giovani quasi ventenni s’innamorano. I due giovani fidanzati fanno lunghe passeggiate, una domenica pomeriggio si trovano ai bordi del castagneto di Egle, si sdraiano sull’erba già un po’ rinsecchita vi rimangono insieme affettuosamente fino al tramonto.
Il giorno seguente Mario sarebbe partito per il fronte lasciando al paese l’amata Egle. Il mattino seguente, tra le nebbie dense e lattiginose delle Langhe, Egle con passo svelto, avvolta in uno scialle bianco, si reca alla stazione ferroviaria per un saluto e un ultimo bacio a Mario. Il treno parte sbuffando, una mano dal finestrino saluta con un grande gesto e fa cadere un fazzoletto bianco che Egle corre a raccogliere, lo bacia e lo infila nella tasca della sua gonna a fiori. Egle ritorna a casa con la tristezza nel cuore al pensiero di Mario e a quelle poche ore trascorse nel castagneto abbracciata a lui.
Passano i giorni e, ogni mattino Egle, attende il postino sulla porta di casa con la speranza di ricevere una lettera, passa molto tempo prima che arrivi una missiva da Mario. Le notizie dal fronte non sono sempre buone, scrive che l’indomani partirà per il fronte russo.
   Intanto la vita a Sale trascorre con molte difficoltà causate dalla guerra. Mancano le derrate alimentari principali, vivono dei pochi prodotti della terra che riescono a coltivare con difficoltà per la mancanza delle sementi. Le persone girovagano per i campi da coltivare con la preoccupazione dei bombardamenti. I timori della gente aumentano, si cerca invano di non mostrare la paura, i pensieri si arrovellano intorno al perché di un’esistenza cosi incerta senza futuro. Il pensiero e le preoccupazioni per i figli e i mariti partiti per il fronte, in molti in paese si chiedono se saranno ancora vivi: Giuseppe, Leonardo (Leo), Luigi, l’angoscia di Egle per la sorte di Mario aumenta. Da molto tempo non sa più nulla di lui, dal fronte russo giunge ogni giorno notizie di soldati deceduti anche di Sale e dei paesi vicini.
Passano le settimane e i mesi e di Mario non si ha più alcuna notizia, Egle se ne fa una ragione, le speranze di rivedere il suo amore sono sempre più flebili fino a scomparire. Lei è una bella ragazza giovane, molto corteggiata dagli uomini di Sale, non sarebbe giusto nemmeno attendere ancora molto tempo per costruirsi una sua vita.
Gli eventi si susseguono e nel 1945 si va verso la fine della guerra, molti ritornano a casa con le loro ferite di guerra, altri non fanno più ritorno e non si sa più nulla della loro esistenza. Si sa che la guerra procura una trasformazione nell’anima delle persone, la vita cambia, la società cambia, tutto cambia dopo un conflitto. Ci si prepara a vivere una nuova vita, occorre ora ricostruire se stessi e la stessa società civile imprimendo nuovi slanci. La trasformazione avviene in chi va al fronte ma anche in chi rimane a casa.
Mario è dato per disperso sul fronte russo, non ritornerà mai più a Sale. Da quando è partito Egle ha avuto solo tre o quattro lettere e poi più nulla da circa due anni. La guerra finisce e di Mario non si hanno più notizie.
Egle incontra nuovi amori ma ogni volta sorge il problema del piccolo Giorgio, il piccolo è nato da quell’unico incontro amoroso con Mario. Lei non ha mai confessato ad alcuno nemmeno in famiglia chi era il padre del piccolo, questo è il suo segreto che custodisce gelosamente.
Egle però con il passare del tempo dimentica il padre della sua creatura e si innamora di Leonardo (Leo), amico di Mario partito con a lui per il fronte, fortunatamente è da poco tornato a casa. Egle in passato aveva già avuto un piccolo flirt con Leo, in breve tempo finito. Ora lui è diventato un bell’uomo, interessante, colto, non ricco. Il genere di uomo che lei ha sempre sognato di sposare. Ora si sorprende a pensare che Mario sia stata un’infatuazione di gioventù, e che come ricordo di lui le è rimasta  la gioia di essere divenuta madre. Non sono state poche le difficoltà da lei incontrate nel ruolo delicato di ragazza madre.
Ora che l’incontro con Leo assume aspetti più importanti si presenta la necessità di dichiarargli la verità sul piccolo Giorgio. Il momento è molto difficile per la continuazione del loro rapporto, ma Egle crea l’occasione propizia e comunica a Leo di avere avuto  un figlio  dal suo amico Mario. Dopo un inevitabile momento di imbarazzo e di confusione mentale Leo fa chiarezza in se stesso,  poi tranquillizza Egle ed accetta la presenza del piccolo Giorgio nella loro relazione. Con il tempo i loro sentimenti si consolidano e Leo chiede la mano di Egle. La presenza di Giorgio non crea alcun problema alla coppia e il rapporto si avvia sul giusto binario dell’amore vero.
 
Dal fronte russo fanno ritorno anche le ultime compagnie e tra queste c’è pure Mario. Al suo ritorno dalla prigionia, è frastornato, senza lavoro, con problemi di salute. Decide di non ritornare più a Sale nelle Langhe e di fermarsi a Milano, cerca subito un lavoro, frequenta le scuole serali e ottiene il diploma di ragioniere. Questo non gli basta, si iscrive all’Accademia d’arte di Brera per assecondare la sua vecchia passione della pittura fin dalle scuole medie.
E’ ignaro di quello che è successo dopo la guerra a Sale, ma non gli importa di saperlo, il passato non ha più interesse per lui. La guerra lo ha reso sprezzante, arcigno e duro. Il suo carattere pacifico e dolce si è modificato a causa delle sofferenze e privazioni subite durante il conflitto bellico.
Lui e pochi altri sono ritornati dalla prigionia in Russia. Mario non vuole parlare mai del suo passato. E’ solo preoccupato di costruirsi un futuro. La sua passione per l’arte lo porta a interiorizzare il dolore e a trascriverlo nei suoi quadri. La sua arte inizia a procurargli delle soddisfazioni  anche di ordine economico. Fa delle mostre a Milano e in tutta Italia.
Trova un nuovo lavoro alla Pirelli Bicocca e lì incontra la ragazza che qualche anno dopo sarà sua moglie. Da questo matrimonio felice però non nascono figli, questo sarà un problema serio per la coppia, e purtroppo Luisa dopo una lunga malattia muore dopo pochi anni di matrimonio. Mario rimane solo. A volte la sua arte non è sufficiente a riempire il vuoto lasciato da Luisa, lei era una donna dolce e amabile che si era interamente dedicata a lui,  aiutandolo nello studio che da poco aveva preso in affitto. Si occupava lei delle trattative con i clienti, in quanto Mario con il suo carattere un po’ burbero non era adatto. Ora aveva una clientela selezionata che investiva in quadri, questo li aveva procurato un certo agio economico.
 
Nel frattempo a Sale, Egle e Leo si sono sposati e hanno avuto tre figli loro oltre a Giorgio due maschietti e una femminuccia: Mario, Dario e Luisa. A uno dei figli è stato dato appunto il nome di Mario perché qui  nessuno lo ha dimenticato.
Le vite di Egle e di Mario scorrono su strade lontane e diverse, forse talvolta un debole ricordo riaffiora ancora nel loro cuore,  anche se tutto si è ormai sopito con la lontananza.
Il tempo trascorre tra vicende alterne per entrambi, i figli di Egle diventano grandi, studiano ed entrano nell’azienda di Leo, una piccola fabbrica si attrezzature meccaniche per la campagna.  Raggiungono un evidente benessere economico e la cosa rende felice e orgogliosa Egle, ma come succede nella vita di ognuno, le disgrazie si presentano alla porta, così un giorno Leo viene colpito da infarto e muore sul suo posto di lavoro.
Lei rimane sola ha i quattro figli che la aiutano a portare avanti l’azienda si curano di lei e le stanno vicino e la sostengono, la scomparsa di Leo ha lasciato dentro di lei un grande vuoto. Il loro era stato un grande amore.
 
Dopo molti anni, oltre una quarantina, avviene una fortuita coincidenza che probabilmente è stata tracciata dal comune destino di Mario e Egle.
Mario diventato un pittore di successo, vive solo per la sua pittura in un elegante atelier di Milano; un giorno il suo gallerista gli propone di fare una mostra  nelle Langhe senza specificare il nome del paese. In un primo momento lui rifiuta categoricamente, poi ci ripensa e accetta.
Dipinge affannosamente per almeno sei mesi, è stanco e i suoi 80 anni non sono di aiuto, deve preparare le opere per la mostra nelle Langhe, ora senza Luisa deve fare tutto da solo. Nota che sta vivendo un rigurgito di ricordi della sua terra natale. Come non amarla, come essere indifferenti al suo richiamo.
Il lavoro è molto, un amico pittore lo aiuta negli ultimi giorni precedenti  la vernice a preparare le tele e i cavalletti occorrenti a supportare i grandi quadri. Con la sua macchina intraprende il viaggio verso Sale e contemporaneamente fa un viaggio a ritroso nel tempo. Nella sua mente affiorano tanti ricordi che credeva dimenticati.
Viene il tanto atteso giorno dell’inaugurazione, il timore del giudizio e l’ansia preoccupano Mario, soprattutto teme il giudizio della sua gente; perché in fondo al suo cuore non l’aveva mai scordata. Lontano da molti anni si sente stringere il cuore a tornare nella sua terra, che forse non ha amato per il passato e che ora sente riaffiorare prepotentemente dal suolo le sue radici. Un freddo sudore sente scorrere lungo la schiena, la fronte è imperlata di gocciole di sudore, sente uno strano tremolio nelle gambe.
Ormai tutto è pronto, si aprono le porte della galleria ospitante, molta gente è stata invitata da tutti i dintorni. I suoi quadri appesi al muro verniciato per l’occasione di nero, sono grandi, con colori forti, imponenti nella raffigurazione, una pittura materica, astratta, cruda. Una pittura che ti scava dentro e ti scarnifica. Emerge il dolore vissuto con alterità, domato dal pennello di un artista che vive con intensità la vita che trasmette sulla tela.
Un grande buffet è stato preparato con i nobili vini delle Langhe, con dolci di castagne e salumi tipici di Saluzzo, molta bella gente si aggira tra le colonne della Galleria Van Gogh. Molta impressione desta la pittura dell’artista, alcuni chiedono sue notizie ma egli rifugge dal parlare con gli ospiti.
Tra l’entusiasmo del pubblico che si complimenta con lui nessuno ha riconosciuto il proprio concittadino, il tempo aveva cancellato molti dei suoi caratteri principali nascosti da una folta barba bianca, inoltre quasi mezzo secolo era trascorso e molti non erano ancora nati quando lui era partito per la guerra.
Sulle locandine apparse in giro per il paese il pittore si firmava con uno pseudonimo “Torquato” quindi il nome non dava traccia del vero personaggio presente.
La sua voce però non era di molto modificata, una anziana signora che passava davanti alla sua poltrona non smetteva di fissarlo incuriosita.
La vecchia signora era accompagnata da un signore di mezza età, mostrava della curiosità, ma anche il pittore sentiva un’ansia insolita al cospetto di quella vecchia signora e uno strano nervosismo lo pervadeva sentendosi fissato da lei. Fino a quando il signore di mezza età (Giorgio) che l’accompagnava, si avvicinò al pittore per avere alcune informazioni sulle sue opere; è allora che nella mente di Egle si fa spazio l’idea che lei quel signore con quella voce non le era sconosciuto. Con molta grazia la signora chiede al pittore se ricorda un luogo chiamato S. Sistino, un castagneto appena fuori paese.
Questo accende una luce improvvisa nella mente di Mario che riconosce Egle di prima della guerra. Il momento è molto emozionante; i due si riconoscono e si abbracciano; nessuno dei due riesce a trattenere un pianto dirotto, i volti sono inondati da copiose lacrime miste a gioia e dolore, portati alla superficie da questo inaspettato incontro.
Per tutti giorni di apertura della mostra i due anziani signori non si sono mai lasciati, vanno insieme a pranzo e a cena come due giovani fidanzati. Si sono raccontati la loro vita, i loro dolori e i loro amori, senza tralasciare nulla del loro intimo. Mario dai racconti di Egle intuisce che evita il discorso dei figli ma soprattutto del più anziano. In lui aleggia un certo sospetto, non vuole ferire Egle con una domanda diretta, cerca di scoprire di chi è quel figlio. La porta sul discorso del loro primo e unico incontro ai bordi del castagneto, le fa dire la data di quell’incontro d’amore indimenticabile per entrambi. A questo punto Egle confessa a Mario che il figlio Giorgio lo ha avuto da lui, quindi egli ne è il vero padre. Lei nelle lunghe lettere che gli inviava durante la guerra non aveva mai proferito parola del figlio.
Un pianto dirotto coglie Mario, pensando alla scelta fatta di non tornare al paese ma di rimanere a Milano, lui che non aveva avuto figli dalla moglie non poteva sopportare il dispiacere per esser stato privato della gioia di un figlio.
Un suo sguardo severo, quasi di disprezzo, colpisce Egle, lei si allontana un poco trattenendo a stento il pianto, poi fa per avvicinarsi a Mario per consolarlo del suo dolore, ma lui un po’ stizzito la allontana nuovamente.
Passano pochi giorni senza che i due si vedano, finché con una telefonata Mario chiede di incontrarla nel tardo pomeriggio proprio ai bordi del castagneto di S. Sistino. Egle si presenta elegante come lo è sempre stata, il suo stile è ancora piacevole, dolce nei modi. Vedendola Mario la abbraccia, la bacia sulla guancia e la invita a salire sulla sua Alfa Romeo rossa per andare a cena. Era chiaro il fatto che la aveva perdonata del lungo silenzio di tutti questi anni, importante era parlarne ora per chiarire.
Dopo la cena si appartano all’angolo del Caffè per parlare ancora di loro poiché all’indomani la mostra si chiudeva e Mario rientrava Milano.
Verso le 22 Mario l’accompagna a casa per la prima volta, la saluta e le dà un tenero bacio sulla guancia. Egle entra in casa ma subito si affaccia alla finestra del salotto per mandare un ultimo saluto a Mario. Da un cassetto estrae un fazzoletto bianco e ritorna alla finestra ma ormai Mario era salito sulla sua Alfa Romeo per recarsi all’albergo. Lei aveva custodito per mezzo secolo quel fazzoletto lasciato cadere dal finestrino del treno in partenza per il fronte. Il giorno seguente Mario ritorna a Milano con i suoi quadri rimasti della mostra.
Passa del tempo e le telefonate Milano - Sale si infittiscono di giorno in giorno, i sentimenti dei due sono sempre più intensi, hanno entrambi la voglia di rivedersi come due ragazzini, nonostante i loro 80 anni. Un giorno Mario invita Egle a Milano a casa sua, lei titubante accetta l’invito e si reca a Milano. Visita il suo studio di pittura, poi si reca nel suo attico rivolto verso il Teatro alla Scala. I giorni seguenti gli fa un po’ di ordine in casa, comprensibile è il disordine di un uomo che vive da solo. Con il passare dei giorni si vivono una serena convivenza, che prosegue in per qualche giorno. Questo getta le basi per un rapporto di più duraturo. Viene il giorno che Egle decide di tornare a casa dai suoi nipoti e dai figli.
Alla partenza da Milano, sul predellino del treno Egle saluta Mario e lo bacia teneramente, a questo punto Mario fa una richiesta a bruciapelo: Vuoi sposarmi? Lei lo guarda e sorride, vorrebbe abbracciarlo ma in quell’istante il treno si muove impedendole di dare la risposta. Il treno non è ancora fuori dalla stazione che Egle invia un sms con un grande “SI”.
I mesi successivi passano lesti e pieni di sorprese, gli acquisti per addobbare la casa di Egle, le continue visite delle amiche pazzamente incuriosite dal nuovo evento, il trambusto è notevole. Egle e i suoi figli e nipoti dedicano il loro tempo per preparare i documenti e tutti gli altri preparativi, ordinare il ricevimento e la festa con la musica al ristorante “da Ottilia”.
Arriva il giorno fatidico, i due ottantenni si presentano sulla porta della chiesa di S. Pietro e Paolo, entrano, lei in uno splendido completo grigio perla accompagnata dal figlio Giorgio, e lui, il pittore stravagante, in un gessato scuro all’occhiello un grande fiore bianco e in testa un Borsalino color panna a tese larghe. Davanti a don Luigi, il parroco di Sale, un comune amico d’infanzia dei due, pronunciano per la seconda volta il fatidico “sì”. L’emozione dei due sposi è grande e non riescono a nasconderla, anche tra gli invitati scende una lacrima di commozione e di gioia. Escono dalla chiesa tra uno stuolo di amici che fanno ali per lasciar passare i due sposi tra un fragoroso battimani e il tradizionale lancio del riso ben augurante. Gli sposi si avviano al ricevimento con la rossa “Alfa Romeo sprint” di Mario. Ora Mario si trova padre si di Giorgio ma anche di Mario, Dario e Luisa, felici di avere ancora un padre.
Il giorno della cerimonia molti amici commossi e uno stuolo di persone curiose si fanno intorno a loro per festeggiare.
Per uno strano destino, si era avverato un sogno e un’unione rinviata da mezzo secolo!

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