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Descrittura

(Radici)

Ora mi chiedono di spezzare l’accordo
che sento si muove da solo. Traversano
irrequieti sorrisi il limpido fonte del verso
che gelidi chiudevano labbra. A conforto
solo gli occhi in cristallo che muti muoveva
su spuma di grano, una bambola ammiccando.
Fu perché le radici impararono a scegliere
fra roccia e terreno ch’ebbi salvo il ritorno
di un rigo di pioggia. E tu eri lì, nenia follia
tristemente cullata, in silenzio imparavi
a muovere l’aratro come dita nell’anima:

 
 
(S’è insediata nel mio corpo la-mor..)
 
 
E più non dico, non posso cantare se un nero profumo m’inonda la gola.
Navigò Ulisse, nel mantello nascosti due grumi di sangue
cercando la brace di un cieco a Berlino confuse parole nel fumo:
ma” stese la fune, non ritrasse la mano”… lamentando di pietra su pietra
 
 
(Tra le dune del cervello \ha issato la sua bandiera vittoriosa…)
 
 
E cosa poteva saperne Tiresia se nei dadi è la sorte,
se l’alba si cuce sul morto trifoglio! Potei solo sentire
il peso irriducibile del legno fradicio, immemore del principe,
lo strappo acuto d’osso alla carne.
Ero lì che potevo soltanto sconvolgere
il calcolo inumano, con segno di niente ingannare giganti.
Mentre il volo a spirale nutriva il mio nido:
maciullato da cingoli vivi, gestiva una fede il ritorno
ma il cavo respiro gridava purezza ancora agli ‘80.
 
 
(Nel suo stomaco immondo\ non ci sono consolazioni,)
 
 
Come posso sostituire con esatta misura,
abbellire il frantoio di ali,
il rumore sottile di ossa sul sasso e dal sasso
spuntare erba macera cortei di rosso bandiera.
 
 
(né avanza qualcosa della mia coscienza!...)
 

Tagliava ghigliottina ancora teste a farfalle
e due ali enormi indossavo al dirupo.
Il cesto ritraeva inorridito le mani.
Se vuoi volare, se vuoi fuggire non ti stare vicino al caldo del Sole.
Ehi! Ritagliato a cubetti la luna posava quel Muro una notte d’estate.
Correre, correre luccicavano le baionette in baleni parole
del Mondo scucito dalle sue bramosie:
 
 
(Scocca l’ora, è questa. No.\Fra qualche istante verrà a beccare\l’avvoltoio.)
 

Signore, tra le mie rovine è il cuore.
Signore, io non so più che parole scolpiscono il dolore.
Signore! Non è sazio lo stomaco del nulla!
Ma una polvere stride sommessa costanti:
“I fucili del signor Tse-Tse riappariranno sempre uguali,
nella sua esagerata uguaglianza raddoppia il peso delle stazioni,
triplica il prezzo del grano, selezionerà naturalmente gerarchi
sogneranno fuochi a salve nel sonno della guerra fuori tempo.”
Mi trovano ragazzo le grida vendetta,
l’abc entusiasta di gloriosa cavalleria
è lanciata contro i panzer del signor No.
 
 
(Né avanza qualcosa della mia coscienza\Ma tutto, tutto si frantuma in sterco!)
 
 
Lotta di classe ribolliva nei cartelli e tracce di Pollicino,
ad arte lasciate nel fumo del sonno, riportarono indietro
le lame sguainate da spalle. Imparai a, coprirmi di stracci
nel risucchio del soffio, trovare il costante respiro
che seccava aurore nel prato:in moto con me
verso foibe già pronte ti volevo, mia dolce, ma non sapevo.
Spiegasse ora la termodinamica come cambiare questo verso:
 

(Quanto ti ho amata non conta\nè rimane un poco delle mie illusioni
\ma tutto, tutto si dissolve in niente)
 
 
Mi spiegasse qualcuno come dirmi che
nel vuoto morire di bruco fluisce la mia tenerezza,
senza rimpianto, senza disciplina,senza furie tra i capelli,
posso solo giocare a roulette,
scoordinato da Dio posso solo lottare, tra lame al confronto,
di favilla brillare sull’orlo di un blob.
 
 
Ma ti volevo, mia dolce e niente sapevo!
 
franco 2010
 

 

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