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Un nuovo amico

Una tecnica che adotto per spurgare la mente da suppurazioni infette, è spostare gli oltre seicento libri sparsi per casa, ricollocandoli una volta in ordine di colore, un'altra ancora di dimensioni, casa editrice, autore e così via. Mi piace questa attività…è rilassante. Ora, in una di queste "sedute", ho tra le mani il libro di Fred Ullmann, “L’amico ritrovato”, mi ricordo di te, che me lo regalasti, circa dodici anni or sono. Il tuo pensiero crea un sorriso sulle mie labbra. Tra le pagine ancora il tuo biglietto: le tue labbra rosse stampate su un tovagliolino del bar ove eravamo soliti augurarci la buona giornata, offrendoci la prima colazione, una mattina io ed una mattina tu. C’è anche il tuo numero di telefono. La curiosità è tentatrice. Dopo la nostra storia da adolescenti trentenni, non ci siamo più sentiti. Tra le pile di libri, digito ed invio. Qualche squillo e una voce. Non mi pare la tua, ma…”Ciao, chiamo dall’oltretomba…sono Andrea”. “Ciao…che…che sorpresa…quanti anni…”. Ti spiego il motivo occasionale della telefonata. E tu: “Sai…non sono più quella persona…ci sono stati cambiamenti…” “Cambiamenti? Che vuoi che sia…io cambio ogni minuto…”. “Sempre come allora, eh? Mai parlare sul serio, sempre a mettere a proprio agio gli altri…senza pensare troppo a te stesso…Come stai?” “Bene, benissimo…sempre nei miei marosi sentimentali, come allora…” - poi a bruciapelo – “Che fai questo fine settimana? Ci vediamo? Non dire di no!” Insistendo, accetti. Ci vediamo a Firenze. Vivi lì, ora. Attraverso l’Appennino giungo a Santa Maria Novella. Ti cerco nella confusione del via vai generale, pari a quello di certi formicai eccitati. Hai detto che mi riconoscerai tu. Nell’atrio brulicante con la borsa in mano e lo sguardo perso, una mano si appoggia sulla spalla. Mi volto e…ohi…Il sorriso lo riconosco immediatamente, ma il contorno... Ti bacio sulle guance e sento il tuo odore, anche se…Vedi il mio stupore e, per infrangere quella mia paralisi linguale, dici: “Ebbene sì…!”. Ed io, con una luce negli occhi, di cui anche tu comprendi il significato ancor prima di me: “Ora capisco perché quella volta…nel tuo letto…” Mi prendi la mano e mi porti da te. Le pareti dell’appartamento sono tappezzate delle immagini dei tuoi viaggi. In un angolo, su una mensola, ripiena di tartarughe di ogni foggia e materiale, c’è una nostra fotografia al castello di Torrechiara. Mi guardi e mi dici: “Gli amici sono amici”. Mi avvicino e ti abbraccio. Le nostre labbra appoggiandosi, si aprono, si chiudono, l’umidità aumenta. Ci spogliamo e ci troviamo nudi sul tappeto. Le tue mani su di me. La tua bocca su di me. Non sono stupito o impaurito…sono a mio agio…con il mio nuovo amico, nuova forma della mia amica. La mia risata finale è contagiosa. Sudato, sfinito, ma felice ti rivolgi a me: “Non cambierai mai. Sei sempre quello che mi faceva divertire”. Mi baci.

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