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Un sogno tutto vero

 
I sogni sognati non sono mai i sogni che realmente viviamo.
Da bambina, troppo piccola per saper leggere, amavo scrivere.
Lo zio di famiglia, medico,un omone grosso e dalla faccia simpatica, ogni volta che andavo a trovarlo con la nonna, mi regalava le sue agende usate, tenute accanto alla stufa per essere bruciate.
Amavo sfogliare quelle pagine dal  buon profumo della sua pipa e non vedevo l'ora di arrivare a casa per entrarvi dentro.

Ogni pagina, scritta con inchiostro rosso di penna stilografica, era ricoperta di parole perfette, disegnate ad arte, come un prezioso ricamo.
Quei segni incomprensibili mi trasmettevano la voglia di scrivere e tutte le righe vuote erano il mio regalo. Più righe vuote trovavo, in ogni pagina, più scrivevo.
Le mie stelle filanti....wwwwwwwwwwwwwwww erano parole..wwwwwwwwwwwwwwwwww parole che raccontavano storie... wwwwwww storie fantastiche, storie che avevano la verità del sogno....wwwwwwwww storie di sogni veri....wwwwwwwwwwww  ed ero felice.
Mia madre mi chamava ed era doloroso distogliermi da quel gioco. Scrivevo in tutte le pagine di quelle agende, diventavo veloce, prendevo padronanza dei segni e mi divertivo, volando sulle righe.
Scrivevo al contrario...... ero mancina.
Povera Francesca! - dicevano - che disgrazia!
Nessuno mi poteva insegnare niente, tutto partiva da un punto opposto al mio, io ero opposta?  ..o forse erano opposti gli altri?
Ero sola e tutta a sinistra, però scrivevo lo stesso e a 5 anni riuscivo già bene con le operazioni...era un gioco...bellissimo.
Non andai bene all'asilo, ero complicata per le maestre, ma io non capivo.
Il primo giorno di scuola, alle elementari, la mia maestra mi disse - da domani inizierai a scrivere con l'altra mano, se non lo fai  dovrò usare la bacchetta.
Scrivere con l'altra mano? Non avevo la forza neanche di stringere la matita tra le dita.
Come fare? - Fu il mio pensiero prima di addormentarmi, quella sera.
Il giorno dopo presi le bacchettate..... e piansi!
Avevo aspettato il primo giorno di scuola con la stessa emozione di come si aspetta il primo amore, tornai a casa con la mano sinistra gonfia e dolorante.
Cominciai ad aver paura di andare a scuola, tutte le mie storie di stelle filanti le comprendevo solo io, come spiegarle agli altri?
Da quel giorno, ogni giorno, a scuola, lottai contro me stessa. Più che imparare, ( ed era la cosa più semplice) dovevo distruggere una parte di me, l'armonia del mio essere doveva essere modificata. Piangevo, nella mano destra non avevo forza, non arrivavano i comandi e la penna la passavo istintivamente a sinistra. Un giorno, la maestra, prima di iniziare il dettato, mi legò la mano al banco dietro il mio, fui costretta, cosi, a cedere alla violenza, ogni giorno e per tutti i giorni che seguirono, io, l'unica, col braccio legato dietro.
Dopo settimane di sofferenza, di mesi trascorsi a trasformare la mia natura, piano piano cominciai ad abituarmi. La mia scrittura, con la mano destra, divenne incisione. Per poter fare i segni, dovevo fare forza e in questo modo riuscivo a lasciare il segno delle lettere fino alla settima pagina.
Le mie pagine scritte si potevano leggere con i polpastrelli e gli occhi chiusi, passando la mano sul foglio era tutto un rilievo di parole.
Nella pagina successiva, spesso non riuscivo a scrivere, il foglio sembrava già scritto. Passarono gli anni, fui costretta, allo stesso modo, anche a colorare. La mia maestra andava orgogliosa del risultato, i miei genitori, orgogliosi di me, per esserci riuscita.
Nessuno si preoccupò della violenza, di come fosse stato brutale farmi sentire diversa nell'essere me stessa.
Potrei fare un trattato sul mancinismo e di quanto sia devastante modificarlo. Mi mancano le mie stelle filanti wwwwwwwww le storie che riuscivo a passare con quelle girandole d'inchiostro wwwwwwwwww ripetute all'infinito. Sogni interrotti da chi credeva di volermi bene, un percorso chiuso per sempre.
Non ho vissuto un giorno senza desiderare i miei sogni, le mie storie, le parole di stelle filanti.  Ho sempre aspettato di riprendere da quel punto in cui sono state interrotte. Aspettare la sera per scrivere, rimandare al giorno dopo per non deludermi. Aspetto il tempo e rivorrei la mia mano, era quella che mi avrebbe srotolato le storie e i sogni pensati al contrario.
 

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