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Il mio futuro con te

 
Tu, amore mio,
che mi domandi sempre
di parlarti del nostro futuro!
Oggi voglio scriverti cosa
veramente penso.
E perdonami se parlerò
di presente e di passato
costruendo metafore su metafore,
confuse immagini nei tempi
e similitudini allegoriche
tra strofe e passi,
righe in rima nei modi
e scioglilingua poetici
a cavallo tra poesia e prosa
(come fosse un gioco che mi riesce
perché mi ci trovo
come un gatto sul tetto).
 
Sai… anche noi
camminiamo sullo stesso bordo
al ciglio delle stesse tegole
scosse, sempre mosse
legati da un’unica mano.
E sul foglio, di questa
carta che vola
agli spesso imprevisti
vortici dei tempi,
sta scritta la poesia
della mia vita con te.
Ma troppo dentro
questo soffio di vento stiamo,
che a volte ne ho paura
io stesso… viverlo.
 
In questi pochi
attimi di vita
di questi prossimi
infiniti anni con te,
a volte immensi amori perduti
e sogni infranti
come fantasmi vagano
e uniche sono le mobili
parvenze che vagamente
a volte compiamo
(strade di gesti che lastrichiamo
d’inutili parole).
Perdiamo la storica memoria
persino difficile a dimenticarsi
dal tanto male
di olocausti compiuti
ed erigiamo
approssimative scuse
o ci accontentiamo
di un suono mediatico
e di una lacrima
che scivola facile
… o del falso sorriso
dello stupido al potere.
 
E per le occasioni uniche perdute?
A volte, in quel caso,
un insulto sta a difenderci
o un sussulto sta ad amare.
Ma il tempo passa e grava
presente nel sogno
di un istante
nella paura di sempre,
nell’atavico rispetto
per la Signora,
solo perché prima o poi
busserà alla nostra porta
e non per altro.
Quindi per lasciare qualcosa:
scriviamo,
e come sempre io scrivo,
e ci domandiamo:
dove andiamo?
Perché dobbiamo?
E senza una vera risposta
ci sentiamo così
come adesso siamo…
una povera pietra che rotola.
 
Per non doverci pentire
e al peso del cuore
non riuscire mai,
continuamente provare
lasciare nulla di intentato.
Destinati a non vedere
legata alla precedente
la nuova generazione
che resta eternamente
legata a identici sogni:
ma distruggere
pur di ricominciare a costruire
sulle macerie di chi ci ha lasciato,
ma non prima di aver gettato,
irriverenti, il sale…
sull’appena consegnato.
Figli contro i padri
o lotte perdute
così diabolicamente ripetute.
E poi le nuove invenzioni:
bambini clonati,
DNA di animali estinti
o dittatori riabilitati
o peggio: perdonati.
Sesti inutili di quarto,
sono i nostri segni per il futuro,
giovani per sempre, ci obbligano,
ma lignite nel tempo siamo
e spurie di vuoti
e antitesi di sintetiche tesi,
inutili di passaggio.
Ma cosa succede?
Dove si corre?
Cosa si vuole?
Cosa ci spinge?
 
Come ti ho detto prima,
ho ancora un peso
che grava sul mio cuore:
un sogno impazzito
in un buio tradito,
un sorriso scavato
in una ruga di lacrima
per quell’uomo che parla
e non ascolto
che comincio a sentirmi uscire
da dentro…
ha le braccia ancora tese…
non lo vedi?
Eppure, gettano ancora aceto
sul suo viso
e a volte mi domando
se si sentiva anche lui così
come mi sento anch’io a volte,
qui solo,
come quando tu non ci sei
… una povera pietra che rotola,
inerte, nel vuoto
di questo abisso.
 
Quindi la mia risposta
è questa, Isabel:
ho la fortuna
che ancora sono vivo!
Pronto come sempre
dentro me a continuare
e affrontare gli imprevisti improvvisi
che pur sempre appeso
a questo vuoto,
sotto al tetto del tempo
che deve ancora passare
prima che la Signora
bussi alla nostra porta,
impagabilmente continuerò a scrivere
questa poesia
in tutti i miei gesti,
accompagnandoti finché potrò,
nei miei sorrisi e nelle traversie
io ci sarò,
sulle ali di questo straordinario
gabbiano in volo
che è la mia vita…
 
la mia vita e il mio futuro …con te…
 
 

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