si amplifica il rintocco dell’acqua,
un campanile che pronuncia il coprifuoco
e sparge l’eco nelle profondità,
dove i galeotti fantasma
ormai affondati si nascondono.
seduta sul bordo del mio peschereccio,
con il sole che mi batte in faccia
e mi sbatte in faccia tutto il calore
che questa vita può dare.
Non mollo la presa,
leggera ma sicura,
della mia canna da pesca,
lascio che tutto scorra
e la corrente trascini
l’amo
con il mio cuore infilzato
verso pensieri persi,
ispirazioni a metà,
cose nascoste nelle mie profondità.
sul bordo di quel peschereccio,
creando cerchi nell’acqua
al centro dell’oceano,
perché quello che ho dentro
si allarghi, si moltiplichi,
arrivando in tutte le direzioni
come il suono
più incantevole del mondo,
dentro onde sulla riva.
Il rintocco della pioggia sull’acqua
confonde i miei cerchi ed io
non riconosco più i miei limiti,
barcollo in bilico e perdo l’equilibrio
quando il cielo esplode
in una tempesta,
non posso far altro che ascoltare
urla soppresse tuonate
da nuvole tetre,
sdraiata sull’umido pagliolato
in balia delle onde più prepotenti.
rotta soltanto
dal mio dondolare inerte
al ciglio di quella barcarola,
ed anche intorno, nell’aria,
si distende una calma, piatta,
rotta soltanto
dalla brezza del tuo profumo
che mi rincorre.
Mi ricorda
il suono che arriva
come il più incantevole del mondo,
onde sulla riva,
ma in verità
nasconde il grido
del mio buco nel petto,
del mio cuore
perso in quel mare e
appeso a quell’amo,
che esplode soltanto
nello scontro con gli scogli
per la liberazione,
in uno scroscio,
del motivo della mia disperazione.
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