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Scendi almeno tu dalle stelle

 
I
Fratello Marx, perché ci hai lasciati in quel lontano aprile
dovevi vivere per sempre aspettare un po’
quantomeno illuminarmi su ciò che vedo arrampicarsi agli scaffali
mani indipendenti dal cervello
automi senza serie cercare luminarie
accontentarsi delle briciole di un addobbo
uno schizzo d’acqua invece della neve
 
cinese –dicono- come il grande timoniere
io lo ricordo quello lì
conservo in naftalina il suo pensiero
a guardia due o tre tarli armati fino ai denti
che nessuno tocchi il Libro Rosso
citazioni dalle opere
la contraddizione principale
l’alleanza con Chiang Kai Shek
tigre di carta
sul comodino
ed i figli a giocare con le sue mascelle
 
tu che guardi dai manifesti così tronfio
non sapevi delle ciotole di riso e delle Barbie allucinate
ti vedi ancora e ti sputi addosso e poi sbatti la testa contro un muro
perché pensi di aver perso l’occasione
il vecchio capitalismo fatto a pezzi
ma è qui che dovevi rifiorire in un fast food tra la gente che trangugia
passo dopo passo la mercificazione
in un boccale l’alienazione
il carattere di moplen in una smorfia
e la conferenza permanente sull’essere numerico
in un badge del tutto o niente
e fanculo
l’umanissima dittatura del proletariato
 
-E tu che fai? Sembri mi voglia chiedere
 
Io aspetto uno che sistemi l’Escher 
di scale mobili e veneri cubiste
metterle a Citera non sarà facile ma vorrei
trovarmi pronto nella tomba degli atridi
ah, datemi quella maschera che combatta a Troia o con un gallo alla corte di Filippo
Quale non importa basta che ce ne sia uno combattivo razza libera
Una lunga marcia da sognare un divano per dormire
e non morire così di sfiga
numero in fronte
occhi sbarrati di un manichino
 
II
Benedetto Marx, qui dovevi stare 
Vedi tu stesso come siamo ridotti
adesso che ci resta poco o niente e…ci si affida alla poesia
manco a dire: Majakowskij 
solamente quel belletto che commuove di cipolla
 
- Cosa vuoi cambiare se temi la vendetta del tuo water?
prendi piuttosto il tuo Apollo e affogalo in una spuma di Marsiglia
dopo torna a riesaminare il bisturi attaccato al sole di dicembre
Non è un caso che perda sangue come una pulzella
né che mostri il fianco dolce
al quasi seno e succhio dell' amante bianca
sarà il riccio di castagna
a guidare il sottosopra delle guardie rosse?
 
E che fare con questi nasi che sempre emergono: io io io io
Occhi braccia menti muscoli tutto un masticare di formiche
tutto che fluisce a gadget e dentro al blob un’ occasione
Tutto per vincere una lotteria o porre dio in un taschino
Io non so nemmeno se Natale verrà, nemmeno è sicuro se Natale verrà
Potrò mutare nel frattempo saltellare in una padella
sostituire i miei faretti con occhi di avvoltoio
esigere un sosia che mi ragioni di questo fare circospetto
e lessi in una pentola ciò che resta dell’umano
 
qui tra gli scaffali coi bulloni che sussurrano il bisogno
s’aggira uno che necessita di niente
solo gridare oltre quell’ io che tutto chiude
e mangia e beve e si gira la stessa chiave
la stessa mandata mille volte
perché così funziona il giorno
e dentro non c’è sole né meraviglia né destino
ma tutto scorre senza assistenza
brevettato
nemmeno un intervento fuori ordinanza
 
e dentro al perno che rigira l’esterno carne
sa di genio se t’inventi una bevanda di mirtillo
battezzandolo col nomignolo “pensiero”.
 
F.P. Intini
 

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