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Il ritorno

Non sarei dovuto ritornare laggiù, lo so. Anzi, non so neanche dire come mi ci ero ritrovato. Fatto sta che tutto era come una volta e lei era sdraiata accanto a me sul divano, e amoreggiavamo con leggerezza, come allora, senza troppe domande, né indugi. La sua casa era, come allora, immersa in una tenue luminosità, resa crepuscolare dai lunghi tendaggi che adombravano la veranda. E si sentiva, come un tempo, la voce di mio fratello che scherzava con gli altri nell’altra stanza. E proprio quando quel lieve amoreggiare, come un fiore che s’apre, inclinò al piacere, ecco, lei con uno scarto improvviso, come del resto avveniva sovente, si lasciò cadere fuori, traendomi in quell’”antica” ambiguità, ove non riuscivo a sceverare tra la sua presunta volubilità e una mia qualche inadeguatezza, invece, che l’avesse punta o offesa.
Ma anche questo rientrava in quel quadro “antico”, in quel “ritorno” d’azzardo, un po’ irrazionale, in cui stazionavamo come “clonati” in una iconostasi improbabile, una scheggia di ricordi irreparabili cui il tocco divino avesse apposto il carisma dell’eternità. Ma mi tormentava l’enigma di quell’amore che tornava per tornare ad essere inesplicabile e irrisolto, per non dirmi mai se ero riamato oppure no.
Allora presi posto accanto a lei, accennando a quel dubbio che mi angariava, sottraendomi al lieto sapore domestico di quel quadro “antico” in cui tutti sorridevano alle facezie di mio fratello, là accanto. Così che lei mi fece cenno  come di tacere, che altrimenti l’incantesimo si sarebbe spezzato…
Il fatto è che mio fratello, cui ero affezionato come a me stesso, era già morto da tempo e sembrava che in quel frangente io e lei soltanto ne fossimo al corrente, e che, se avessimo parlato d’amore, del nostro ritorno d’amore, della nostra rievocazione del passato denso e grumoso alle nostre spalle, intriso d’amore e dolore come sangue e miele insieme, sarebbe diventato impossibile mantenere il segreto. Impossibile senza sottrarre a quel sorriso fluttuante la sua lietezza e cangiarla in lutto.
Ma questo colloquio segreto mi riportò a terra, riconducendomi all’incombere del dramma che pesava già sulla tristezza di quell’amore dato e tolto a fasi alterne.
Così, rivolgendomi solo a lei, e gli altri erano di là che ancora ridevano, dissi: - Ma allora siamo di nuovo lì! – Quasi gridando, e lei mi guardò sconsolatamente, accennando un sì.
- E se adesso è aprile, - Ricominciai, mentre sentivo le righe brucianti delle lacrime disegnarsi sugli zigomi, - fra poco sarà maggio, e il 23 maggio lui morirà… -.Feci pausa acre e madida.
Aggiunsi questo: - Me n’ero scordato, maledizione! Non si può tornare indietro! – Gridai fra le lacrime – È troppo doloroso!.
 
 

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