Scritto da © Piero Lo Iacono - Ven, 12/11/2010 - 20:59
Fammi ridere Pagliaccio!
Mezz’uomo di paglia e di farina.
Macchietta in maschera e lustrini.
Vestito di scarti e di arlecchino
Va’! Salta sulle scene!
Doma la ribalta!
Diavolo di lazzi e capriole.
Acrobata di inezie e frizzi.
Caduto qua nella fossa della gente.
Nell’imprevisto vuoto di posa e di potere.
Ma cos’hai stasera così mesto e tonto?
Imprigionato in quella pittura di guerra
come dentro una corazza di protezione?
Che affanno? Che pensier t’atterra?
Forse adesso hai scoperto che sei brutto e nano?
O forse la ballerina che amavi
t’ha lasciato per fuggire col mago?
Non devi pensare!
Non fare il filosofo!
Per divertirli t’hanno pagato!
Chi pensa invecchia.
E i comici invecchiati
verranno presto licenziati.
Che gioia se qualcuno laggiù ride!
O quando applaudono festanti
al tuo nome e al tuo numero graditi!
Ma stasera tu stai male.
Come da un feretro di vetro detenuto.
E devi durare, continuare, per forza,
a trascinare sull’arena il tuo soma
di malessere e di pena.
Ah la nostra schizofrenia!
Tragedia e Allegria.
Pianto e Riso.
Alba e Tramonto
d’uno stesso ardore fatti.
Anche se muori non si deve vedere.
Avresti dovuto bere prima di andare in scena!
“Vesti la giubba e la faccia infarina./ La gente paga e rider vuole qua./….Tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto;/ in una smorfia il singhiozzo e ‘l dolor…” (Ruggero Leoncavallo, “Pagliacci”, 1892)
28-12-1989
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