Scritto da © Massimiliano - Mar, 14/02/2012 - 12:28
Il bicchiere che la sete
t’ha placata ieri sera
ancora è lì dov’era a reclamare
labbra e le gocce chissà chi
ad attendere, chissà cosa a sperare
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Mi guardo le mani e mi sovvieni:
mi sovvieni che vai,
mi sovvieni che vieni.
-
L’ellissi orgasmica
come quella del tuo corpo:
precisa rigorosa istantanea,
non manca niente.
È la perfezione della vita:
un attimo e si rifà, invita.
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T’adoro anche
per altre essenzialità:
di gesti, di spazi, di tacchi.
Di parole.
-
(E poi, e poi dimmi,
che hai addosso
che m’inebria le nari
d’odori di rosso?)
-
Stremato ricomincerei, mi dico,
quando tu già calda
di me dormi e del primo sonno.
Ti ridisegno per non svegliarti
nella mente: m’ingegno
al sogno.
Poi t’accarezzo, impenitente.
-
Veramente dovrai star ferma stasera
mentre ti bacio e altro da capo a piedi.
“Lo sai,” arrossisci, “non riesco.” Sincera
tanto che tu, nemmeno tu ci credi.
-
Mi tocco le labbra e mi sovvieni:
mi sovviene il tuo frollo sapore.
E vorrei chiederti – dimmi,
dove vai quando vieni, Amore?
-
Dall’estremo limite dell’universo
mi risponde, acuto, un verso:
eco incomprensibile che rima
con parole altre che non so scrivere
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