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A lavorare dilata

Giuro.
Giuro, giuro, giuro.
Io una situazione del genere altro non posso che adorarla.
Tutti a faccia esposta senza scorie verso un obiettivo comune, agognato e pesantemente atteso.
La sala mensa.
Al percorrere, involontariamente costretto contro flusso, il tragitto di fabbrica fra la sirena e la sala mensa c’è veramente da divertirsi ad osservare, fantasticare ed imparare, leggendo fisionomie, data l’importanza del momento, per me sufficientemente sincere.
È comprovato.
In talune situazioni emotive si dimentica la propria versione dell’etica.
Quello è incazzato o quello è veramente affamato la superficie.
Quello ha le emorroidi grosse come meloni o quello s’è stirato i capelli con l’aperol la parte ludica.
Quello mi guarda come se cercasse un disperso di chi l’ha visto o quello non m’inviterebbe mai alla riunione del ku klux klan l’aspetto delle considerazioni, quello…
Quello di mio eviterei o invidierei appunti su style.
No. 
Non ce l’ho con i miei colleghi di lavoro.
No no. 
Anzi.
Anzi li stimo moltissimo in quanto mi stimolano e difatti filosofeggiai assai rispetto a colui che convintissimo mi confidò stasera vado a letto presto, però non sarà perché sono depresso, che stamattina m’hanno bocciato per la quarta volta all’esame di teoria.
Non sarà per quello.
E difatti il trucco di Massimo per tagliare, a mani nude, l’ostico e largo scotch di plastica da pacchi m’ha incuriosito e stupito pari mi succede di rado.
La creatività ancestrale, l’arrangiarsi intelligentemente con quello che si ha, il banale, pigro e per nulla stimolante consegnarsi inerme alla tecnologia e…
E difatti…
Difatti, nonostante il relativo poco tempo avuto a disposizione, ho già racimolato una massima lavorando in fabbrica.
A lavorare, non fosse per il lavoro, si starebbe neanche male.
Come andare per il mercato nero in capannone.
Tabacco parecchio ribassato, copertoni polacchi a prezzi stracciati, zenzero dal Marocco, cevapcici originali di contadino e varie altre mercanzie stavolta originali nei risvolti.
E che varietà d’argomentazioni per il capannone.
Vuoi l’esperto elettronico?
Basta chiedi ad uno se c’è uno.
L’eco di macchina in macchina farà il resto.
Vuoi sapere del tempo che verrà fuori dal capannone?
Ci sono, è il caso di dirlo, quantità industriali di ginocchia che tirano o d’ossa riparate o di schiene irretite, saltuariamente indolenti e, più simpatico, c’è pure l’alluce con il solletico.
Segnale questo, a detta del proprietario, assolutamente testato ed attendibile e…
E lo posso confermare direttamente.
Ci sto attento io alle previsioni.
L’ho marcato e m’ha convinto.
Sono abituato fin da piccolo.
Uno lì sul canale di fotogrammi sonorizzati che diceva una roba ed io già fuori a beccarlo in fallo.
E sempre per il capannone vuoi barzellette, confidenze piccanti, informazioni politiche, calcio e molto altro in pillole o…
O in porzioni esagerate?
A te la scelta.
Dal modico all’asceta.
Dal libertino al paranoico.
Dal casto al maniaco e…
Ed allora è un bel quiz pungente per me il capannone.
Dove ti collochi sarà scelta definitiva per gli altri ma…
Ma dove mi colloco m’è veramente difficile, che io non ho segnali meteorologici.
Non ho segnali meteorologici.
Ti tiri fuori le prerogative e le persone che sono in te al vivere capannone.
L’insofferenza e la capacità di sofferenza.
Il sonnecchiante e lo sveglio concentrato sul pezzo.
Il rigido e l’elastico.
Il democratico, il conformista, lo sbadato, l’oltranzista, il fissato e lo sportivo surrogato e talvolta quello vero.
Al frequentarla con la testa insomma, e per concludere, c’è da dilatare in fabbrica.
Da soppesare e da accettare e da rifiutare e da memorizzare e da conoscere e da meditare e pertanto…
Pertanto ripeto.
A lavorare, non fosse per il lavoro, si starebbe neanche male.
 

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