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Sotto questo cielo blu

La notte mi difende
come sempre.
La sua mano
copre il mio cuore
come un sorso d’acqua
un sonno ristoratore
o un gatto che fa le fusa.

Scrivo in versi
quasi sempre appollaiato
sul lato oscuro della via.
Ma a volte,
tra le curve ripide
e il pendio, mi trasformo
e scrivo ballate infinite
frasi tra musica e rime.
E da sempre,
mentre scrivo
ascolto canzoni…

il mio segreto.

Scorrono le dita
sulla tastiera che quante cose
ha scritto per me.
Quante ore dedicate
ai miei lunghi viaggi
al mio girovagare assorto
alle mie voglie più recondite.
Sfogo naturale
…scrivere.
Esorcizzare questo mondo
inutile e ingiusto
che di questi “in”
si potrebbero inondare
questi fogli di parole
e altri panegirici.

Ebbene…

stanotte scrivo per te
amica mia.
Importante scritto
dirai tu
da questo di fine duemilaquattro
ad un’amica lontano.
Come una mano aperta a salutarti
o un fazzoletto sventolato
o una serie di tempeste
in mari di predicati
oggetti suoi complementi
e soggetti
…qui posati.

Da dove cominciare?
Magari che ero un gracile ragazzino
un mattino in una stanzetta.
Una chitarra da suonare
cantandoci sopra qualcosa.
Oppure che lì
trovo un vecchio libro
di canzoni tradotte
testo a fronte

“Canti di rabbia”
o qualcosa del genere
di un certo Dylan Bob
che se mi giro
da qualche parte qui
magari ritrovo
anche adesso.
dietro a qualche fila sovrapposta
tra i libri mai più letti.

Ma si capovolga il sogno.
Prendo un caffè e intanto
parlo con te

che chissà dove sei, ora.
E mentre parlo con te
e ascolto di te, di te mi distraggo
mentre ne scrivo.
E che mentre scrivo di lui
magari
parlo di me.

Di quest’uomo preoccupato
con un animo
altrettanto assorto
di questi tempi
che nulla han dietro
e nulla di fronte.
Con il cuore impegnato
e una donna che beve champagne

in qualche paese lontano…

Che strana storia, vero?
Eppur sembrerà che parli
di donne in carne ed ossa?
No, niente affatto
qui si parla di fortuna
dea distratta.
Oppure di sfortuna
delle più incaponite.
Cose da imprecazioni costanti
in un declinare istintivo
che quasi porta via.

La sua pelle bianca.
Gli occhi assassini.
Come non farsi distrarre …Noi
ben vestiti dentro
ma che a poco serve.
Sarebbe meglio …dirai
sporchi dentro
e belli fuori.

Ma questo, non è da noi.

Noi. Sempre in attesa
del vecchio treno
di quelli dal colore vago
di polvere e fango incrostato.
Col fumo nero
che riempie
le carrozze dietro.
Che fischia alle stazioni
altrettanto anonime.
Insomma un treno
che non c’è …o almeno
oggi, più non c’è.

Io sempre in attesa
dormo in stazione
che tanto fa caldo.
Che mi portano il caffè
senza alcun disturbo.
Lo prendo bollente
con due cucchiai colmi
di zucchero di canna.

 

Certo, penserete…
meglio questo
che stare sul patibolo
con il collo strizzato al cappio.
Che poi, gente in giro
che mi aspetta… ce n’è.
Eppure io sorrido
che prima o poi
riderò anch’io
…di loro.

Le cose stan così
e le accetto

così come sono.
Ma prima o poi
si scatenerà l’inferno.
Qui tutti impazziranno
ad infilar l’ombrello
nell’ombelico dell’altro
o meglio ancora,
sotto l’osso sacro.
Più semplice da dietro.
Son più portati
che a stare lì a far parole.

Questi, sono tempi molto strani.
Tutti a saltare come matti
che non sanno neppure loro
stare fermi.

Sempre a dirsi e convincersi,
di essere immobili.
Io sto qui legato stretto,
ma fuori da tutti.
Una volta ero un uomo libero
almeno così io pensavo
e mi muovevo.
Ma forse troppo
mi sono mosso
che magari ora è meglio
stare qui
seduto a guardare
la gente che passa.

Prima mi preoccupavo molto.
A volte ancora lo faccio.
Ma da un po’
che sono qui legato,
mi rendo conto che l’ottica
e’ cambiata.
Che forse sono loro
i preoccupati …adesso.
Io sorrido.
Poi oggi è una bella giornata
di sole
e in fondo, proprio in fondo,
chi me la fa fare
di muovere le mani
e scodinzolare
…la mia seconda coda.

E’ il posto che non mi fa bene.
Questo stretto marciapiede
davanti al negozio
di frutta e verdura.
Con la signora che sorride
mentre fuma
e parla al cellulare grattando
una tessera a scalare
da dieci.
Anche lei pare, sia
molto preoccupata.

Tutti quei numeri
uno dietro l’altro
che la fa confondere
e poi quegli occhiali
che le cadono lungo il naso
e la stanghetta rotta.
E mentre io penso
scendo coi denti e i piedi
dalla gamba sinistra
anteriore della sedia
su cui son seduto.
Adesso sono messo
sul poggiapiedi
a cavalcioni dondolo
il bambino dentro me.
Vedo passare la gente
dal lato dove sta
in genere il cervello.
Sento i ragionamenti
e i rumori delle suole
delle scarpe rotte
e della leggenda
del cuore spaventato
nell’usa e getta
della tripla lama bislunga.

Ho deciso…

cambio posizione
viva la fantasia.
Resto appeso
…Ecco che farò.
Mi appendo per le braccia
anche se non piace stare qui.
Preferirei essere all’Oscar
di Hollywood
a farmi una emozionante
immersione di folla
che osanni il mio nuovo film
o la mia colonna sonora
di questa pellicola muta.

Forse addirittura sono
nella città sbagliata.
Oppure sono nella terra
di quello che non doveva calpestarla.
Sulla terra del passo
che non doveva esser fatto
o della testa che non avrebbe
dovuto pensare.
Ma tornando a noi…

 

Era meglio se osservavo
oltre la strada.
Mi era infatti parso
di aver notato un muoversi nascosto
dietro a quell’angolo
al fianco del muro
sinistro della chiesa
…quella delle campane
che non smettono mai,
eppure credo
sia una abitudine,
per me scrivere
per il prete suonare
per il cantante urlare
per il viandante camminare
…o no?

Mi sembrava un indovino
vestito da ballo cubano
o un pittore
che prende
lezioni da un brasiliano.
Ma forse i miei occhi
hanno frainteso.
Forse sarà il caso
che ora vada a ritirare
l’abito lungo per stasera.
Niente abiti corti stasera.
Devo vestirmi in lungo
…stasera.

Qui all’angolo ci sono
due nuovi negozi.
Uno di un bosniaco
che ha perso l’unica figlia e
la moglie
nel corso della sua vita
e della guerra
…è rimasto solo.
Vende sogni e carte false
ai bari e per chi
cerca fortuna.
L'attività è florida.

L’altro è di una afgana
che vende burqa
per i prossimi anni
oscuri
ma non ha ancora ingranato.
La gente fatica a pensare
un futuro peggiore.
Li devo visitare,
un saluto di benvenuto
da me che sono del posto
potrebbe esser conforto.

Ora ditemi voi,
se non ho ragione.
Non pensate che soltanto
uno stupido qui da queste parti,
potrebbe pensare di avere
qualcosa ancora da provare?
Eppure io non mi sento stupido.
Magari disattento
oppure un po’ stanco.
A volte non faccio caso
alle parole o ai concetti.
Ma d’acqua sotto i ponti
n’è passata.

 

Avrei dovuto rendermi conto
delle cose.
Pure un sacco d’altra roba
n’è passata lì di sotto.
Vecchie lavatrici abbandonate
latte di vernice
colore del rosso più porpora
oppure studi approfonditi
su come risparmiare
spendendone
o delle ferie con i soldi di un’altro.

Calma calma, non vi alzate tutti
sono solo di passaggio qui
su questo marciapiede.
Un passaggio tra i tanti;
come un autostop continuo.
Salgo e scendo da ogni auto che parte.

Eppure in questo modo
ho camminato molto
…non so quanto
ma è certo che ho camminato.
Magari la strada non era buona,
ma ormai l’avevo inforcata e poi
come si fa a capire gli errori
se non li percorri?
Ma che noia adesso,
dover tornare indietro.
Ormai è fatta: vado avanti.

Ma se la Bibbia dice
che il mondo
sta per saltare per aria
consideratemi un fuggitivo.
Il tempo di slegarmi
da questo scotch da pacchi
che mi avvolge i polsi
e poi via.

Attenzione però

certe cose sono troppo bollenti
perché le si possano toccare.
Forse non molti
potrebbero reggere
il contraccolpo dei cambiamenti in atto.
L’animo umano e’ straordinario.
Forse e’ meglio che alcuni
continuino a tenere tutto fermo.

Ma qualcuno lo dica chiaro,
almeno una volta.
Che non si può vincere
con la mano perdente.
I tempi stanno cambiando
e forse non basterà più
la terra sotto i nostri piedi.
Che ci vogliano forse altre terre
o altre lingue o altri orizzonti?

Che la signora del negozio
sia contenta
che ha ricaricato
il cellulare.
Che il brasiliano
giochi al pallone
con la perpetua del prete.
Che la chiesa suoni
le sue campane?
Credo che adesso,
cercherò di averti più vicina
e che magari sorridendo in due

funzioni meglio che farlo soli
davanti allo specchio.

A volte ci vuole poco
per ferire una persona
e io che sono stato ferito
mille volte a morte.

A me ci vuole ancora meno
per ferirmi.
Anche se non lo do mai a vedere
e curo le mie ferite in silenzio.
Ma molti non s’accorgono
che si può ferire qualcuno
anche senza farlo apposta
trasportati da eterna nostalgia
o dal tempo che passa.

Insomma,
se volessimo vedere
tutte le varianti al tema
ci starebbero tutte
a trovare quella giusta
per quello
che di volta in volta
vogliamo dimostrare
pur d’aver ragione,
e sicurezze accanto.

E se i prossimi sessanta secondi
durassero un’eternità?
Ci avete pensato mai?
Se tutto restasse
in questa via, chiuso
come in un incantesimo?
Con la lavanderia
di fianco alla chiesa
e qui davanti la signora
con le stanghette
degli occhiali in mano
e io su questa sedia legato
e imbavagliato
che guardo i piedi dei passanti.
…visto che non resta altro.

Che oltre l’angolo,
il brasiliano insegni
alla perpetua del prete
ballar la lambada col pittore
…o che il bosniaco
tenga per mano l’afgana.
Se tutti questi sessanta minuti
durassero eternamente?
Credo che cambierebbero
molte cose.
Non ci sarebbe più
la fretta e magari
si potrebbe andare
più lentamente.
Potrei slegarmi
allora scendere
in fondo alla strada
al confine dei sessanta minuti,
comprare le sigarette
e non preoccuparmi
di niente che non mi riguardi.

Oppure tutto questo
sarebbe ancora una volta
soltanto un’altra incredibile bugia?
Che sono innamorato folle
di una donna che mi piace
anche più della squadra del cuore
oppure della mamma
…ormai è risaputo.

Neppure la tabaccaia
che fa i complimenti,
oppure il mendicante
davanti ai gradini della chiesa
potrebbero darmi
migliori consigli.
Così impaziente che sono
di commettere
altri nuovi errori
di percorso
resto qui come al solito
a braccia aperte.

 

Colpitemi se vi va,
invulnerabile come sempre
bevo per voi
dal collo della bottiglia
mentre lontano
sventolano ancora le mie
mitiche bandiere al vento.
E prima di addormentarmi
amore mio
ti accarezzerò il viso
dicendo ti amo
…ancora una volta

 

sotto questo, cielo blu.

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