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la festa che vorrei

La festa che vorrei
non ha giorno sul calendario
né mese
né tempo
né spazio 
la sua musica la suona il vento
che muove passi di danza
su nuvole bianche 
di mille angioletti bambini
è una festa di non compleanno
senza torta 
senza candele 
senza spumante
ma in dono
mille palloncini colorati
da far scoppiare uno ad uno
per liberare sorrisi
baci 
carezze 
e tutte quelle parole 
che sono andate perse 
tra paure e tormenti
soffocate in un grido 
che strozza l’anima 
per sempre.
 
Chissà se Dio 
darà mai 
la festa che vorrei.

 

 (1a classificata concorso poetico "VersEGGIando " Spoleto2010)

Fiore&tina

Se c’è un fiore, che mi galoppa al vento, a pelle
che si stacca, balza da un lato all’altro
ha nelle pupille i fuochi, le mura dall’esterno
gli olii, tutte le diavolerie
e non conosce la paura
che dorme col suo arco
al sole, al ghiaccio
la punta più immediata dell’impugnatura
non gli importa, del colore della terra
avanza, affonda, valica
terre bruciate, verdi profondi
che si ferma
ad ascoltare i sibili, ci parla
beh, quel fiore, se ancora vive
ha il colore
d'una fiore&tina

Al Gius

Al Gius non piaceva molto allontanarsi dal bosco, dove i militari raramente entravano, vuoi per una sorta di scarsa dimestichezza, vuoi per il timore degli agguati. Aveva smesso pure di segnare i giorni trascorsi lì, sulla corteccia bianca di una betulla e ora le incisioni si erano orlate, logorandosi in una riga scura, che segnava il tronco come sangue d’albero rappreso. Anche il ferro del fucile gli sembrava consunto e ne osservava gli strani puntini incassati, sparsi qua e là, come se il metallo fosse gravato dalla sua stessa spossatezza. Non sapeva nemmeno da quanto fossero lì, né quando avessero iniziato a farsi, se uno per volta o tutto insieme, nel cedimento del ferro. Una sorta di riluttanza lo pervase, e abbandonò l’arma appoggiandola all’albero più vicino. Da giorni non sentiva più fame né sonno, soltanto una specie di sete infeconda che gli rendeva la bocca impastata, e provava la sensazione che si fosse riempita di sabbia.
Gli altri partigiani erano a caccia, per aver un po’ di carne da abbrustolire sul fuoco, ma il vino era finito.
Il Gius si avviò lentamente verso la sorgente del Rì per prender dell’acqua fresca. Gli avevano lasciato quell’incombenza che almeno... si muovesse... qualche passo... la fonte non era lontana. Sapevano quanto gli piacesse starsene lì, abbarbicato sull’orlo del Rì, a guardare l’acqua che inevitabilmente scorreva giù fino a valle, raggiungeva la Piana, s’infilava tra le case del paese, ammorbidiva l’aria, richiamava l’allegria dei bambini che nonostante la guerra gorgheggiavano ancora e spandeva all’intorno quella gioia attutita, dalle sponde del torrente fin dentro le case, quelle ancora abitate.

Ancora un giorno.

 
Anime in pena costrette al silenzio
così ora siamo distanti, lontani.
 
Ma un solo tramonto, un sol gemito
un solo respiro ciò che unisce nel pianto.
 
Non è ancora buio nell'anima inquieta
nel cuore il domani che l'alba rischiara.
 
Ancora un giorno, si ancora uno
e poi ancora amore gioia e passione.
 
E poi ancora noi così, per sempre.
 
Atlantis.
 

il senso scarlatto del potere

aveva l'odore della carne e dell'aurora. se le due cose si fossero potute sentire vicine, sullo stesso piano, si sarebbero confuse inalando lo stesso senso roseo e sensuale. si muoveva ondeggiando e stemperandosi nelle lenzuola come fanno le bianche nuvole di marzo quando girano  sopra la testa sfilacciando il cielo blu. sulle labbra era apparso un movimento appena percettibile di vittoria, sì, il colore rosso  ne aveva proprio la forma. La forma del potere. una linea appena allungata divideva la bocca e si rialzava agli angoli creando due minuscoli punti ombrosi. piccoli, ma unici, nel resto del rosa. due piccoli punti potevano spiegare, contenere, realizzare...  tanto senso scarlatto  di potere?
ma poi, se si seguiva il suo sguardo, indugiando lentamente... lentamente.... lentamente...e si raggiungeva l'altra sponda del giorno, dove i raggi aranciati zigzagavano sulla schiena inerte, dove il respiro raccontava ancora di guerra, dove il calore si confondeva con la  resa.....beh, proprio lì stava   il suo sigillo. il suo regno. allora si, che si riusciva a  capire quell’insostenibile, rosso, turgido,  sorriso di conquista.

leccornie

da l'ingorda via,
vile tentazione ad
occhio e naso legate,
un passo
da un baratro di sensi scossi,
se potessi 
ne farei scorpacciata

Cuore innamorato

 
Come conchiglia
il frangente,
il tuo caro nome
mi bisbiglia
insistente.

Alternative

Una cosa che ami fare!
-ti porteranno ali leggere-
stamattina erano le sei e ho sentito cantare
-davanti ai fiori non si parla di morte
anche se piove-
erano le sei
e ho sentito suonare.
 
Una cosa che ami fare!
-è tempo di primavera-
stasera verserò acqua alle primule
fresche e lente saranno le gocce
-davanti alla casa dei fiori
non si parla di morte
neanche se piove-
 

25 Aprile ... al muro.

 
Il muro di cinta del cimitero
fu sempre tela e cavalletto
per massacratori
che degli affetti fanno scempio.
Pure recinto dei trapassati
alzato per relegar la morte altrove
solingo luogo deputato a poggiarvi
allineate schiene di condannati
tanto appartato è ovunque
testimone immobile del trapasso
da qui al di là del muro
silente muto.
C'è chi vuol scordare
i grumi scoloriti sui calcinacci
di sangue sano innocente
illudendosi che non celebrare più
lo scempio pareggiandone il peso
tra chi lo perse e di chi lo volle versare
sia segno di pacificazione.
Il pentimento lo è ed il perdono
Non l'oblio.
Che mondo è questo?
 

L’anacoluto di dio

Che la luna si trasmuti
di suo o che un chiodo
di luce l'àncori allo sfondo

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