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Heautontimoroumenos (pronuncia consigliata Totò Merùmeni)

Conosco la terra dei fiori feroci che ti ho raccolto.
È la serra spontanea della mia mente-orto.
L’enigma-magma di cui sono il giardiniere.
E io stesso mi semino
le begonie del peccato
insieme ai gigli con gli artigli
e ai papaveri dell’oblio.
Io stesso li poto, li innaffio e li allevo
fino alla nausea e all’asfissia.
 
Io sono il vampiro di me stesso.
Spesso Narciso che si ama “a morte”.
Talvolta Medusa dalla testa avvelenata.
E friggo le mie meduse con l’olio già fritto.
 
L’anima prevale su ogni mio gesto
fino a darmi il rigetto e il disgusto.
Non sono Enea né Orfeo
ma mi son permesso di scendere
nel buco nero di me stesso per la mia autopsia.
 
Non voglio restare un giardino
che foglia e fiora per lumache impigrite,
lascivo di bava e catarro che frigge.
Ma c’è un’idra di palude che mi atrofizza.
E mi fanno male i capelli e le unghie degli àlluci.
 
Triste come l’indomani delle feste,
entusiasta come le mestrue vigilie.
Ogni specchio mi impone di guardarmi.
E mi trascina davanti a lui col fiato contrario.
Ma ho ripreso a parlarmi allo specchio nudo.
Devo migliorare l’immagine di me a me stesso.
 
Cristo ha trovato la forza
di resuscitare la domenica
dopo essere morto il venerdì.
Potessi nel dolore costruire
senza inabissarmi.
 
Io sono le mie ferite!
Ma tante volte mi butto per terra
come un bufalo che ha corso troppo
nella deserta steppa
in cerca di un filo d’erba.
 
  “Io stesso ero diventato per me un grosso problema” (S.Agostino) Leggi tutto »

"Celestion"

Grigio il cielo piombo di 'sto mattino piombo.
Oltre ai vetri delle finestre piombo.
Il suono lontano del tuono al rimbombo.
Piombo.
Il lampo che anticipa poi deflagra.
L'occhieggiar di spari-sibili e luci
dall'effetto stereo.
Girotondo concentrico m'assorbe
e come tal l'accolgo. Leggi tutto »

"Il tempo del muschio nei boschi... quando vi penso"

Lontano...
più lontano
degl'occhi di mio padre
fiumi grandi
sponde perse alla vista
noi
tra i tanti
che spingiamo
tronchi alla corrente
mattino e sera
il freddo che punge
ghiaccio e neve.

Lontano...
molto più dietro
di questo mio vetro
ricordo
il tempo del muschio dei boschi
non ricordo le voci
ma pioveva e tuonava
e rombava nel cielo
un leggero tuono distante

Occhi bassi
a guardare i pesci
passare sotto noi
piste distratte
tratti lunghi e ritorni
e spinger di tronchi
un senso inquieto
di provvisoria vita
e poi
pericolo,
cammino insolito
non scelto
ma obbligato.

Scantinati
fango e acqua
vecchi e stanchi
fredde capanne
giacigli scaldati
e tronchi tagliati
querce umane
animali da bosco
scopritori di terre lontane
srotoliamo sfortune trovate
giammai cercate.

È così che ricordo
e vorrei non pensarci
vado avanti
tagliare e tagliare
rumori della mente
vi sento qui
intorno a me
seduto... anch'io tra voi

Tiramisù

Di quel bianco grasso
molle orgoglio del latte
ho fatto progressione di sapori.
Amalgamato con altro bianco
di diverso tenore,
ha incontrato altro grasso
stavolta giallo dorato
e al concerto li ho preparati.
Gonfia la crema
e pronta all'amore,
io -cupido in cucina-
ho organizzato la scena.
Avvenuta l'unione ancor s'intuisce
il bruno caffè dov'è che finisce.
Leggi tutto »

Paesaggi in piani multipli di ripresa.

 
 
Il tronco era sul pendio
una freccia spezzata nel costato del monte.
Lo ricordo per le ferite secche del formicaio
che fiorirono la morte nera del ceppo
per la vita delle fiamme che si poterono fare.
 
Si sarebbe detto di una rabbia, un grido di dolore dalle radici
al ramo inesistente
un quasi di chiome che fanno ai merli
la loro terra alta e le loro case senza tetti
le loro torri raggianti.
 
Si può ora da un occhio all’altro senza posa
trascorrere finestre appesi sguardi
affrescare una parete di cielo col delta dei trasporti d’acqua
bianche sospensioni di genio
in allarme
 
ora i ponti temono.
 
Alto il vento col cuore di roccia precipita dalle volte
vago ai temerari uccelli di quota
legittimo ai plananti, ostico di contro al passo.
 
Batte un tempo mai esistito: nei ricorsi
dell’anima c’è la prova che i rami furono prima del fuoco
e ancora brucia
chi ha avuto quei fiori.

Confusa

Vederti leggerti sfiorarti
come scoprire un mondo nuovo
fatto di colori e sfumature
calde e leggere
che  indossano le ali
e sfuggono in alto
come aquiloni danzanti
fatti di ombre e figure
a colorare il cielo.
Scoprirti spogliarti sentirti
come petali di un fiore sbocciato
nato quasi per benedizione della terra
... qui un canto leggero e inesistente
a bandire la tempesta.
Mi adagio nuda
sulla coltre della tua pelle
e come nastri scendono i baci
riempiono i miei piedi scalzi
che affondano quasi a soffocare
un corpo libero strappato dalle catene
La  sola anima è lasciata a respirare
l' odore della brezza trasparente
che muove dai tuoi pensieri

5/8/06 Mocambique

Ascoltare la Vita,
dopo averla vissuta
senza accorgersene
per molto tempo.
La riflessione non è
quanto si può fare in un
secondo, ma quanto si
può vivere in esso.
Non comprendere in
che misura può scaldare
un raggio, ma quanto
non cogliamo la sua presenza.
Lasciarsi rapire,
cavalcare il vento,
per poi essere poiettati
verso la prima nuvola di
passaggio; abbattere le
frontiere della percezione,
spingersi oltre per aprire
un'altra porta e poi
un'altra ancora per arrivare
infine a quella oltre la quale
la Comprensione si estingue
e il Verbo si completa

Di mestiere macchinista poeta di sciagura

 

Di mestiere faccio il macchinista
guido l'Orientexpress
con la mia divisa sacrosanta
e gli alamari a lucido tirati.

Scrivo poesie tra Brindisi e Canosa
raccolgo rifugiati
a Spoleto solo la domenica
e porto dolci ad Ancona
perchè ho una donna tunisina.

Sono un po' anarchico e ascolto Guccini,
ma non mi schianto contro un treno di signori,
non è questo che conta per davvero
e forse sono anche menzognero.

Ho dei figli persi in ogni stazione,
amanti esigenti a fine mese,
ma non pago come il pensionato di Faber;
per amore non ho mai pagato una donna.

Faccio parole crociate
e chatto su facebook con l'esercito spagnolo
ricordando Picasso e l'Internazionale
ma forse non era un canto
ma la squadra di Facchetti e di Mazzola.

Però ci tengo alla pensione
e forse in segreto voto per il padrone,
ma alla fine faccio anche il poeta
delle tragedie della vita menagramo.

Eppure mia madre mi ha fatto studiare
a Trento alla cattolica stagione
e ho conosciuto pure gli imbrogloni
con la stella rossa sui giornali.

E ora guido questo treno
prossima fermata San Benedetto
prenderò un'aranciata poco amara
per salutare mia figlia che va in marina.

Perchè scrivo

Ecco una delle risposte alla domanda fatta ai partecipanti del mio corso:

E' come prendersi una rivincita sulla quotidianità.
Siamo quasi sempre costretti, condizionati, limitati, questa vita con le sue regole ci tarpa le ali.
Spesso non possiamo amare come vogliamo, chi vogliamo, non possiamo dire ciò che vogliamo a chi vogliamo, non possiamo volare, avere, dare, vedere.... 
Quante cose non possiamo.
Scrivendo invece, tutto possiamo.
La bacchetta magica è nelle mani della nostra fantasia, la razionalità è solo ospite.
E così ci muoviamo nell'infinito, possediamo l'impossibile, e con un minimo di coraggio, peccando un po' di presunzione, possiamo anche sostituirci a Dio.
                        Stefano Franco Sardi

La migliore amante (solitudine)

è certo lei la miglior amante
beve con te il vino preferito
senza trovare ch'è grossolano
oppure ha retrogusti legnosi
siede sul tuo grembo disposta
a ognuno dei tuoi capricci
ti segue come un'ombra
silenziosa lieve amichevole
se l'accetti come compagna
non dice mai devi o non devi
fare questo quello e brava indica
il posto dove puoi sedere solo
poggiare il capo su una nuvola
che passa e saltare sulla seguente
senza sforzo e alcunché di urgente
Ma una scomoda coinquilina
ti preme ti assilla
a gran voce urla il tuo nome
quasi fosse una targa conosciuta
e prescindendo dalla felicità preme
perché tu sia gradevole per tutti
normalmente semplice e comune
ma chi vuole essere molestato
per restare essere o diventare
quello che altri vogliono tu sia?

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