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blog di Mariagrazia Tumbarello

quell'estate

 
quasi una fotografia che ritorna,
una fetta di limone
sopra i tuoi passi sconosciuti
e quella voglia ansiosa
di averti su di me,
e dei baci scintillanti al vento
che scaldavano il cuore
come cantilena per bambini soli,
se ai lustri impietosi

tenerezza

appoggiare
le dita sul tuo corpo in bilico
tra il presente e il domani incerto,
m'accontenterei
di questo treno in corsa folle
spuntato contro l'orizzonte maturo,
che alza le vele distillate al giorno,
per rapire una sola carezza

deserto fiorito

se m'accogli
al cuore distratto
come le vele che impazzite
ondeggiano a riva,
saprò essere
la bandiera che corre
senza fiato
fino alla prossima sciagurata meta,
in attesa di un vento nuovo
che m'apra al futuro,

oggi e ieri

questo ballare muto
della pioggia sui vetri
mi riporta bambina
alla primavera abusata di nostalgia,
di quelle tenere carezze sul capo
dopo il bucato fresco della campagna odorosa,
stanca la mente ritorna
a pascere su quei campi arditi,

conchiglia

lo senti il mare
che t'accarezza le gote
ansiose,
circonfuso di luce calda
che adombra il mattino appena aperto?
sul molo guardo l'orizzonte spento,
che conduce giusto
all'adunata del vento,
voglio
che t'apra

attendi?

passerà la giornata,
molle come le ferite
che si imbiancano da sè,
porteranno novità
autunnali,
ansimanti come le corolle
che non s'aprono più,
m'attendi ancora all'incrocio
del viale,
dove la luce al neon

luce e ombra

nella controparte ingiallita
del tempo
si incagliano voglie di natura e luce immortale,
come lingue di fuoco
che virano al vento,
impazzite su loro stesse,
attendono di recarsi un volto
e mandare a memoria
l'album annerito del tempo,

nastro tra i capelli

ricordi
quel nastro di pizzo
che m'appendevo ai capelli
per vedere l'effetto che faceva?
ancora profuma di noi
e della nostra allegra sintonia
che s'accordava alle dita invernali
per riverberare i giorni di marzo,
godendosi il sole a picco sulla luna

bagno di luce

e quando le tue gambe
avran percorso tutto il viale,
ti condurrò io stessa
oltre quel portone,
dove alle spalle della vita
divoreremo il tempo
che ci è amico,
perlustreremo senza paura
ogni singola stilla di sacro umore

osservami

osservami
di parole stanche
della sera,
son sempre io che
t'occhieggio tra i muri intrisi di noi,
barbagli di luce affondano spirali di parole ottuse,
complicate e inutilmente salaci,
abbassa le difese
e giungimi dentro
come planando in volo,
t'accoglierò,

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