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Prosa e racconti

Cecile

Cap. 10- Cecile

Treno delle otto e trenta da Palermo. Solito etching razzista del solito controllore merdoso. Biondo, alto, occhialini da idiota, sguardo da pesce lesso. Un’uniforme verde insignificante che, evidentemente, gli conferisce superpoteri da sceriffo. Non fiata mai ma, quando si trova al cospetto di un extracomunitario, fa la voce grossa e cerca ogni scusa per incularselo. Treno delle otto e trenta. Due ragazzi marocchini sono su una panchina, oltre la linea gialla. Il borgheziofilo li insulta e chiede loro preventivamente il  biglietto. Il più giovane ce l’ha, ma il borgheziofilo non si arrende: la scritta è sbiadita, si intuisce la data di oggi, ma non si legge la stazione di partenza. Cazzo! Siamo a Palermo ed è il capolinea.

La sua amica Anna

La sua amica Anna sembrava essere giunta all’improvviso.

Ho parlato a lungo con...

Ho parlato a lungo con le sulla sulle guance dei sul corpo dell’amato.
Alda Merini
 (elaborazione dal verso della poetessa)
 
Ho sempre avuto un gran rispetto per le mani quali strumenti essenziali della nostra vita.
Appena entriamo in questo mondo, espulsi dall’utero che ci ha nutrito e cresciuto per nove mesi, oltre al pianto che ci libera i polmoni e che ci consente di riempirli per la prima volta d’aria, agitiamo le piccole mani ancora rattrappite dalla lunga posizione fetale, quasi per farci notare:
“Ehi! Sono qui, sono arrivato, ci sono anch’io, non vedete, non sentite?”
Con queste piccole mani, grandiosi strumenti che ci hanno permesso di elevarci al rango d’animali pensanti, il bambino è pronto ad affrontare tutte le sfide, tutti i pericoli, tutte le emozioni, tutte le sensazioni che la vita ha in serbo per lui.
È pronto a diventare uomo!
Cominceranno con il cercare il calore del corpo che l’ha generato, per poi aiutarlo a suggere il seno per trarne l’alimento essenziale per iniziare la sua corsa verso la vita. Già adesso, insieme ai vagiti, comunicheranno a chi lo accudisce amorevolmente, quali sono le sue esigenze vitali.
Mano a mano che l’organismo si sviluppa, le mani cominciano a prendere coscienza di sé, prima in maniera goffa ed inconcludente, non riuscendo ancora a coordinarsi. In seguito saranno sempre più sicure e capaci ed afferreranno tutto ciò che si presenta nel loro raggio d’azione, per saggiarne la forma, vederne il colore, sentirne il sapore.
Sta iniziando la “conoscenza”.
Quegli strani strumenti che la natura gli ha fornito, all’estremità di due propaggini articolari, divengono sempre più capaci d’operazioni complesse, sotto la supervisione del cervello.
Inizia la fase creativa.
Prima, semplici tratti senza senso e misura, pastrocchi di colori, calati sulle superfici più disparate.
Seguiranno i primi segni intelligibili, prodromi remoti della futura scrittura che lo renderà libero ed indipendente, perché padrone di comunicare anche con persone lontane  e con culture diverse con quel sensazionale strumento di circolazione delle idee che è stato il libro, dall’antichità mesopotamica, fino ad oggi ed anche per il futuro.
Nel suo continuo divenire culturale, i suoi strumenti di carne ed ossa, saranno i veicoli delle più disparate manifestazioni del suo intelletto.
Con esse sarà capace di forgiare gli elementi della natura a sua discrezione e per il suo tornaconto, sarà capace di trarre dalla terra, da cui è nato ed alla quale ritornerà, i frutti per il suo e per l’altrui sostentamento.
Sarà capace di edificare opere civili e d’ingegno tali da farlo peccare di presunzione, arrogandosi la qualifica di Creatore.
Sarà capace di compiere azioni mirabili e nefande.
Le sue mani potranno allo stesso modo e tempo, scorrere su un pentagramma per comporre melodie immortali, ascoltando le quali tutti gli uomini si sentiranno più uniti e scorrere su grandi fogli tecnici per progettare e poi realizzare micidiali strumenti di morte, che creeranno odio e disamore.
Le sue mani saranno capaci di prendere con infinita dolcezza i più indifesi fra noi, e carezzargli il volto con tenerezza ed allo stesso tempo saranno in grado in un impeto di lucida follia di togliere la vita, anche a chi si ama.
Le mani, anch’esse, sono un simbolo delle sue contraddizioni.
Le sue mani, sapranno essere anche uno straordinario strumento di trasmissione dei suoi sentimenti, quando con esse abbraccerà i suo cari, i suoi amici, i suoi nemici e la persona che lo amerà.
Quando sarà giunto il momento di ripetere l’eterno itinerario della vita, egli carezzerà con le sue mani l’appassionato corpo della sua compagna e lo predisporranno ad accogliere in sé il seme che germinerà nel suo ventre un altro piccolo essere che piangerà ed agiterà le manine, esattamente come aveva fatto lui tanti anni prima.
 
Tutto questo e molto altro ancora è il “frutto” delle mani.

Segesta

Il panorama era di quelli che non si possono dimenticare. L’auto correva sull’asfalto dolcemente come se planasse, le piante ai bordi della strada, giravano nei nostri occhi come se fossimo noi ad esser fermi. Le colline s’innalzavano nell’immensa distesa e giocavano con l’aria tersa e chiara per mostrare tutta la loro maestosità, sembravano come legate alla nostra Leggi tutto »

Torre di gioia

Piango e ancora piango ma la ragione non so. Eppure ho occhi puntati sul cuore di chi non conosce dolore, ma sa tutta la sofferenza che porto dentro...Mi alzo ogni mattina con il respiro di chi sa che presto o tardi dovrà pagare un fio troppo oneroso per la vita che ho seguito con cura e passione. Leggi tutto »

A cena con Peter

IL vecchio Micheal stava camminando per la strada (…). Si sedette tutto solo in una panchina per parlare con gli uccelli (…) . gli abitanti del sottosuolo comunemente conosciuti da noi mortali come vermi,furono eccitati da questa esperienza musicale e il loro re, che era un bavoso lungo 5 pollici esclamò che quel ticchettio che stavano sentendo non era altro che pioggia (…). Il vecchio Micheal guardò il cielo ed iniziò a fischiettare una melodia (Jerusalem, inno inglese). Il risultato fu stupefacente perché nel linguaggio degli uccelli la canzonetta significava che la cena è pronta!

(Storia dell’Old Micheal di Peter Gabriel da Genesis, Il Fiume Del Costante Cambiamento). 

 

Al preambolo iniziale seguiva il fiirioso canto evocativo di Supper’s ready (Genesis), accompagnato dalla dodici corde ed  i fraseggi pregevoli di pianoforte.

 

La cena è pronta.

A cena con Peter.

Primo: pennette al sugo utopico.

 

Dialoghi scomposti, sproloqui alchemici contornano il pasto.

Una cena psichedelica in cui tutta la realtà si disperde nereggiata da Magog;  empie monadi tinte di rosso vermiglioso.

Ospiti della serata, i sette angeli rivelatori di vizi e virtù.

Bene e Male.

Giusto o Sbagliato.

Chi può dirlo, chi ha, chi ebbe la presunzione di erigerlo a dogma!?

 

Secondo: filetto ai ferri “cultura media”.

 

Il giusto, la morale è una legge astratta impressa nella memoria collettiva.

(Young la chiamerebbe archetipo).

Il giusto fu deciso dai grandi avi mentori del passato nel senso comune ed in nome del senso comune.

Imperituro dura nel tempo coevo.

Il nostro è un patrimonio culturale che non sempre corrisponde a verità  o certezza.

Vi è un divario di idee morali non indifferente in confronto alle altre esistenze conosciute.

Ne sono un esempio le sacralità della vita, il concetto di “dono”.

 

Si prosegue a Willow farm per pregustare il dessert.

 

Peter mi offre un delizioso tiramisù alla crema di mascarpone. Lo assaporo piano, temporeggio.

L’ aria è melodica a Willow farm, ogni cosa animata e non, sembra disegnata su un pentagramma a chiave di violino, di cui Peter e compagni ne sono gli esecutori.

I 7 peccati prendono forma corporea, si distinguono nella partizione in tonalità differenti, come nella Divina prendono forma i dannati logorati dal contrappasso.

In simbiosi io e Peter pensiamo alle dolci terzine del quinto canto.

La consolazione di un abbraccio, non smosso dalla bufera infernale che colpisce pietosamente Paolo e Francesca, ci unisce tenero.

Coronati al capo da petali arancioni,  siamo spettatori  indiscussi della favola esistenziale.

Astanti.

Il dolce accarezza la lingua con fare insidioso lasciando un retrogusto amarognolo sul palato.

È l’ora dell’apocalisse.

Dolce e Amaro, Bene  e Male., c’è sempre un’antitesi.

L’una per convalidare l’esistenza dell’altra.

Mellotrom in crescendo depura i due rifocillanti  con armonia stilnovista, magica e potente quanto i canti orfici.

Innovativa al rinnovo, depuratrice d’impurità.

“Tesoro, indossa la mia collana di perle, il mantello nero non serve più, Magog è andato via perdente. Vieni con me, la cena è terminata”

 

And it's hello babe your supper's waiting for you.
Hey my baby, don't you know our love is true

nota:

Essenziale è comprendere il valore degli oggetti verso cui son dirette le passioni.

La ricerca del senso di un atto compiuto..

"isoformismi"

 

Baita...

Claude Monet - Garden Club


Claude Monet - Garden Club

E' autunno che cade sulla primavera del gelsomino, s'allunga d'acqua ragia una pennellata scura, recupera uno zaino e lo riempie di pastelli sui toni rosa. Meraviglia di campo e di cortile, quanta gioia agli occhi inchiostrati di poesia. Finge il sereno un tempo instabile per noia, rovescia una nube la cesta dei giocattoli su un prato giovane, di formiche il via vai.

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