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Elogio di Renzi

1.  

   Pochi capiscono che nella società attuale le vere rivoluzioni sono i passaggi generazionali. Il passaggio di protagonismo da una generazione a quella dei suoi figli non è infatti una cosa indolore, è un vero e proprio strappo, che viene giustamente raffigurato e simbolizzato con la metafora dell'"uccisione del padre".  
   La generazione che è stata al centro della storia fino a quel momento si vede  marginalizzata dalla generazione emergente, che snobba alcuni dei suoi "sacri valori", affibbiando loro l'etichetta terribile di "sorpassati" e di "desueti"; e quindi, sdegnata, reagisce con un movimento inconscio di difesa della propria "sopravvivenza storica".  
   Essa non può condividere, e neanche concepire, i valori portati avanti dalla nuova generazione, in quanto sono necessariamente diversi o comunque "altri" rispetto ai suoi, e allora si contrappone con decisione alle "nuove tendenze".  
   Questa è l'essenza dello scontro generazionale.   
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   Non tutte le generazioni hanno il coraggio, o anche solo la voglia, di uccidere i padri. Alcune generazioni si accontentano di vivacchiare condividendo pur senza entusiasmo i valori imposti dalla generazione precedente. Altre invece, ogni tanto, decidono di ribellarsi, di rinnovare, di imporre la loro visione del mondo.  
   L'ultima volta che questo è accaduto è stato nel periodo del famoso '68, quando i giovani di allora considerarono sorpassato e desueto il "Dio-Patria-e-Famiglia" su cui li avevano educati i loro genitori e andarono oltre. Quello fu uno scontro generazionale epocale, che cambiò completamente i costumi, la mentalità e di conseguenza anche le leggi e la struttura delle società occidentali.  
   Ora, in Italia, stiamo assistendo ad un altro scontro generazionale, forse meno epocale del precedente - in quanto oggi, al contrario di allora, i giovani sono solo una minoranza - ma comunque sempre traumatico e dirompente.  
   Si assiste ad una dissacrazione di alcuni valori fino ad oggi considerati scontati. Valori che erano appunto tra quelli portati avanti dalla generazione dei sessantottini e che ora sono considerati sorpassati dai loro figli.  
   Facciamo alcuni esempi.  
   Per la generazione under-40 è assolutamente scontato esaltare la meritocrazia, mentre i sessantottini l'avevano combattuta aspramente come strumento di selezione sociale...  
   Per gli under-40 è assolutamente scontato esaltare l'importanza dell'immagine e il ruolo della comunicazione mediatica, mentre i sessantottini consideravano l'influsso dei media un produttore di falsificazione e di alienazione.  
  Per gli under-40 è assolutamente scontato essere immersi nella tecnologia, mentre i sessantottini la snobbavano e la criticavano considerandola un mezzo usato dal potere per dominare e condizionare le masse.   
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   Quando dunque oggi gli apparteneti alla generazione del sessantotto (i D'Alema, i Bersani, i Cacciari, e anche i D'Agostino e i Crozza... e anche i Grillo) vedono in azione Renzi, trasalgono all'idea di doverlo considerare "di sinistra", in quanto per loro "di sinistra" è solo ciò che è legato ai loro "vecchi" valori. Quindi, per non ammettere l'obsolescenza del loro modo di concepire l'essere di sinistra, devono per forza classificare Renzi come "uno di destra". Lui comunica infatti in modo televisivo (quindi è falso), lui esalta il merito e attacca l'assistenzialismo (quindi è dalla parte dei padroni), lui viaggia con l'iphone sempre sulla destra (quindi è schiavo della tecnologia)...  
   Ma lui, diciamolo, è anche l'unico under-40 che ha il coraggio di sfidare a viso aperto la vecchia generazione attualmente al potere. E ha il coraggio di farlo senza avere la protezione di "padri nobili" che favoriscano la sua ascesa (come hanno fatto i Fassina, gli Speranza, gli Orfini; e anche gli Alfano, le Gelmini, le Carfagna...); e senza avere la "tutela" di altri padri meno nobili, che "sorveglino" severamente il suo operato (come succede ai giovani grillini).
   Lo fa da solo, lo fa da giovane, ponendosi lui stesso come modello ed esempio per gli altri giovani. Spinge i suoi coetanei a fare come lui e a prendere finalmente la guida della società (non a caso, da quando Renzi è al centro della scena, in tutti gli ambiti della vita sociale stanno lentamente emergendo personaggi under-40).        
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   Questo scandalizza i "padri", che rispondono con astio ai suoi attacchi frontali e dissacranti, etichettando la sua figura come vuota e come insignificante. E non sono solo i politici della vecchia generazione a farlo, lo fanno anche gli intellettuali, i giornalisti, i comici (vedi Crozza, appunto). Essi non si ricordano, però, di quando i loro padri etichettavano come vuoti o privi di sostanza profonda i loro nuovi valori, come la libertà sessuale, come la  musica beat e rock, come  il "comodo" e famoso "6 politico"...  
   Il vero scontro generazionale rinnova sempre e comunque l'atmosfera sociale e, mettendo al centro della scena storica i giovani, crea necessariamente entusiasmo e fiducia nel futuro. Certo, per i componenti della vecchia generazione è un grande dramma vedere che i valori per cui hanno "dato la vita" perdono completamente appeal. In questo modo sembra loro appunto di aver "sprecato una vita".  
    Pensate a quanto soffrirono i genitori dei sessantottini, quando videro i loro figli scapestrati buttare nel cesso quel "Dio-Patria-Famiglia" su cui avevano faticosamente ed a volte eroicamente impostato le loro vite!     
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2.

   C'è un secondo aspetto che rende l'esperienza di Renzi interessante e innovativa. Egli mixa un atteggiamento di feroce contestazione del "vecchio" con un atteggiamento e una visione del mondo da "bravo ragazzo" (vedi Fonzie e dintorni).  
   Da una parte scuote l'opinione pubblica con un  radicalismo deciso e intransigente; dall'altra la rassicura con un moderatismo di contenuti che non evoca nessun giacobinismo (come accade per i grillini) e nessun bagno di sangue (come accade per i movimenti alternativi). Questo mood politico è completamente inedito e spiazza alla grande tutti gli osservatori e tutti gli esponenti dei partiti, i quali continuano a seguire Renzi con il massimo interesse (positivo o negativo), proprio perché non riescono a definirlo o a identificarlo con una forma politica già esistente.  
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   E' anche per questa sua totale indefinibilità che Renzi ha maggior presa sociale e batte mediaticamente sia Grillo che Berlusconi, essi infatti sono entrambi in qualche modo maggiormente inquadrabili e definibili.  
   Ed è sempre per questa indefinibilità che Renzi suscita tra i suoi "seguaci" un entusiasmo che ha qualcosa di "magico". Esso non è dovuto infatti a sogni o a promesse definite, è dovuto soprattutto alla novità e alla imprevedibilità dell'esperimento politico che il loro "leader" sta mettendo in atto.  Nessuno sa di preciso cosa farà e dove porterà il paese il "giovane Renzi", ma proprio per questo tutti, amici e nemici, sono ansiosi e "curiosi" di partecipare o di assistere a questo esperimento.   
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3.

   Un terzo aspetto che rende l'esperienza di Renzi interessante è l'uso della "toscanità" come arma comunicazionale. Ci sono stati altri politici toscani importanti prima di lui, certo, vedi Spadolini, vedi Fanfani, vedi Ciampi e vedi anche Letta. Ma nessuno ha mai usato deliberatamente e sfacciatamente la toscanità come arma comunicazionale, come cifra specifica con cui presentarsi agli elettori.  
   Renzi lo fa: usa volutamente il lessico e il sarcasmo feroce tipico dei toscani, usa spesso dei toscanismi per condire passi dei suoi discorsi e mette sempre in primo piano il suo essere sindaco della "grande Firenze"...
   E' come se dicesse alla gente: "Noi toscani siamo il fiore all'occhiello dell'Italia, siamo i rappresentanti dell'archetipo della bellezza, dell'arte, della genialità. I nostri geni - Leonardo, Michelangelo, Dante, Botticelli, Brunelleschi, Machiavelli... - sono dei miti per l'intera umanità ed è alla loro immagine che bisogna associare l'idea dell'Italia. Non a quella della Roma imperiale, bizantina e papalina, non a quella della pizza e del mandolino napoletani, non a quella della mafia e dei padrini siciliani, e neanche a quella della famosa "grande Milano europea", immagine ormai depotenziata dagli scandali craxiani, dalla presenza della Lega e dalla oscenità del berlusconismo...  
   Io vi porto la bellezza e la grandezza della Toscana, questa sarà la nuova immagine dell'Italia.  
   La mia regione è vergine, non è mai stata al centro della vita politica italiana. La sua immagine di bellezza e di genialità è intatta e può rappresentare il punto di partenza ideale per la rinascita del paese."  
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   Questo messaggio può avere e forse inconsciamente sta già avendo buona presa.
   L'entusiasmo con cui viene accolto Renzi in tutte le parti d'Italia è dovuto anche alla sua toscanità, modo di essere e di comunicare che d'altra parte evoca in tutti e in ogni parte d'Italia affabilità e simpatia. Il mito e lo straordinario successo di un Benigni, ad esempio, sono la prova che la toscanità, quando è ostentata, quando diventa "cifra culturale e comunicazionale", suscita sempre un incontrollabile appeal.   
   Certo, la Toscana è il medioevo dell'Italia, è il Rinascimento, può risultare un brand passatistico, museale. Ma Renzi appunto sta cercando di fare proprio questo: presentare un'immagine moderna di Firenze e della toscanità; un immagine che faccia leva sulle tradizioni, ma che, rinnovata, si presenti come possibile "input vincente" per iniziare un vero, nuovo Rinascimento italiano.   
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   Quindi, ammesso che "il nuovo" abbia comunque una valenza positiva, considerando necessario un certo relativismo storico dei valori e considerando plausibile che la "toscanità" sia la cifra culturale che può riabilitare il prestigio del nostro paese dopo le recenti "disfatte d'immagine", oggi in Italia, per tutti coloro che si sentono aperti e ben disposti verso il futuro,  è impossibile non dirsi renziani.

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