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Era un Etiope

Era un Etiope giovane, ma non saprei, vestiva di bianco. Sotto la tunica immaginavo un corpo perfetto dai bagliori di bronzo, con mani lunghe, attente, sensibili abili a compiere un rito..
e noi intorno seduti per terra sulla marina di Hurgada . Era di notte quando il fresco t’avvolge ti alletta agli incontri..c’era movimento li intorno. Fuori dai caffè egiziani uomini e donne parlavano basso, godendo quel magico ristoro di ombra, piu in là locali moderni ,occidentali come specchi ad attirare turisti ----
Non era per me ,non lo fu per noi. Tre donne si incontrano a caso, una guida ci chiede cosa vogliamo …
Il giro fu lungo, precedenza ai gusti globali..discoteca su mare ..Eppure anche li trovammo l’incontro ..tre donne, novant'anni in tutto ma con un salto di trenta, per me.
La musica era alta , sul mare la calma, un poco discosta, sotto le palme sedevo in attesa.
Le ragazze compagne di un giorno, erano vive ,muovevano i corpi assetate di ebbrezza… La giuda, Mohamed, un ragazzo attraente non si fece sedurre ,era professionale,e rimase a parlare con me. Chiacchierammo del suo paese, di religione e di donne….
Poi le due mi trascinarono a mare, volevano danzare , insistevano, sulla battigia del mare…
Le ricordo, mi ricordavano me ed io ero vecchia e ragazza di nuovo a condividere la magia del tempo che riunisce, che crea il momento.
Poi ce ne andammo e, senza parlare,fummo là dove le volevo portare…
Mohamed ed io ci eravamo capiti,sapeva cosa cercavo là, in terra d’Egitto.
E ci incamminammo, noi quattro, invitati, affatto stranieri e sedemmo per terra sulla marina del porto di Hurgada su cuscini di cuoio . Sopra il tappeto eravamo in otto , tre donne, una giuda, tre ragazzi egiziani e lui, quel l’uomo vestito di bianco.
Era diverso, s’appoggiava al pilastro del lungo porticato un poco in penombra, regale attizzava le braci sul braciere di fronte , piccoli oggetti gli stavano intorno: una casseruola di ferro una fiaschietta a forma di pera, di terracotta, contenitori minuscoli di spezie ,bicchierini di vetro soffiato verdi e blu, impreziositi da piccole foglie in oro, per bere..
Il tempo scorreva come velluto, non si parlava ,si ascoltava la notte, si ascoltava la lingua del vento
.In attesa del nostro caffè, fui catturata dal rosseggiare del fuoco fra il nero. Tizzoni scaldavano il cerchio ,catturavano gli occhi e intanto la mia mente viaggiava guardando le mani nel fare, tostare , reggere il manico, posare, mischiare. In quelle splendide mani.sentivo l’Egitto profondo e nel Sudan scoprivo il suo cuore più nero brillare nell’ oro.
Scorrevano immagini di templi,ombreggiati di palme ,salivo i gradini del tempio di Phile e poi le guerre, il sangue a distruggere nel nome di un dio ……
Infine un aroma speziato ,deciso, avvolgente ,di carbone di legno cresciuto sul Nilo mi avvolse e ,.bevemmo l’Egitto
Un caffè non è nulla, ma può essere tutto.
Quella notte era rito, magia, la realtà si esaltava e rivelava il mistero
 

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