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Fanatic

Mentre eventi drammatici intervengono a disarticolare l’illusorio ordine del mondo e assistiamo un po’ costernati a varie debacle delle certezze chimeriche dell’apparenza (e così, una forza incommensurabile si rovescia su una invece soltanto millantata, ma fittizia – in Libia -, con un esito ovvio eppure sorprendente, e cioè lo sbaraglio totale e immediato della seconda. E già su tutto ciò è inverosimile l’abbaglio generale della massa addomesticata dai media, cui domanderemo: ma vi rendete conto o no della assurda potenza della “tecnocrazia” americana ed europea? Lo capite o no che esistono oggetti di fantascienza, come gli Stealth per esempio, che rovesciano sui morti-di-fame armati e arrabbiati del cane-idrofobo Gheddafi un carosello di morte impari, a loro assurdamente impossibile da contrastare in qualsiasi modo? Possibile che crediate davvero al bau-bau del colonnello libico, senza capire che basterebbe da sola la portaerei americana che incrocia nel Mediterraneo a sconfiggerlo? Non solo a sconfiggerlo, ma a sbaragliarlo, calpestarlo, annichilirlo perfettamente? Mentre in Giappone, la medesima potenza che sa e può essere così distruttiva non riesce a costruire un argine contro il proprio tecnologico crack…); mentre tutto ciò capita, capita a noi qui di riflettere ineluttabilmente sul fanatismo e sull’aura abbracciante in cui esso avvolge le moltitudini dei buoni e dei cattivi, indifferentemente.
E siccome non sappiamo distinguere tra gli uni e gli altri, distinguiamo tuttavia la cieca pazzia che ambedue rende così feroci ed ostili e cerchiamo di diradare almeno un po’ quella nebbia furente che così li ha resi, così crudeli, così accaniti, così vicendevolmente irreparabili. 
Che cos’è il fanatismo? Come si diventa fanatici? E che cosa fa un fanatico?
La prima figura che immediatamente chiede attenzione è quella delle fede cieca. Il tòpos del fanatico è quello di questa cecità invasata che gli impedisce di percepire distintamente la fondatezza concreta, la concreta virtù del proprio idolo. Ossia, noi, dal di fuori, osserviamo perspicuamente il suo grossolano errore, qualcosa che lui non vede e che per noi è invece evidente. Come mai? Perché non vede ciò che si vede così bene? Notiamo anche, a margine, che questo suo difetto di vista non è peculiare del suo stato, e che egli lo condivide con un numero incalcolabile di persone ingenue o raggirate. Ma lui, il fanatico, ci presenta una tale alterazione oftalmica da rasentare l’assoluta cecità: in questo si distingue dal credo non troppo incrollabile dell’uomo qualunque. Il fanatico è blindato in una persuasione assoluta, inscalfibile, irraggiungibile, impenetrabile. E in più, il 100% delle volte, sbagliata. E di massima gli viene proprio instillata dal suo idolo, da quegli che se ne giova.
Ora, perché una persona sana di mente e in pieno possesso delle sue facoltà decide di rimettersi alla totale libito di qualcun altro, per di più quasi certamente malintenzionato? Potrebbe esser mosso dall’interesse e certamente questa è una spiegazione valida nella maggior parte delle volte. Cioè, uno è pagato e perciò diventa fanatico del suo retribuente. Ma vediamo storie che non rientrano in questa casistica. Come quelle di chi ama un despota sanguinario e imbecille, o di chi si immola in nome di, sic!, una squadra di calcio. Storie di kamikaze e di auto-olocausti assolutamente prive di sufficiente correlato valoriale. Quindi, siamo portati a ritenere che il problema del fanatico è distinto dal suo feticcio, e che, per così dire, viene prima… Il fanatismo rasenta una carenza, direi, che affonda nella rimozione di un problema, cui viene corrisposto un idolo apotropaico, invece di una soluzione. Il fanatismo è quindi resistenza alla guarigione da un’infermità. Ma in questa resistenza s’insinua anche un senso di vendetta verso l’impossibilità di guarire, che trasmette la propria distruttività su nemici da brevettare e tener pronti all’uso. Per il che, il fanatico, più che un estremo amatore del proprio totem, è un assoluto odiatore di chi lo disprezza. Perché chi getta discredito e disprezzo su un amuleto concepito proprio per debellare la responsabilità del proprio malessere, fa ricadere quest’ultimo proprio sulla responsabilità soggettiva respinta dal soggetto. Il quale, in sostanza non vuole essere se stesso, perché questo stato coincide con la sofferenza, ma neanche non lo vuole, perché non possiede altre chance. Allora entra in un altro, nell’idolo, e prende il posto dell’interesse dell’altro, di modo che prende a difenderlo e a salvaguardarlo contro ogni logica e ogni convenienza. Se non lo facesse, dovrebbe fare i conti con se stesso, che è proprio il motivo per sottrarsi al quale lo ha fatto. E invece di farli quei conti, fa le pulci a quelli del suo padrone, come fossero i suoi.
La conseguenza è che difende fanaticamente interessi e ricchezze altrui, come fossero roba sua; che crede, in un suo proprio sprofondo d’iniquità, di risarcire la propria miseria morale con la ricchezza venale dell’altro, che s’illude di condividere condividendone la difesa ed il diritto. Un meccanismo sbagliato due volte, perché annebbiato da un transfert perverso (anche sessualmente: godo dei piaceri altrui), e perché ripone in un palliativo venale la risoluzione di un disagio morale.
Entrando nel corpo del suo feticcio ed assumendone come proprie le funzioni, le pulsioni ed i desiderata, il fanatico cancella se stesso con tutto lo strascico dei suoi drammi irrisolti, si auto-estingue nella identità irreale, nel surrogato d’essere che il suo accecamento gli rifonde contro la sua menomazione. Così che resta povero e cieco, mentre s’illude di vedere la ricchezza.    
Per venire a nostri giorni, siamo obbligati a constatare come la sete di revanche associata al dolore esistenziale, cui si cerca scampo nella rimozione e nella resistenza al male istesso (e anzi alla sua guarigione), cioè, all’accettazione della realtà, si produce in una sorta di malefica narcosi collettiva. Dal che i saggi esortano insistentemente al risveglio, e in cui i “dormienti” invece si adagiano, nel sogno di un bene impossibile che non arriverà mai.
Migliaia e migliaia di poveri morti di fame inculcati  e lobotomizzati, riversati nelle piazze a rivendicare, e per giunta indignati e rabbiosi, gli slogan assurdi del loro idolo-padrone, iniettati nelle loro candide teste dalla stampa asservita o di proprietà dello stesso. Eccoli gli automi, loro, poveri sbaragliati dalla vita, autistici della reclame del padrone, a sbraitare, a ringhiare contro chiunque osi sfidare la sua arroganza e cerchi di rendere pubbliche le sue colpe, o, addirittura, di fargliele pagare. La legge resti pur uguale per tutti, sembrano dire, ma non per gli idoli, che, nella loro astratta onnipotenza, aleggiano sull’umanità come promesse oscure, capaci magari di volgersi in tragedia…
 
 
  
 
 
 
 

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