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Il Male Minore

 

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Il Mare Minore

-Bene bene bene-.
-Pronto per partire, chilometri da macinare e testa sgombra-
Questo stava pensando mentre finiva di radersi. Si radeva e si rimirava. Si rimirava e si radeva.

Liscio scorrevole, contropelo perfetto.
Si piaceva, inutile negarselo. Qualche chilo di troppo, ma troppo complicato e faticoso levarseli di dosso. E poi.. sinora… nessuno si era ancora lamentato. (ah... ah...)

-Silvano!!!- sentì chiamare da sotto. La moglie che lo attendeva, già pronta e fibrillante per questo week end totalmente improvvisato, dove mare sole e nulla da fare erano tutti imperativi perfettamente allineati e di pari valenza.
Niente figli. Mai voluti. Mai pensati, per la verità.
Ma vita piena e densa, ad ogni modo. Molto piena, molto densa, specialmente "ad ogni modo"

Finì di sistemare le sue cose, perfettamente ordinate e misurate, non doveva mancare nulla. Anche una piccola imperfezione, una dimenticanza, potevano far scattare tutta una serie di piccoli nervi preposti, già pronti e sull’attenti, per farlo andare sulle furie.
Ma si piaceva, contornato dai suoi mille piccoli difetti, le sue paranoie, le sue fissazioni.

-Carino…- -No, proprio un bel figo- pensò passandosi l’emulsione dopobarba sulla pelle perfettamente liscia. -Gran bel pezzo di uomo- U O M O. Gli piaceva scandire il termine.

-Arrivo amore!!!- prese la sua piccola borsa, infilò il telefonino dentro la tasca interna della giacca, (il telefono.. ufficiale..) e ripose con cura l’altro telefono (.. l’altro telefono…) nella borsa da viaggio, in una tasca non facilmente accessibile. Verificò la carica. Era non proprio al massimo, ma sufficiente sicuramente per la durata dell’intero fine settimana. E sapeva che sarebbe durata perché non avrebbe squillato, perche non doveva squillare (aveva messo il vibracall) e principalmente perché gli aveva chiaramente detto che non avrebbe dovuto chiamare in quel fine settimana. Erano i suoi due giorni di vacanza spensierata, i suoi e di sua moglie. Testa libera, chilometri da macinare e buona musica.

E la buona musica c’era davvero. Un’ora di fila di un ottimo live tra Muse e Mago de Oz (magnifici e potenti, fidarsi.), lo aveva portato in altri pensieri, in altri stati d’animo, in altre tensioni interiori che non avevano nulla a che spartire con l’agonia del suo stato di polivalenza ubiquitaria che ormai da mesi lo attanagliava e lo soffocava.

Un dolce soffocare però. Lambì il pensiero, e piccoli percettori si attivarono.
Slambì subito il pensiero, e i percettori si rimisero a riposo.

E si chiese nel frattempo per quale motivo avesse scelto di partire di notte.
Se lo chiedeva. E non trovava un buon motivo. Nessun buon motivo, vista anche la desolazione dei posti attraversati e lo stato di devastazione della strada. Ma sapeva che sarebbe stato un bel week end, intenso, un bel mare e un bel sole. Un gran bel mare. Si si, un bel.. tutte cazzate. Erano tutte cazzate.

C’era un qualcosa di non completo, c’era qualcosa di non contemplato. Non sarebbe stata una vacanza in grande tono. Non sarebbe stato un gran mare. Sarebbe stato un Mare Minore.
 

Il Male Minore

Sapeva che il volume era troppo alto, e tendeva ad infastidire e non permetteva di parlare, infatti, dopo poco...
-Silvano, amore, spegni un pò ti prego, ho un fastidioso mal di testa che mi sale...-
-Valeria, tranquilla. Spengo, che sono saturo anche io ora. Ma dobbiamo fermarci e prendere qualcosa da mettere sullo stomaco, e poi prendere un analgesico tutti e due, la testa comincia a far male anche a me.-
Appena spento lo stereo, con una sincronicità quasi allarmante, sentì un lieve ronzio sul sedile posteriore.

Quel lieve ronzio. Il telefonino. Lo stava chiamando.

Lui non aveva spento il cellulare, perchè non era sicuro poi di ricordarsi il PIN, ma comunque aveva detto di non chiamare. E quel numero, non lo aveva dato a nessun’ altro. Ne parenti ne colleghi, ne amichi ne tantomeno, amiche.

Telefonino invisibile ma presente, che vibra, a intervalli precisi.
Senso di vuoto, di non riuscire a respirare, il disagio dell’impossibilità di esserci, e di non potere agire.

Vibra vibra si interrompe e vibra. Aumenta panico e aumenta crisi di nervi e rabbia. Tutto tutto viaggiava sulla famosa “border line”, perché mettere a repentaglio tutto un mondo, tutta una vita passata ed una potenziale vita futura, per una …sicuramente per una sua solita manifestazione di debolezza.
Vibra vibra si interrompe e vibra. Arrivò come una sfreccia scagliata da un metro di distanza, il pensiero orribile che fosse non una debolezza ma una richiesta di aiuto.

"Dio mio, e se gli fosse successo qualcosa??- - Se fosse in pericolo? - -Mi cerca.. ha bisogno di me.."
Nell’attimo in cui lo pensò, anzi, per meglio dire, nell’attimo in cui lo visse, si rese conto che non stava più dando la giusta attenzione al nero manto stradale che scorreva sotto di lui, no..., sotto di loro.

Un nero manto stradale fatto di curve, ripide salite e complementari discese, tutto a snodarsi fino al mare. Il mare era ancora lontano, vicina era invece una curva infida, senza un adeguato sistema di protezione. Una curva che non perdonò nulla, una barriera che non pensò neanche minimamente di darsi da fare per contenere l’urto e quindi volarono tristemente  e lentamente giù, lungo un declivio impervio fatto ad arte, con tanto di massi sporgenti e arbusti a sferzare carni molli.

Lei aveva la cintura. Lui no.
Lei aveva tre o quattro air bag a contenere in parte la serie di urti.
Lui al primo impatto era già fuori dall’auto.

Esattamente al contrario di quanto accade in tutti i migliori film, l’auto non prese fuoco, ma rimase tristemente orfana del suo conduttore e accartocciata su se stessa come cercasse autonomamente di diventare una piccola utilitaria, il tutto con pessimi risultati in merito al design.

Le urla di lei lo distolsero dal torpore confuso di un pensiero, ovvero, quel non capire perché fosse li a terra, apparentemente incolume. Lui non aveva una decapottabile, da dove era uscito? Poi la vita e tutti i sui turbinii calarano all’improvviso sulla scena, e capì che il parabrezza non c’era più, visto che la metà lo aveva lui indosso, come mille piccole pietre preziose che brillavano alla luna. Constatò che un’altra cosa non c’era più; la sua gamba sinistra. Poi constatò meglio, tra le urla di sua moglie, che la sua gamba sembrava non esserci più, per il semplice fatto che non sembrava più una gamba. La teneva stretta a se, cercando di farla essere ancora parte del suo corpo. Il suo corpo…

La vide arrivare con passo veloce e in preda al terrore. Un lucido terrore. Almeno lei stava bene, a grandi linee lei stava bene. Quando lo vide, e la luce fredda cinica e distaccata della luna piena le permise di vedere, fu colta da un attacco di pianto isterico e si percepiva l’odore della paura.
Lui non la fece parlare. –Valeria è tutto ok. Tutto ok. Corri a chiamare aiuto, telefona al 118 immediatamente. Saranno qui in un attimo, tranquilla.

-Silvano come stai??? Dio mio che è successo?? Come stai???-

Lui cominciava ad essere sempre più annebbiato, trovò la forza di rincuorarla ulteriormente e spronarla a cercare il telefono e chiamare il 118.
-Il mio telefono è scarico Silvano, ho scordato di metterlo in carica, cazzo!!! Mi sono scordata!! Dammi il tuo dimmi dov’è Silvano!!! Dove lo tieni? In tasca?? Dove lo cerco?? Silvano mi prende il panico aiutami non riesco a ragionare... Silvano!!!-

Lui spento fuori ma lucido dentro, cercò di ricordare dove lo avesse posato all'interno della macchina. In macchina certo, dentro la tasca dello sportello. Probabilmente pensò ad alta voce, perché lei partì immediatamente alla sua disperata ricerca. La sentiva ansimare, cercare, frugare, poi tornava urlava piangeva e poi… e poi dopo tanto volare un pensiero atterrò con delicatezza nella sua mente.

"Ho l’altro telefono- -Sono salvo, ho l’altro telefono nella borsa."

Ma come giustificare l’altro telefono?

Un numero solo, una serie di messaggi, una storia chiara e lampante. Un probabile inizio di tutto, una sicura, sucurissima fine di tutto. Forse anche la fine di una vita sociale normale, una carriera lavorativa che si sarebbe arenata. Era un incubo vestito di viola al quale finora non aveva mai pensato. Mai pensato in quei termini, mai vissuto in quella situazione.

Il male minore. Qual’ era il male minore da affrontare ora?? La scelta, il bivio. Il male minore. Strinse più che poteva la gamba, decise quale fosse il male minore ed urlò alla moglie di cercare aiuto lungo la strada. Poi finalmente perse la voglia di avere dei sensi.

Il Male Migliore

Sballottava sorretto e sostenuto. Il dolore alla gamba alla era nulla in confronto al pensiero del dolore che lui aveva uniformemente distribuito al suo contorno quella sera. Stupidamente alzò di poco la testa e vide ancora entrambe le punte dei piedi. Almeno la gamba l'avevano avevano presa. Il pensiero di non averla li vicino gli avrebbe aumentato la tristezza che lo stava invadendo.

Valeria era li vicino a lui, la faccia devasta dalla fatica, dal dolore, dal residuo di paura. Ma poteva notare il rilassamento del viso dovuto ai farmaci somministrati e dalla consapevolezza di essere finalmente sull’ambulanza.

Ora lei poteva cedere. Ora c’erano loro.

Chiese l’ora. Gli dissero l’ora. Rammentò l’ora. Erano passate quasi tre ore. Dall’incidente erano passate quasi tre ore. Si rese conto che gli facevano male le mani. Evidentemente per tre ore aveva inconsiamente stretto forte la sua gamba e la sua vita.

Delle due, purtroppo, gli rimase solo la sua vita.

La gamba la perse dopo l’intervento. L’operazione sembrava perfettamente riuscita, ma dopo pochi giorni una emorragia inaspettata ed una infezione ingestibile portarono ad eseguire una immediata amputazione.

Purtroppo, gli rimase solo una parte della sua vita. Quella con Valeria.

Perché Fabio, il suo amante tutto muscoli e dolcezza, lo aveva lasciato quella sera stessa. La sera del’incidente. Non glielo disse neanche a voce. Lo lesse su un sms lasciato sul telefono. Su quel telefono che vibrava, vibrava vibrava per cercare di urlare la fine di un rapporto.

Era li sul letto, vedeva un vuoto di una gamba che non c’era più, e sentiva il vuoto di un Fabio che non c’era più.

Pensò amaramente che nonostante tutto, il male migliore, il dolore minore, fosse non avere più la sua gamba.
 

FINE
 

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