Eva

Stelle danzano
su un’aureola di mosche
e la distanza
chiude ombre
fra le palpebre
come si fa
con un sipario schiuso
da un breve sguardo.
 
Così nel palco
sono caduto
con in pugno il vento,
 
ho sfiorato l’eco
di un sorso errante
taciuto fra i denti,
 
mentre parole
imbevute di bordeaux
scalavano il palpito
appeso alle labbra
come un funambolo
equilibrista di voci.
 
Forse sono illuso
dall’inconscio grillo
sui cocci di vetro della mia mente
che schiaffeggia bruto
l’anemico tocco
di una pelle
senza fisicamente
sfiorarla.
 
O soltanto di sogni
aquiloni si cibano
smembrando amuleti
sinonimo di un’esistenza
fluttuante nel petto,
 
così trattengo
nel respiro tozzo
apnea circoncisa
forse marea di reti
o verde mista
foresta di lucciole
sui suoi occhi.