Scritto da © Nievdinessuno - Sab, 10/09/2016 - 21:22
Si deve agli astri
fra le dita incamiciati
la soavità del vino
mosso, irrequieto
sorseggia onde
tra fessure spioventi
piantate sui nostri occhi,
come fosse luce
flessa dai fianchi
di grandi motoscafi.
Qui emersi i sogni
apnee danzanti
fra le rotte di pioggia
abbeverano la pelle
con la premura
di una mezza dolcezza,
e le gondole
muse di Lentezza
sul dorso dei gabbiani
come bianche ombre
attendono un palpito d'ali
sul silenzio dell'acqua,
per farne attesa
come un ciglio
appeso ai rami di una tela
che deve ancora
spiccare il volo,
appena
a solo il suono
addormenta sirene.
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